3/8/2014 – E’ nell’aria la chiusura definitiva del Giornale di Reggio. L’editore lascia aperto uno spiraglio, ma al momento non sembrano esserci via d’uscita dopo la richiesta del pm di Reggio Emilia Stefania Pigozzi di mandare a processo Motti, sua moglie Stefania Bigliardi e tre giornalisti soci lavoratori della cooperativa Nuova Stampa, che pubblica il Giornale di Reggio settimanale. Con tutto il corollario di blocco di conti correnti (in atto ormai da mesi) e congelamento dei contributi statali non percepiti dal 2011 a oggi.
L’ipotesi formulata dalla Pigozzi è di truffa ai danni dello Stato per i contributi regolarmente percepiti nel 2010 e nel 2011, somme che secondo l’accusa non sarebbero spettate a seguito del trasferimento della testata da Bari a Reggio Emilia.
“Adesso stiamo ragionando sul futuro – ha dichiarato Tiziano Motti alla Gazzetta di Reggio – In agosto non usciremo. A settembre decideremo se mettere o meno la cooperativa in liquidazione”. Motti contesta da sempre le accuse, e dalle sue parole trapela la convinzione di un accanimento contro di lui, sino a maggio parlamentare europeo del Ppe e il giornale.
“Non ci aspettavamo niente di diverso. Ora ci sarà un giudice che dovrà decidere – ha detto alla Gazzetta – Sono tranquillo, ma mi dispiace per le conseguenze che l’inchiesta avrà per i miei dipendenti. Forse lo dice chiunque in questi casi, ma davvero noi siamo a posto. Ciò di cui sono accusati la cooperativa e i soci è una cosa infondata. Io sono tranquillo, anche se di fronte a una situazione di questo genere si è anche piuttosto nervosi, ma sono tranquillo perché non ho commesso nulla di cui preoccuparmi sotto il profilo giuridico. E mi dispiace per i miei soci-giornalisti, a cui hanno sequestrati preventivamente i conti. Una limitazione della libertà personale quando neppure sono stati processati. E non sono nemmeno amministratori”.
Motti afferma anche di aver proposto alla Procura una fideiussione, con sue garanzie personali, per far sbloccare i conti dei giornalisti, ma gli è stato risposto di no”.