DI GIAN PAOLO PELIZZARO E GABRIELE PARADISI
6/5/2023 – Siamo alla vigilia di importanti novità sul versante della ormai nota pista palestinese. In attesa di conferme circa un recente e nuovo versamento di oltre 190 atti del SISMI (l’allora servizio segreto militare, oggi denominato AISE) afferenti al cosiddetto Lodo Moro e, in particolare, alle trattative segrete tra le autorità italiane e i vertici della resistenza palestinese avviate all’indomani dell’arresto di Abu Anzeh Saleh (il 14 novembre 1979), al tempo capo della struttura clandestina in Italia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) di George Habbash, facciamo il punto sui 32 documenti già a suo tempo versati all’Archivio Centrale dello Stato di Roma.
Anche per fare un po’ di chiarezza dopo una serie di bufale e manipolazioni divulgate di recente da sedicenti esperti della materia. Fra cui un ex brigatista che si spaccia da esegeta e ricercatore.
La materia è particolarmente complessa e proprio per questo abbiamo predisposto una relazione di 55 pagine – che potete QUI scaricare in formato PDF – in cui viene ricostruito e riesaminato l’intero carteggio del SISMI con il governo dell’epoca, nel periodo che va dal 15 novembre 1979 al 19 agosto 1982. Questo arco temporale, a sua volta, è stato suddiviso in varie fasi, coincidenti ad altrettanti momenti salienti della vicenda, avendo tenuto conto non solo di quanto stava accadendo a livello giudiziario, ma soprattutto sul versante politico-istituzionale. Non va dimenticato, infatti, che il governo Forlani (che subentrò a quello presieduto da Francesco Cossiga, il 18 ottobre 1980) entrò in crisi immediatamente dopo la scoperta degli elenchi della Loggia P2 di Licio Gelli e cadde il 28 giugno 1981, proprio in seguito alla divulgazione dei nomi dei piduisti, molti dei quali ai vertici degli apparati dello Stato.
Le trattative segrete tra uomini del servizio segreto militare, impegnati in una corsa contro il tempo per scongiurare gravissime minacce di attentato da parte del FPLP, e i dirigenti palestinesi attraversarono proprio questi periodi di crisi politico-istituzionale, lasciando il vertice del SISMI solo di fronte a una serie di decisioni cruciali per la difesa degli interessi vitali dello Stato e della stessa sicurezza dei cittadini italiani.
Lo studio dei vari atti e appunti del SISMI ha chiarito una serie di aspetti cruciali, del tutto trascurati o – volutamente? – ignorati da alcuni sedicenti esperti della materia che hanno alimentato polemiche e alzato un polverone, disprezzando sistematicamente la realtà dei fatti così come si sono svolti solo per negare l’evidenza e insabbiare la verità.
Tanto per cominciare, i 32 atti già versati all’ACS non sono tutti della stessa natura. Come avrete modo di apprezzare nella Relazione qui allegata, dal punto di vista metodologico, andavano separate quelle informative del SISMI indirizzate al governo dagli altri atti che costituivano fogli interni al Servizio. Gli appunti destinati all’esterno e cioè per la presidenza del Consiglio dei Ministri, così come per i ministri interessati e per il CESIS (l’allora organismo di coordinamento dei due rami dei servizi segreti italiani), sono di classe e natura totalmente diversa dai documenti ad uso e circolazione interna.
L’esame dei documenti ha permesso, inoltre, di scoprire l’esistenza di ulteriori atti ma all’epoca mai versati all’ACS. In particolare, abbiamo scoperto l’esistenza di un appunto segretissimo, datato 16 aprile 1980, citato nella informativa al governo del 24 aprile 1980, ma non presente nell’elenco dei documenti disponibili. Questo foglio mancante, talmente importante da essere richiamato in un fonogramma a mano del CESIS e destinato al SISMI del 17 aprile 1980 («pregasi urgentemente voler disporre acquisizione elementi di conoscenza in relazione a quesiti formulati da elemento responsabile FPLP»), non solo sarebbe da mettere in relazione all’altro documento segretissimo del SISMI del 14 aprile 1980 (in cui si dava notizia della presa di contatto tra la dirigenza del FPLP e il terrorista internazionale Carlos), ma in particolare con l’ultimatum palestinese all’Italia per il mancato rispetto degli accordi (Lodo Moro).
Tra il 15 novembre e il 31 dicembre 1979, il SISMI informò in governo circa le gravissime minacce di ritorsione palestinese una sola volta: il 18 dicembre. Quel giorno, vi fu una burrascosa riunione notturna a Palazzo Chigi tra il capo del governo Cossiga, il sottosegretario Francesco Mazzola e i vertici del SISMI, durante la quale il generale Giuseppe Santovito rischiò il posto a causa della sua reticenza circa i contatti segreti intrattenuti con gli esponenti palestinesi avuti dal capocentro a Beirut, Stefano Giovannone.
Il SISMI – nell’ambito delle trattative segrete, intavolate in particolare da Giovannone con alcuni esponenti del FPLP per cercare di disinnescare le minacce palestinesi per la mancata liberazione di Saleh e la restituzione delle armi da guerra sequestrate a Ortona – informò il governo altre quattro volte, in un arco temporale che va dal 14 aprile al 12 maggio 1980. Il 2 luglio 1980 c’è un ultimo appunto interno per il direttore del Servizio Santovito. Di queste quattro informative, solo due (quelle del 24 aprile e 12 maggio) sono state versate all’ACS. L’appunto del 14 aprile 1980 è ancora formalmente non divulgabile.
Dopodiché c’è un buco, un vuoto informativo che durerà fino al 25 settembre dello stesso anno. Un “buco”, questo, tecnicamente incomprensibile, almeno stando al tenore del citato appunto interno, classificato segretissimo, del 2 luglio 1980, in cui – fra l’altro – il direttore Santovito veniva informato di quanto segue: «Fonte palestinese ha informato che il FPLP avrebbe deciso di riprendere la piena libertà d’azione nei riguardi degli interessi italiani a seguito del mancato accoglimento del sollecitato nuovo spostamento del processo di appello per la vicenda dei missili SA-7». Peraltro, lo stesso Giovannone tentò di entrare in contatto con gli interlocutori del FPLP, «ma con esito negativo».
Inspiegabilmente, da questo momento si interrompono non solo le informative al governo, ma anche gli atti a circolazione interna. E questo è poco credibile, tenuto conto delle minacce di possibili atti di ritorsione palestinese ai danni del nostro Paese, anche contro cittadini inermi, e – ancor più grave – di ulteriori allarmi su possibili attentati di matrice arabo-palestinese (sempre a causa del mancato rilascio di Saleh e dell’aggravarsi della sua posizione processuale a L’Aquila in vista dell’avvio del processo di appello per i fatti di Ortona) veicolati dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza (capo dell’UCIGOS e capo della Polizia) tra l’11 e il 12 luglio del 1980.
Appunto Sismi con la prova che l’inizio del processo d’appello era già previsto per il settembre-ottobre 1980
Sabato 2 agosto 1980, a Bologna un ordigno esplose nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria. L’esplosione (e il conseguente crollo di una parte dell’edificio) provocò la morte di almeno 85 persone: è sparito il cadavere di una vittima di sesso femminile e di un’altra è stato ritrovato soltanto un lembo di volto. È credibile che nessuno, al SISMI, abbia mai messo in relazione le gravissime minacce palestinesi cristallizzate anche nell’ultimo appunto del 2 luglio e l’immane tragedia del 2 agosto 1980?
Carta canta.
Le macroscopiche fandonie diffuse da alcuni presunti esperti sulla pretesa risoluzione del negoziato con i palestinesi sono smentite, infine, dagli stessi atti del SISMI e da altri documenti del ministero dell’Interno.
Dopo l’ultimatum del FPLP fissato al 15 maggio 1980, la situazione non rientrò e a nulla valsero i residuali tentativi di Giovannone nel mettersi in contatto con i suoi referenti del Fronte di Habbash. Dopo il Vertice di Venezia del 12 e 13 giugno 1980, il quadro generale dei rapporti con la dirigenza palestinese fu definitivamente compromesso. Il falso accordo raggiunto sul controverso e fuorviante punto relativo al rinvio della data di inizio del processo di appello per i fatti di Ortona è smentito dallo stesso SISMI. Già alla data del 24 aprile 1980, infatti, era fatto noto al Servizio che il processo in Corte d’Appello a L’Aquila sarebbe stato rinviato a settembre-ottobre. Che senso aveva, quindi, chiedere di rinviare qualcosa che doveva essere aggiornato a dopo l’estate?