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Strage di Bologna: La pista israeliana di Tadolini al Bove di Villa Sesso
Il pamphlet presentato insieme al libro di Mazzanti sul processo Bellini

21/9/2023 – Sabato 23 Settembre 2023, alle ore 16, nel salone dell’agriturismo il Bove di Lorenzo Melioli, in Via Salimbene da Parma 115 a Villa Sesso (Reggio Emilia), l’avvocato, storico e saggista Luca Tadolini e il giornalista Massimiliano Mazzanti oggi direttore di Obiettivo Bologna presentono due libri con le lolro analisi sulla strage alla stazione di Bologna del 2 Agosto 1980. Libri decisamente controcorrente rispetto alle sentenze giudiziarie, ampiamente contestate da più parti nel metodo e nel merito, che hanno mandato all,’ergastolo, in primo grado, Gilberto Cavallini e Paolo Bellini.

Luca Tadolini, nella pubblicazione “Bologna; la pista israeliana.” delle edizioni All’Insegna del Veltro di Parma, basandosi su alcuni indizi non trascurabili, nonché sulle esplosive dichiarazioni di Ilich Ramírez Sánchez (il terrorista internazionale Carlos, che all’epoca della strage lavorava con la sua struttura Separat al servizio del movimento terrorista palestinese Fplp) e di esponenti del mondo politico (il senatore Rino Formica) e giudiziario (il giudice Carlo Mastelloni), il tutto nel contesto internazionale dell’epoca, propone per la strage di Bologna l’ipotesi di una pista israeliana.

Tadolini ipotizza che l’esplosivo trasportato da uomini di Carlos per colpire un “obiettivo sionista” (una scuola ebraica, secondo l’Agenzia Telegrafica Ebraica, agenzia di stampa di primo piano a livello internazionale) sarebbe stato fatto “brillare” dai servizi speciali di Tel Aviv, i quali secondo l’autore avrebbero così conseguito lo scopo di punire l’Italia, rea di non osteggiare l’attività dei gruppi palestinesi sul suo territorio, ai quali veniva assicurata libertà di movimento in base al Lodo Moro. Quel Lodo entrato in crisi con l’affare dei missili Strela sequestrati a Ortona e l’arresto di Abu Anzeh Saleh, sedicente studente palestinese a Bologna ma in realtà referente in Italia di George Habbash, capo del Fplp, e ufficiale di collegamento attraverso la casella postale 904 tra lo stesso Habbash e Carlos lo Sciacallo.


Massimiliano Mazzanti, invece, ha svolto un esame attento dell’ultimo passaggio processuale relativo la Strage di Bologna, tradotto nel libro Strage di Bologna, la Sentenza Bellini: processo ai vivi per condannare i morti, per le Edizioni Fergen di Roma: 184 documentatissime pagine per evidenziare “stranezze” e contraddizioni del processo che ha visto alla sbarra improbabili imputati vivi, per condannare i morti, in una cornice che è apparsa come il solito tentativo di addossare all’intera storia della destra politica italiana l’etichetta di stragista, coinvolgendola persino nei gravi delitti di Mafia degli anni ’90.

Il pamphlet di Tadolini, di cui si attende già una seconda edizione, in pochi giorni ha suscitato notevole interesse come il classico sasso nello stagno, perché fa venire a galla diversi interrogativi rimasti sempre sotto traccia, insabbiati e senza risposte, similmente a tanti altri fatti rilevanti nella vicenda della strage di Bologna. Si tratta del reprint di due articoli dello stesso Tadolini apparsi su Reggio Report e sulla rivista Eurasia dell’editore Mutti, con l’aggiunta di un’introduzione dell’autore.

Tadolini fra l’altro non manca di attingere alle clamorose rivelazioni contenute della video intervista fiume a Paolo Bellini realizzata da Gian Paolo Pelizzaro, Gabriele Paradisi e Pierluigi Ghiggini, pubblicata sempre su Reggio Report, a passaggi cruciali del libro di Paolo Cucchiarelli su Ustica e Bologna, e non ultimo all’inchiesta sui misteri della barca Papago e del suo carico di armi ed esplosivo, realizzata anni fa sempre da Pelizzaro.

Tuttavia se la “pista palestinese” è corroborata da prove, come la presenza di Thomas Kram, esperto di esplosivi nella lista di Carlos, in stazione a Bologna la mattina della strage, le minacce all’Italia del Fplp anche il giorno stesso di Ustica, il mistero della 86ma vittima e del corpo scomparso di Maria Fresu, che solo il rito giudiziario felsineo può permettersi di ignorare, non così si può dire della cosiddetta “pista israeliana”, che allo stato rimane un’ ipotesi suggestiva ma senza prove, basata su concatenazioni logiche che però prove non sono. Anche perché gli indizi possono avere letture diverse, come il caso del dispaccio dell’Agence Juive, che l’autore riprende da un vecchio numero del Candido: lo stesso comunicato, infatti, fu dettato alla redazione dell’agenzia Ansa di Roma.

Ma, come detto, ben venga anche la “pista israeliana” di Tadolini, se spingerà qualcuno finalmente a parlare, squarciando la cappa di omertà che da oltre 40 anni incombe, come in un gigantesco depistaggio politico, giornalistico e giudiziario, sulla tragedia del 2 agosto 1980.

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