14/6/2023 – L’assunto per cui fare affari con la ‘ndrangheta in Emilia è conveniente, viene messo in discussione da un’operazione congiunta di Polizia e Guardia di finanza di Reggio Emilia che, su delega della Direzione antimafia di Bologna (pm Beatrice Ronchi) ha colpito oggi 77 utilizzatori, per lo più insospettabili, dei “servizi” offerti dalla cosca Grande Aracri alle aziende per evadere le tasse: vale a dire il servizio di produzione seriale di fatture per operazioni inesistenti. L’indagine ha portato a 27 misure cautelari patrimoniali nei confronti per lo più di insospettabili, eseguite oggi in in diverse province dell’Emilia-Romagna, della Lombardia e del Veneto, col sequestro di oltre 2,5 milioni di euro. Dei 27 sequestri (il più rilevante da 800 mila euro) ben 15 sono avvenuti in otto comuni del reggiano. I risultati sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa nella Sala Palatucci di via Dante dal questore Giuseppe Ferrari, dal comandante provinciale della Guardia di Finanza Ivan Bixio e dal dirigente della Squadra Molbile reggiana Guglielmo Battisti.
Da sinistra Guglielmo Battisti, il questore Giuseppe ferrari e il colonnello Ivan Bixio comandante Gdf di Reggio Emilia
UNO SVILUPPO DELL’INCHIESTA PERSEVERANCE
E’ questo un nuovo ramo dell’inchiesta “Perseverance”, conclusa nel 2021 e ha visto nel novembre dell’anno scorso l’emissione di 22 condanne in primo grado per associazione per delinquere di stampo
mafioso e reati fine aggravati dal metodo mafioso come estorsione, detenzione di armi e reati finanziari, tutti collegati ad una vorticoso giro di false fatture per 13,4 milioni. Tra gli imputati che gestivano le fatture anche due esponenti del sodalizio n’dranghetistico emiliano: Salvatore Muto (del 1985) condannato a 16 anni e Domenico Cordua (per lui 15 anni di reclusione). Nell’ambito di quel procedimento, inoltre, la sentenza ha disposto la confisca di otto società cartiere che offrivano in via “professionale”, l’emissione “di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, per consentire alle
imprese beneficiarie l’abbattimento dei propri redditi imponibili.
A utilizzare quel “servizio cartiera” per frodare il fisco sarebbero stati tra il 2019 e il 2021 77 imprenditori titolari di ditte individuali e srl (per lo più dell’edilizia, ma anche di altri settori) delle quali 15 con sede a Reggio Emilia, 4 a Modena, 3 a Parma due a Ferrara e altre a Forlì, Lodi, Pisa, Perugia, Torino e Verona.
Le somme sottratte all’erario ammontano a circa 3,7 milioni mentre nei confronti di 27 indagati il gip ha disposto il sequestro di 2,5 milioni “per equivalente”, ritenuti provento delle operazioni illecite.
I profili di chi utilizzava le false fatture, spiega il colonnello Ivan Bixio, comandante provinciale della Gdf reggiana, “corrisponde a quello tipico degli evasori fiscali, con dichiarazioni dei redditi mancanti o quasi nulle in contraddizione con elementi indicativi di un alto tenore di vita”. Ad evadere maggiormente è stata una società di Reggio in liquidazione (800.000 euro), mentre nel corso di una
perquisizione sono stati trovati ad un’azienda 20.000 euro in contanti (in una cassettina rossa).
“Questa operazione dimostra che fare affari con la criminalità organizzata non paga”, afferma il questore Ferrari. Il dirigente della squadra Mobile Battisti ricorda inoltre che unito al profilo “imprenditoriale”, la ‘ndrangheta ha sempre il volto “della violenza e della potenza militare”. Esemplare per il dirigente una intercettazione captata in un negozio di telefonini dismesso nel centro di Reggio, a due
passi della Questura, dove era in corso una riunione del clan.
“Un minuto prima si parlava di come punire una donna, se gambizzarla o sfregiarla con l’acido e subito dopo si discuteva di false fatture”, sottolinea Battisti. L’episodio fa riferimento al caso di una coppia di Soliera che, volendosi impossessare del patrimonio di alcuni anziani, si era rivolta alla cosca perché “sistemasse” la badante che intralciava i loro piani. I coniugi modenesi sono stati condannati entrambi in
Perseverance a otto anni di reclusione per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Ma perché questa nuova indagine costituisce una svolta? “Perchè – insiste il dottor Battisti – chi fa affari con la ndrangheta deve sapere che alla lunga non paga più: prima o poi i soldi andiamo a prenderli tutti“. Un messaggio chiaro a quella parte ancoro molto estesa dell’economia legale che pur di evadere le tasse, è pronta a vendere l’anima alle mafie, che restano tali anche se indossano la grisaglia.
Carlo Menozzi
16/06/2023 alle 09:51
Quindici nel reggiano? Abbiamo anche un certo Abramo?