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Bimbo nato morto, bufera su Ausl e Regione
La Procura sequestra le cartelle cliniche
Montagna in rivolta: “Avete chiuso il punto nascite, non potete autoassolvervi”

23/5/2023 – La tragica notizia di feto di otto mesi nato morto al Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, dopo una inutile corsa in autoambulanza dal Sant’Anna di Castelnovo Monti (dove per scelta politica della Regione e dei vertici Ausl non sono più in grado di assicurare un’adeguata assistenza al parto) fa di nuovo sanguinare la ferita sempre aperta della chiusura del punto nascite della montagna reggiana.

La morte di un bambino prima della sua nascita non è purtroppo un fatto nuovo e neppure del tutto eliminabile; ma diventa ancor più sconvolgente quando un ospedale è stato amputato delle proprie capacità d’intervento per una scelta politica e pseudoscientifica sbagliata, soprattutto quando si è riconosciuto l’errore – per il quale nessuno paga – ma non si è fatto niente per mettervi rimedio, nonostante solenni e ripetutissime promesse.

Il fatto è di alcuni giorni fa e i vertici Ausl si sono guardati bene dal darne notizia. Lo ha fatto invece Nadia Vassallo, fondatrice del movimento delle Cicogne, consigliera di minoranza a Castelnovo Monti, e allora l’Ausl si è fatta viva con una lunga replica (che riportiamo integralmente, insieme a risposta di Vassallo).

L’intervento dell’azienda sanitaria comunque non ha affatto convinto il dotto Carlo Boni, noto medico pediatra e capogruppo di maggioranza (con delega alla salute) sempre a Castelnovo Monti, il quale ha consegnato parole durissime al Carlino Reggio.

Arrampicarsi sugli specchi è inutile e offensivo“, afferma il dottor Carlo Boni, “Il triste evento lo dobbiamo all’imperdonabile errore che ha portato alla chiusura del punto nascite di Castelnovo Monti: per arrivare a Reggio in ambulanza ci vuole un’ora“.

L’attacco è frontale: “Le precisazioni della Ausl sul nato morto di 35 settimane, dopo il trasferimento della madre portata in ambulanza con urgenza a Reggio, meritano alcune considerazioni. 

Ecografia e cesareo urgenti con tutta evidenza andavano fatti subito, non dopo un’ora di trasporto in ambulanza. Procedure peraltro più volte eseguite in passato nel nostro ospedale della montagna con il risultato di non perdere una giovane vita. Questo non è stato possibile perché a Castelnovo Monti non c’è più il reparto e neppure il personale che avrebbe potuto farlo. Questo il fatto. Il resto è inutile e offensiva arrampicata sugli specchi

E aggiunte: “Il triste evento non fa che sottolineare l’imperdonabile errore di chiudere il punto nascite a Castelnovo Monti. In tutte le sedi e ripetutamente abbiamo chiesto con forza di non prendere questa decisione e poi di ripensarla. Nulla da fare, abbiamo cozzato contro un muro”.

E’ palese che chiudere un punto nascite che dista un’ora o più dal più vicino hub è un rischio che non ci si può prendere, è un autentico attentato alla salute e all’intero territorio della montagna – conclude Boni – I vertici dell’Azienda Sanitaria abbiano il coraggio di ammettere l’errore e si adoperino affinchè non accada mai più. Anche la politica ripensi una scelta che metta in discussione l’equità delle cure e la sopravvivenza stessa di un territorio, dove sempre di più si allontanano i giovani e le forze migliori”.

Una posizione pienamente condivisa dal sindaco Enrico Bini che, in un comunicato diffuso oggi, parla della chiusura del centro nascita del Sant’Anna come di “una ferita non sanata” e, anche a nome di tutta la maggioranza chiede “all’Ausl e alla Regione di riprendere in mano il tema con serietà e senso di responsabilità“. Intanto un fascicolo d’indagine, sulla tragedia del bimbo nato morto, è stato aperto dalla Procura delle Repubblica di Reggio Emilia, col sequestro delle cartelle cliniche e di ogni altro documento utile alle indagini. La bufera questa volta non si placherà tanto presto

IL COMUNICATO DEL SINDACO BINI DI APPOGGIO AL DOTTOR BONI

In relazione al caso che ha riguardato una gestante dell’Appennino, interviene il Sindaco di Castelnovo Monti Enrico Bini: “A nome di tutta la maggioranza, esprimo pieno appoggio a quanto affermato pubblicamente dal capogruppo e medico pediatra Carlo Boni: la chiusura del Punto nascite resta una ferita non sanata per il nostro territorio, e un caso come quello che si è verificato non fa che riaprirla in modo estremamente doloroso, tanto più a fronte delle promesse, ribadite in più occasioni, di una riapertura del servizio.
Comprendiamo che nel mezzo tra quelle promesse e il presente c’è stata una pandemia che nessuno poteva prevedere, ma ora la pandemia è superata, chiediamo all’Ausl e alla Regione di riprendere in mano il tema con serietà e senso di responsabilità: sappiamo che gli strascichi del Covid sul sistema sanitario nazionale, e della nostra regione in particolare, continuano ad essere molto pesanti ma non è pensabile ragionare di servizi sanitari in termini di budget, taglio dei costi, riduzione del personale. Non quando si parla della vita delle persone e della sopravvivenza di un territorio. Quello che è accaduto nei giorni scorsi, ma anche altri episodi precedenti solo per fortuna conclusi senza conseguenze drammatiche, dimostrano che la chiusura del punto nascite non ha portato alle previste condizioni di sicurezza per partorienti e neonati, anzi. La scelta fu sbagliata, su questo ormai concordano tutti, quindi è ora di rimediare a quell’errore”.

LA PRIMA DENUNCIA DI NADIA VASSALLO

“Nei giorni scorsi ho appreso che sarebbe avvenuto il decesso di un neonato dopo che la mamma si era presentata all’ospedale di Castelnovo ne’ Monti e da qui è stata inviata a quello di Reggio, dove il feto prossimo a termine gravidanza è arrivato privo di vita.

Mi rattrista molto questo fatto e credo che il sentimento accomuni i genitori, il personale sanitario e chiunque sia venuto a conoscenza della cosa.

Il fatto è che al contrario di quanto succede per i parti sull’ambulanza in strada andati a buon fine dove tutti si rallegrano pubblicamente, questa vicenda è a tutti sconosciuta perché nessuno ne ha parlato, e chissà se altre vicende analoghe e quante di esse sono già avvenute.

Di certo non sarò io a muovere colpe ad alcuno e spero che nessun dirigente scarichi la responsabilità su chi opera in prima fila.

Immagino che proprio la chiusura del punto nascita del Sant’Anna e i protocolli per deviare a Reggio l’assistenza al parto, siano una grossa stortura per gli operatori e gli assistiti, generando imbarazzo nelle scelte operative e deontologiche, a scapito della sicurezza delle mamme e dei bambini.

Quando il punto nascita era aperto molte vite sono state salvate in extremis e ciò rende molto forte l’amarezza per la scelta scellerata di far cassa sulle donne della montagna lasciandole senza assistenza al parto in territori che richiedono anche quasi due ore per arrivare in un centro attrezzato. (Nadia Vassallo, consigliere comunale di minoranza a Castelnovo ne’ Monti)

LA RISPOSTA DELLA DIREZIONE AUSL ALLA CONSIGLIERA VASSALO

“In merito alla nota stampa della consigliera comunale Nadia Vassallo di Castelnovo ne’ Monti relativa al decesso di un neonato nei giorni scorsi, la cui mamma era stata trasferita dall’ospedale montano a Reggio Emilia, l’AUSL IRCCS di Reggio Emilia, nel confermare il triste evento occorso alcune settimane orsono, ritiene utile fornire alcune precisazioni e correggere alcune inesattezze. 

In primo luogo, come facilmente intuibile, la morte endouterina di un feto è una situazione drammatica per le donne e le famiglie, per cui nel doveroso rispetto della privacy di quella famiglia e del suo intimo dolore,  l’AUSL  di Reggio Emila non ha effettuato alcun comunicato stampa.  

Si precisa comunque che si è trattato non del decesso di un neonato, ma del parto di un nato morto, ossia di un feto morto in utero e quindi partorito già privo di attività vitale. 

La donna, quasi a termine di gestazione, era giunta in Pronto Soccorso a Castelnovo ne’ Monti per dolori addominali, da lei interpretati come contrazioni da parto. I sanitari del Pronto Soccorso di Castelnovo né Monti , avvalendosi  anche della consulenza dell’ostetrica – sempre presente in ospedale – hanno correttamente compreso che non si trattava dell’avvio di un parto fisiologico, ma di una situazione a  elevato rischio, per cui con estrema celerità hanno garantito il trasferimento della donna a Reggio Emilia in ambulanza con un accompagnamento medico (anestesista) e ostetrica. All’arrivo a Reggio Emilia la donna è stata prontamente valutata e sottoposta a accertamenti (cardiotocografia e ecografia), che hanno confermato l’assenza del battito cardiaco fetale e la presenza di un voluminoso ematoma in sede placentare, conseguente di un importante  distacco di placenta. A quel punto la donna è stata sottoposta a taglio cesareo urgente, estremamente complicato per il grande rischio di sanguinamento acuto e quindi  per la salute della donna. L’intervento è comunque perfettamente riuscito. Il feto è stato preso in carico dall’équipe neonatologica che ne ha confermato il decesso, evidenziandone l’estremo pallore conseguente al distacco di placenta.  Come da protocollo regionale e raccomandazioni internazionali, il feto è stato sottoposto a riscontro diagnostico tutt’ora in corso.   

La morte endouterina (MEF) di un feto è evenienza drammatica ma purtroppo,  nonostante i grandissimi progressi della medicina moderna ed in particolare il miglioramento delle cure ostetriche,  non rarissima e piuttosto costante nel tempo. 

In Emilia-Romagna, dove è attivo un sistema di sorveglianza estremamente puntuale e consolidato, il tasso di natimortalità è da diversi anni stabilmente intorno al 3-3,25‰-  in linea con quello della maggior parte dei  paesi industrializzati. Inoltre il sistema di sorveglianza regionale prevede su ciascun singolo caso  l’applicazione di un rigido protocollo e audit clinico sui singoli casi al fine di valutare inadeguatezze dell’assistenza e/o dei percorsi.

In provincia di Reggio Emilia il tasso di natimortalità è in linea o inferiore (2,5 e 2,6 ‰) a quello regionale e tale tasso non ha subito alcun peggioramento in epoca covid, a conferma della buona qualità e organizzazione dell’assistenza ostetrica nella nostra provincia.   

Un tasso di natimortalità del 3‰ nati vivi significa che purtroppo, nonostante un monitoraggio scrupoloso della gravidanza,  circa 3 gravidanze su 1000 esitano nella morte intrauterina del feto. Nella nostra provincia quindi 10-12 casi l’anno  (100-115 l’anno nell’intera regione).  La maggioranza di queste situazioni si verificano, come nel caso descritto, intorno al termine di gestazione e le cause sono piuttosto eterogenee. Il distacco di placenta rappresenta una delle cause più frequenti. Non esiste alcuna possibilità di prevenirlo né di prevederlo. Talora il distacco si associa a dolori addominali spesso interpretati dalle gravide come contrazioni. Il distacco massivo di placenta costituisce una emergenza ostetrica perché può comportare un sanguinamento massivo di sangue in pochissimi minuti con rischi elevati per il feto ma anche per la donna. A conferma dell’emergenza di questi quadri, non di rado la morte del feto è stata osservata anche in donne ricoverate in ospedale.  

Nel caso riportato, si è trattato di un distacco “coperto” ossia di una perdita che non si è palesata da subito all’esterno, ma ha prodotto un ematoma placentare che in qualche modo ha tamponato le perdite massive, consentendo la stabilità delle condizioni materne, ma, purtroppo, non la sopravvivenza del feto. Infine, si vuole ribadire che l’intervento chirurgico da effettuare in queste situazioni è un’emergenza che richiede competenze specialistiche di prim’ordine oltre che di una larga esperienza, perché il rischio maggiore è quello di aggravare il sanguinamento con ripercussioni emodinamiche gravissime fino al decesso della donna o alla necessità di asportare l’utero per l’impossibilità di arrestare il sanguinamento.

In conclusione, l’evento occorso è il triste ed inaspettato esito di una gravidanza senza che ci sia stata alcuna colpa né da parte dei sanitari che con il loro pronto ed appropriato intervento hanno garantito la migliore assistenza possibile, né della Azienda che non può purtroppo impedire che evenienze simili accadano, né ovviamente della coppia, che come detto, non poteva in alcun modo riconoscere anticipatamente  i sintomi. 

Sperando di aver dato risposte sufficientemente esaustive, si ringraziano i sanitari coinvolti per la professionalità dimostrata anche in queste circostanze e si rinnovano le condoglianze alla famiglia”. 

LA CONTROREPLICA DI NADIA VASSALLO ALL’ AUSL

Prendo atto della risposta dell’Ausl che conferma quanto ho anticipato con la mia lettera alla stampa.

L’Ausl conferma la morte di un bambino nell’ultima fase di gestazione e presumibilmente durante il trasporto fra il Sant’Anna, dove la mamma si era recata con forti dolori, ed il Santa Maria dove è stata spedita.

L’Ausl inoltre conferma l’inadeguatezza attuale dell’ospedale di Castelnovo ne’ Monti per gestire le emergenze ostetriche che possono portare alla morte del bambino e anche della madre.

Ne risulta che la popolazione di donne gravide della montagna non sono coperte da nessun tipo di assistenza al parto ed anche all’emergenza perché il punto nascita che espletava egregiamente questo compito è stato cancellato per decreto regionale nel 2017.

Dispiace però che la nota stampa dell’Ausl sia congegnata per evitare le proprie responsabilità.

Anzitutto perché se è vero che non è in suo potere impedire che “dette evenienze accadano” è comunque suo dovere prevedere come affrontarle per eliminare l’handicap della distanza che le donne di montagna hanno rispetto a quelle di pianura.

Le sale operatorie, i chirurghi, i ginecologi e un reparto di ostetricia e ginecologia sono presenti a Castelnovo ne’ Monti e debbono essere messi in grado di affrontare con competenza e mezzi le emergenze che richiedono interventi immediati e non differiti nel tempo.

L’Ausl non può autoassolversi dicendo che i “sanitari con il loro pronto ed appropriato intervento hanno garantito la migliore assistenza possibile” quando invece nel momento più importante, ovvero quando il bambino era presumibilmente ancora in vita, “i sanitari del Pronto Soccorso avvalendosi della consulenza ostetrica – sempre presente in ospedale – hanno correttamente compreso che non si trattava dell’avvio di un parto fisiologico” per poi spedire la donna a Reggio dove il bambino è arrivato morto.

Le emergenze non possono essere differite nel tempo, in balia del traffico, del meteo, delle disponibilità dei mezzi.

Fino al 2017 queste emergenze venivano affrontate con competenza ed esiti positivi in loco, mentre oggi l’Ausl si nasconde dietro frasi inquietanti come: “l’intervento chirurgico da effettuare in queste situazioni è un’emergenza che richiede competenze specialistiche di prim’ordine oltre che di una larga esperienza”.

Ma chi avete mandato a Castelnovo?

Avete capito che qui le distanze fanno la differenza fra la vita e la morte?

Noi qui in montagna non possiamo rassegnarci ad essere considerati dall’Ausl reggiana e dalla Regione Emilia Romagna una riserva indiana, il sud del mondo, un sottosviluppo civile che non merita attenzione, e che proprio le statistiche che voi sciorinate dicono avere tassi di natimortalità nel mondo (Stillbirth 2019 – Istituto Superiore della Sanità) doppi o tripli rispetto alle zone urbane e ai paesi civilizzati.

Per quanto abbiate cercato di far intendere che quella morte era inevitabile e frutto di un destino cinico e baro non è il destino ad aver tolto il punto nascita di Castelnovo e tante sono le mamme e i figli che possono ringraziare di esserci grazie a quel servizio che voi avete osteggiato e che la Regione ha cancellato. (Nadia Vassallo, consigliere comunale di minoranza di Castelnovo ne’ Cuori)

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Una risposta a 1

  1. Alessandro Raniero Davoli Rispondi

    24/05/2023 alle 18:32

    A proposito del sindaco Enrico Bini: questa … “persona” nel 2017 urlava dal palco del teatro Bismantova, ad una platea di cittadini attoniti, che “lui si preoccupava della sicurezza delle partorienti”, non chi protestava per la chiusura del Reparto Maternità e Ostetricia, (Punto Nascite nella neolingua della sinistra LGBTQ+ che odia e vuole abolire la parola Maternità …).
    Urlava Bini a centinaia di donne e uomini della montagna: “Noi ci preoccupiamo della sicurezza delle donne, non voi, (rivolto alle Cicogne e ai cittadini montanari che protestavano civilmente), e’ più sicuro partorire a Reggio che qui … !!!” Bini sposava in pieno le ragioni dettate dai vertici PD della regione, spiegando a noi tutti come fossero giuste e da non contestare.
    La grande testa di … “politico”, ora vuole fare l’eroe, da opportunista qual è, contro la chiusura decisa dal PD a Bologna … Ma è uno degli amministratori locali che ha concordato e firmato i comunicati e le decisioni Ausl … anzi colui che ne ha la colpa più grande, come delegato del distretto sanitario montano, nel quale ha sede l’Ospedale Sant’Anna.
    E’ uno dei “maledetti” che ha la piena responsabilità di quanto accade ora alle nostre donne e ai nostri bambini … alcuni dei quali terminano la loro brevissima vita senza vedere la luce, nel buio eterno di piccole bare bianche.

    Alessandro Raniero Davoli
    Consigliere comunale, capogruppo CASTELNOVO LIBERA, (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e UDC)
    Consigliere gruppo Lega-Fratelli d’Italia, Unione Montana dei comuni dell’Appennino reggiano

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