3/5/2023 – Una madre travolta dal dolore che, dopo la separazione dai figli dati in affidamento, subì uno
“shock emotivo” e una forte “agitazione psichica”. Al punto che, dopo aver vagato “come una scheggia impazzita” in cerca di informazioni sui suoi bambini, fu sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio e presa in carico dal servizio psichiatrico dell’Ausl.
E’ quanto emerso oggi nella nuova udienza del rito ordinario di “Angeli e Demoni”, processo che a Reggio Emilia vede imputate 17 persone per il presunto giro di affidi illeciti di minori in val d’Enza. Il caso su cui ha deposto per la Procura il maresciallo dei Carabinieri Giuseppe Milano è quello di una coppia di nazionalità africana residente in provincia a cui nell’aprile del 2015 vennero tolti i due figli: una bambina di quattro anni e il fratellino che all’epoca aveva meno di due anni.
I piccoli avrebbero rivisto il padre solo quattro anni più tardi e la madre – in incontri protetti- otto
mesi dopo. La decisione di collocarli presso famiglie affidatarie, prima divisi e poi insieme, fu presa in autonomia dai Servizi sociali a cui i genitori si erano rivolti qualche anno prima per un aiuto economico. La decisione era supportata da una relazione contenente la presunta denuncia della piccola di
aver subito violenze dal padre (che avrebbe abusato di lei con un “ossicino”) e la segnalazione di condizioni igieniche precarie della casa familiare, con “muffa, mobili malmessi e materassi a
terra nella stanza da letto”.
In realtà, la visita ginecologica effettuata sulla bambina lo stesso giorno dell’allontanamento non
diede riscontri significativi mentre Cinzia Magnarelli, all’epoca assistente sociale di riferimento e poi imputata che ha patteggiato una pena di un anno e otto mesi, ha in seguito dichiarato che nella casa segnalata come “non idonea” lei non era mai entrata.
Il tribunale dei minori di Bologna, prese comunque per buona la relazione dei servizi disponendo l’interruzione dei rapporti dei minori col padre e prevedendo gli incontri assistiti con la madre, che nel frattempo aveva inziato un percorso di terapia, con esiti progressivamente positivi.
A settembre del 2016, nell’ambito del processo penale sul presunto abuso sulla bambina, la Procura di Reggio presentò istanza di archiviazione delle accuse contro il padre. E così, secondo un meccanismo per l’accusa ben rodato, il cosiddetto “sistema Bibbiano” si attivò
per impedirlo. Come emerso da una chat captata dagli investigatori, il capo dei servizi sociali Federica Anghinolfi chiese infatti alla psicoterapeuta Nadia Bolognini, a capo del centro Hansel & Gretel
insieme al marito Claudio Foti (condannato in primo grado nel rito abbreviato) di scrivere una relazione “con le ultime dichiarazioni della bambina perché noi ci opponiamo alla
chiusura“.
Nell’atto venivano quindi riportati nuovi abusi che la bambina avrebbe rivelato alla mamma affidataria e la minore era definita “sessualmente eccitata”. Per Bolognini era dunque necessario un “riattraversamento mentale e narrativo degli eventi traumatici“.
Nonostante il tentativo, il giudice del tribunale di Reggio fece cadere le accuse contro il padre, definendo gli elementi di prova a suo carico “distrutti” e l’episodio delle violenze con l’ossicino “un piccolo pezzo di
teatro dell’assurdo“. Gli odierni imputati incassarono il colpo a denti stretti. Parlando tra di loro Bolognini definì la sentenza connotata da una “abominevole ignoranza” e Anghinolfi parlò di un
verdetto “squalificante in modo vergognoso dell’operato dei
servizi“. Ci si pose quindi il problema di come evitare che l’affidamento dei bambini venisse revocato.
Ad esempio, spiega il maresciallo Milano, riferendo all’autorità minorile come i bambini non volessero rivedere i genitori (cosa vera solo per un certo periodo) o che la madre fosse ancora psichicamente instabile, mentre gli psicologi dell’Ausl ne avevano attestato i miglioramenti.
Al tribunale dei minori, secondo la Procura, fu anche nascosto che la mamma dei bambini aveva difficoltà a comunicare con i servizi sociali, non parlando l’italiano e molto poco l’inglese.
(FONTE: AGENZIA DIRE)