31/5/2019 – La tempesta di Prosciuttopoli torna ad abbattersi sul Ipq, l’Istituto Parma Qualità che ha il compito di controllare le filiere di produzione e e rilasciare le certificazioni Dop al Prosciutto di Parma, al prosciutto di Modena al culatello di Zibello e al salame di Varzi.
Dopo aver subito una sospensione di sei mesi dal giugno al dicembre 2018, per non essersi accorto, almeno ufficialmente, che circolavano un milione di falsi prosciutti crudi di Parma (appunto lo scandalo Prosciuttopoli, con oltre trecento segnalati-indagati, per il quale sono in corso inchieste e procedimenti giudiziari che coinvolgono anche Reggio Emilia), il 16 maggio Igp è stato nuovamente sospeso da Accredia – l’agenzia unica di accreditamento dei certificatori – per la durata di 3 mesi: una decisione che ha gettato nel panico produttori, stagionatori e big della distribuzione perchè, se com’è prevedibile la sospensione sarà confermata dal Ministero delle politiche agricole, a novembre potrebbe addirittura scattare la revoca dell’incarico di certificazione, con la conseguenza che i prosciutti di Parma non potranno essere più marchiati come Dop. Il danno economico sarebbe astronomico.
La notizia è anticipata,con dovizia di particolari. dal sito specializzato Il Fatto Alimentare
L’Istituto Parma Qualità è il classico caso di controllore-controllato, trattandosi di un ente che fa capo al consorzio del Prosciutto di Parma, ad Assica – associazione degli industriali delle carni – e Unapros – Unione produttori di suini. Il presidente è l’allevatore e veterinario correggese Ugo Franceschini, che è anche l’uomo forte di Coldiretti nell’esecutivo della Bonifica Emilia Centrale.
Proprio il 22 maggio Franceschini, intervistato da Repubblica, aveva dichiarato che l’Istituto era a conoscenza delle criticità emerse nella filiera, al punto da avviare “una procedura straordinaria interna per gestirle, affrontarle e nel caso correggerle“. Un lavoro, quello dell’Ipq, “ispirato ai principi della corretta e imparziale attività di valutazione nel rispetto del Piano di controllo in vigore, dei disciplinari di produzione della Dop e della riservatezza”. Evidentemente Franceschini non era ancora a conoscenza della nuova sospensione comminata da Accredia: probabilmente gliel’hanno comunicata gli ispettori dell’ente di controllo, arrivati a Parma qualche giorno fa.
Perchè, dunque, il nuovo e assai rischioso provvedimento di sospensione? Vista la coltre di riservatezza che circonda la vicenda, Anche Il fatto Alimentare usa condizionali prudenziali. Sembra che la decisione vada ancora una volta ricondotta allo scandalo Prosciuttopoli: si parla in particolare della “sparizioni di resoconti di riunioni in cui si doveva decidere la smarchiatura di cosce che non potevano essere classificate come prosciutti Dop”. Ma potrebbe trattarsi anche della vicenda di un lotto di centomila prosciutti di dubbia origine arrivato a fine stagionatura. I chiarimenti chiesti da Accredia non sono arrivati, e per questo è scattata la sospensione. O arrivano i chiarimenti e saltano fuori i documenti “spariti”, oppure la revoca dell’incarico di certificazione e controllo è dietro l’angolo.
A Prosciuttopoli, e alla marchiatura come dop di prosciutti da cosce suine non conformi al disciplinare, ha dedicato un servizio clamoroso Report di RaiTre, con un titolo eloquente: “La porcata”, andato in onda due giorni prima della sospensione piombata sull’Ipq.
Report ha fra l’altro rivelato l’esistenza di una mail indirizzata anche a Franceschini da parte di Salvarani, membro del Direttivo Ipq, in cui si ammette l’esistenza di una situazione di irregolarità dilagante: se si iniziasse a far rispettare la legge – sostiene Salvarani – per ogni suino macellato superiore ai 176 kg di peso, oltre all’esclusione dal circuito DOP, bisognerebbe pagare una multa di 2.000 euro. L’email conclude perentoria: “A breve saremo tutti in multa oltre la denuncia per frode!”.
La nuova bufera sull’istituto parmigiano spiega anche la sortita del ministro Gian Marco Centinaio che a Caserta, in occasione della prima assemblea di Origin Italia ha annunciato l’intenzione di “lavorare con i consorzi per capire se c’è la possibilità di rinnovare e ristrutturare quelli che ci sono e, soprattutto, i controlli. Non possono più pensare che i controllori siano anche i controllati” . E’ appunto il caso, diventato eclatante, dell’Ipq e del prosciutto di Parma. Ma è noto che tutti i consorzi storici (a cominciare dal Parmigiano Reggiano) si trovano nella stessa situazione di controllori-controllati.
fausto Poli
31/05/2019 alle 13:24
Io penso che succeda la medesima cosa anche presso enti o aziende municipalizzate e quant’altro. Penso inoltre che sarebbe ora che i controllori non fossero uguali ai controllati. Se appartieni a un consrzio, ci deve essere un terzo che controlla. Alla fine sia marchiato o no, cio’ che conta e’ che anche un buon salume lo trovi senza marchi, buono, buono. Slurp slurp. ah ah ah, ci fan pagare il marchio un occhio. Sob, sob, sgrunt, sgrunt. Ci vuole l’ispettore Coliandro…… Scherzo, ovvio sia una questione scottante, e’ come comprare le Adidas fatte un una fabbrica non autorizzata. Allora tanto vale comprare delle sottomarche. Credo che per il bene dei consumatori cio’ sia imprescindibile, una cosa che nel 2019, non e’ possibile. Nel 2020 Parma capitale Unesco ? A Voi i commenti. Ci vuole una ventata di rinnovamento.