7/5/2022 – Trentasei ricorsi rigettati, 39 dichiarati inammissibili, mentre per 14 posizioni vengono disposti annullamenti con lievi ricalcoli di pene o rinvii limitatamente a pochi capi d’accusa.
La Corte di Cassazione ha ampiamente confermato le condanne decise della Corte di appello di Bologna nel maxi-processo di ‘Ndrangheta ‘Aemilia‘ (rito ordinario)e così pure il quadro accusatorio della grande operazione contro le infiltrazioni e il radicamento della criminalità organizzata calabrese a Reggio Emilia e in Emilia-Romagna, scattata nel 2015 con 117 arresti. Ma ciò limitatamente alla sentenza dell’Appello, perchè tra il primo e secondo grado di giudizio l’entità delle pene (in origine 1.300 anni di carcere comminati dal collegio di Reggio Emilia) era stata sostanzialmente dimezzata.
Agli imputati che avevano scelto il dibattimento col rito ordinario, la Corte d’ Appello di Bologna aveva inflitto a dicembre 2020 oltre 700 anni di carcere complessivi, a 91 persone. Di questi, 87 avevano presentato ricorso alla Suprema Corte. Tra loro Michele Bolognino, uno di quelli a cui è stata rideterminata la pena in 20 anni e 10 mesi, per la prescrizione di un’accusa.
Confermata la condanna all’impreditore Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex calciatore della Juventus e campione del mondo: 13 anni. Il figlio Vincenzo, condannato a due anni con la condizionale per una irregolarità nella custodia di un’arma, non aveva fatto ricorso. Tra gli imputati anche l’imprenditore modenese Augusto Bianchini (9 anni), Gaetano Blasco (21 anni e 11 mesi), Alfredo e Francesco Amato, rispettivamente 17 anni e 16 anni e 9 mesi; Giuseppe e Palmo Vertinelli condannati a 16 anni e 4 mesi e 17 anni e 4 mesi.
“La sentenza ‘Aemilia’ con il suo passaggio in giudicato, la nona in ordine temporale per associazione di stampo mafioso in Emilia-Romagna, conferma che l’Emilia-Romagna è un distretto di mafia”. Così all’Ansa Lucia Musti, procuratrice generale reggente a Bologna e che rappresentò la pubblica accusa nel processo di appello. Musti ha ripreso le sue stesse parole pronunciate all’apertura dell’anno giudiziario. La sentenza, prosegue Musti, “è il frutto del lavoro della Dda di Bologna, della Procura generale di Bologna e della Procura generale presso la Corte di Cassazione. Ringrazio tutta la polizia giudiziaria, in particolar modo i carabinieri dei comandi provinciali di Modena, Parma e Piacenza, per l’altissima professionalità e il massimo impegno profuso nelle indagini”. Fra i ringraziamenti, stranamente, non sono compresi i carabinieri di Reggio Emilia. Perché?
Resta aperto il capitolo delle complicità, delle sottovalutazioni, dei varchi aperti dal potere politico al governo a Reggio Emilia e nel territorio emiliano, all’insediamento mafioso, sino a a permettere alla ndrangheta jonica di assumere nel tempo una posizione dominante nel settore delle costruzioni come nell’autotrasporto. Anche pochi giorni fa Giovanni Paolo Bernini, l’ex assessore azzurro di Parma, perseguitato per anni dall’inchiesta Aemilia e in particolare dall’ex procuratore Marco Mescolini – poi completamente assolto dopo aver avuto la carriera politica rovinata, con gravi difficoltà professionali, famigliari e personali – ha chiesto l’apertura di una nuova fase di Aemilia per far luce proprio sul rapporto tra ndrangheta, politica e amministrazioni. Nel corso di un dibattito a Parma con Luca Palamara (VIDEO SOPRA) in vista dei referendum del 12 giugno sulla Giustizia Bernini ha annunciato che sarà ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia presieduta dal senatore Morra.