Archivi

Saman viveva nella paura del padre”
Il fidanzato Saqib parla al processo
“Volevamo sposarci subito, tornò a casa
a prendere il passaporto per il matrimonio”

29/9/2023 – Si è rifiutato di parlare in tribunale a Reggio Emilia Shabbar Abbas, il padre di Saman accusato dell’omicidio della figlia diciottenne (insieme a Nazia Shaheen, madre della ragazza, allo zio Danish Hasnain, e due cugini). L’esame dell’imputato, estradato di recente dal Pakistan, era previsto nell’udienza di oggi, ma shabbar ha deciso di non sottoporsi all’esame richiesto dagli avvocati difensori.

I legali Enrico Della Capanna e Simone Servillo, hanno riferito che il loro assistito rilascerà dichiarazioni spontanee solo dopo aver sentito la testimonianza del figlio minore Alì Haider, grfande accusatore dello zio Danish.

Saman Abbas in comunità

Oggi pomeriggio invece ha testimoniato davanti alla Corte d’Assise  Saqib Ayub, fidanzato di Saman.   

Il giovane ha raccontato dei “nove giorni vissuti insieme a Roma” quando lui e la ragazza – assassinata nella notte del 1° maggio 2021 a Novellara – decisero di sposarsi. Tra le figure chiave nella storia della diciottenne, uccisa dopo essersi ribellata a un matrimonio forzato voluto dalla sua famiglia, il ventitreenne si è costituito parte civile, tutelato dall’avvocato Barbara Iannuccelli.

Affiancato dall’interprete, Saqib ha spiegato di aver conosciuta saman su Tik Tok nel gennaio del 2021 e di averla vista a Bologna una prima volta e poi “altre quattro volte tra Bologna e Roma, solo una prima volta con l’autorizzazione e poi no, perchè la comunità non le dava il permesso di uscire”.

Nell’aprile del 2021, prosegue Ayub, “Saman venne a Roma”. “Le dissi io di venire perché lavoravo lì. Trascorremmo insieme nove giorni durante i quali decidemmo di sposarci. Prima ne parlavamo solo, a Roma prendemmo la decisione. Io comprai il mio abito da sposo e chiesi a mia madre di far arrivare dal Pakistan quello per lei”.

Rispondendo alle domande dell’avvocato Mariagrazia Petrelli, che difende uno dei cugini imputati, Ayub ha affermato di avere mandato dei messaggi al telefono di Saman in cui le chiedeva dove fosse, durante i giorni passati insieme a Roma, per mostrare alla comunità che la stava cercando che la fidanzata non era con lei.

“Volevamo sposarci in fretta perché altrimenti sarebbe tornata in comunità e sarebbe stato difficile farlo. Lei doveva recuperare il passaporto, un documento necessario per le nozze. Decidemmo insieme che lei doveva tornare a casa per recuperarlo”. Al ragazzo, Saman avrebbe detto “che lei voleva lavorare e studiare, ma i genitori non le davano il permesso e che negli otto mesi trascorsi in comunità non avevano fatto nulla per lei”.

“Saman aveva paura, mi diede dei numeri da chiamare se fosse successo qualcosa”

Nell’aula del processo – riferisce l’AGI – Ayub ha risposto mostrando sicurezza alle domande degli avvocati: ha ripetuto più volte che la sua fidanzata “era triste e aveva paura”, anche nei giorni che trascorsero insieme a Roma “in cui eravamo stati bene”. Era così angosciata che a un certo punto “quando lei era in comunità mi diede un elenco di numeri di persone da chiamare se le fosse successo qualcosa”.

Il ragazzo ha aggiunto che Saman aveva il terrore che il padre Shabbar potesse metterla in pericolo, ma era anche preoccupata per le minacce ricevute da lui e dai suoi genitori in Pakistan. Nel corso della deposizione, la presidente della Corte d’Assise di Reggio Emilia, Cristina Beretti, ha invitato il giovane a parlare in italiano viste le difficoltà di traduzione dal pakistano da parte dell’interprete. E Saqib non ha mostrato titubanze.

Shabbar Abbas, quando era latitante nel Punjab

Saman mi disse che suo padre era stato il mandante di un omicidio i cui esecutori erano stati due suoi parenti e un africano che poi erano finiti in galera” confermando, tra le altre cose, una circostanza già emersa in precedenza sulla quale poi non erano stati trovati riscontri.

Anche dopo il ritorno da Roma, “Saman mi disse che aveva paura e che, se non l’avessi sentita due o tre giorni, avrei dovuto chiamare i carabinieri. Cosa che poi feci il 4 maggio del 2021”. “L’ultima volta che l’ho sentita era preoccupata – aggiunge -. Mi disse che sua madre girava per la stanza”. Racconta anche che una volte ricevette “una chiamata di minacce dal profilo Instagram della madre Nazia da parte di un uomo che, secondo Saman, era suo zio Danish”.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *