24/9/2023 – Si è svolta Sabato 23 Settembre 2023, presso l’Agriturismo Il Bove di Lorenzo Melioli a Villa Sesso di Reggio Emilia, la conferenza sulla Strage alla stazione di Bologna organizzata dal Centro Studi Italia e dall’Associazione Pietro e Marianna Azzolini.
L’iniziativa ha proposto come relatori, il giornalista bolognese Massimiliano Mazzanti che presentava il proprio libro Strage di Bologna, la Sentenza Bellini: processo ai vivi per condannare i morti, e l’avvocato penalista reggiano Luca Tadolini, autore della pubblicazione “Bologna; la pista israeliana” delle Edizioni all’Insegna del Veltro di Parma.
“Fra gli avvocati nel pubblico era presente il bolognese Alessandro Pellegrini, difensore dell’ex NAR Gilberto Cavallini nei primi gradi di giudizio, e l’avvocatessa Isabella Albertini esponente indipendente dell’opposizione politica reggiana. Presenti anche testimoni del tempo, Dante Davalli, intervenuto sul luogo della tragedia allora come Carabiniere ed esponenti di Polizia in come l’Ispettore Franco Sartini.”
Primo ad intervenire, Massimiliano Mazzanti ha svolto un’ampia disamina critica delle sentenze e delle istruttorie dei processi sulla strage di Bologna. Mazzanti ha dimostrato una monumentale conoscenza dei processi sulla strage Strage: “ho la casa piena dalle carte processuali, oltre un milione di fogli, e delle migliaia di pagine delle sentenze”. Il giornalista e studioso bolognese ha illustrato il carattere labirintico dei percorsi giudiziari che hanno portato alla condanna degli esponenti della pista neofascista, sulla base di costruzioni indiziarie. E Mazzanti non ha lesinato critiche e spiegazioni sui passaggi in cui indizi sono stati considerati alla stregua di prove.
Ha proseguito Luca Tadolini, partendo dallo stringato provvedimento di una ventina di pagine con cui è stata archiviata la Pista Palestinese, arrivata all’attenzione dei giudici dalla scoperta nella montagna degli atti d’indagine della presenza – certa – alla Stazione di Bologna il giorno della strage, il 2 Agosto 1980, di un membro – il tedesco Thomas Kram – del micidiale Gruppo filopalestinese Carlos. Scoperta il cui merito va a Gian Paolo Pelizzare e Gabriele Paradisi che l’hanno documentata nella grande inchiesta sulla strage pubblicata nell’arco di oltre un anno sul giornale online Reggio Report diretto da Pierluigi Ghiggini.
La presenza di Kram a Bologna ha portato in superficie un quadro che si inserisce nel conflitto israelo-palestinese: a Ortona erano stati sequestrati dei missili ad un gruppo facente capo alla formazione dell’estremismo palestinese FPLP di Habbas, ed all’arresto del suo luogotenente in Italia, che risiedeva proprio a Bologna. Questa operazione era da considerarsi una violazione del Lodo Moro, un accordo segreto fra l’Italia e la guerriglia palestinese che consentiva ai secondi il transito di armamenti in cambio di salvaguardare la prima da attentati. La Pista palestinese ipotizza che l’incidente di Ortona possa avere determinato una reazione violenta palestinese.
Su questa base l’avvocato Tadolini propone una lettura diversa, dove sarebbero i servizi israeliani ad intercettare l’esplosivo palestinese in transito alla stazione di Bologna, facendolo brillare. A supporto viene portato il Presidente della Repubblica Cossiga che dichiarò che a Bologna era esplosa una valigia di esplosivo palestinese, ma anche le dichiarazioni di Carlos stesso, dal carcere francese, che accusava il Mossad. E altre dichiarazioni di esponenti del FPLP. Non solo. Il processo Bellini ha fatto emergere altre clamorose tessere del mosaico. Il Bellini si dichiara al tempo dell’attentato impegnato per i Dc Flaminio Piccoli e Cossiga a risolvere la crisi dei missili di Ortona: vicenda raccontata per la prima volta nella videointervista di dodici ore raccolta da Pelizzaro, Paradisi e Ghiggini.
Bellini, che soggiornò a Bologna nello stesso albergo e lo stesso giorno di Thomas Kram, sarebbe stato anche intercettato, sempre a Bologna, dal Mossad. Infine, il 2 Agosto 1980 davanti alla stazione avrebbe pernottato un israeliano riferibile ai servizi di Tel Aviv, con la copertura di responsabile della sicurezza di una compagnia di navigazione. Circostanze che risultano da atti d’indagine.
Un quadro che avrebbe messo tutti con le spalle al muro, specie l’Italia, che consentiva, per riparare il Lodo Moro, ai Palestinesi di trasportare esplosivo da Bologna, santuario del FPLP, per colpire altrove un obiettivo ebraico, com’è scritto in un dispaccio dell’epoca della redazione francese dell’ Agenzia telegrafica ebraica. La stessa rivendicazione arrivò con una telefonata anonima alla redazione Ansa di Roma. Nell’ipotesi di Tadolini “nessuno è innocente”.