DI PIERLUIGI GHIGGINI
18/4/2023 – Quanto sarà problematica, quanto sarà complicata una ricerca anagrafica sulle parentele di Nicolino Grande Aracri, il boss di Cutro? La domanda sorge spontanea alla luce dell’andamento singolare del processo a carico di Alessandro Raniero Davoli, consigliere comunale di opposizione a Castelnovo Monti e nell’Unione dei comuni montani, processo intentato da Francesco e Antonio Falbo, Giuseppe Falbo cl. 1983 e Giuseppe Falbo cl. 1989, tutti di Casina – difesi dall’avvocato Carmine Migale – che si ritengono diffamati e danneggiati nella loro immagine di imprenditori e professionisti perché Davoli il 10 agosto 2016 aveva scritto una raccomandata al prefetto di Reggio Emilia Raffaele Ruberto, in cui spiegava come loro fossero parenti di Nicolino Grande Aracri, attivi in politica nello stesso comune montano in entrambi gli schieramenti in campo. Il geometra Giuseppe Falbo, classe 1983 , consigliere comunale Pd tra il 2011 e il 2016; il suo omonimo Giuseppe Falbo classe 1989, candidato alle amministrative del 2016 nella lista Pd “Per Casina”; e Antonio Falbo eletto in consiglio comunale nel 2016 nella lista civico moderata guidata dal sindaco Costi. Francesco Falbo si è invece ritenuto danneggiato in quanto indicato come detentore di appalti nello stesso comune.
Reggio Report aveva riportato ampiamente la notizia col testo integrale della lettera al Prefetto. Era il 17 settembre 2016. Da lì la querela a Davoli, che successivamente si è opposto a un decreto penale di condanna inaudita altera parte. Si è così arrivati al processo con rito ordinario tuttora in corso, con le parti offese che chiedono non soltanto la condanna dell’imputato per diffamazione a mezzo stampa, ma il non propriamente trascurabile risarcimento pecuniario di 100 mila euro.
Dunque ieri, 17 Aprile 2023, nel tribunale di via Paterlini era in programma l’udienza dibattimentale forse più importante, che però ha avuto un andamento inatteso. I testimoni convocati dalla difesa non si sono presentati davanti al giudice monocratico Maria La Nave: un cittadino di Casina ha inviato il certificato medico, mentre il sindaco di Castelnovo Monti Enrico Bini e il luogotenente Daniele Domenichelli del comando carabinieri di Castelnovo Monti, non hanno fatto pervenire spiegazioni della loro assenza. Sarà per la prossima udienza, fissata il 10 luglio, dove forse qualche arcano sarà svelato.
C’è di più: l’avvocato Luca Tadolini, subentrato nella difesa di Davoli a seguito della rinuncia del legale precedente, ha consegnato una memoria per rappresentare la gravità della situazione nel reggiano diventato epicentro di mafia, senza trascurare il fatto che a proprio al Comune di Casina in questi giorni si insedia una commissione di accesso di nomina prefettizia per indagare sui condizionamenti ndranghetisti in Municipio; e per chiedere un’ integrazione dell’esame dell’imputato e delle parti offese, al fine di meglio chiarire sia la posizione degli stessi verso l’importante boss cutrese, sia un’affermazione dell’imputato sulla “soggezione” dei magistrati inquirenti e giudicanti. Richieste però respinte dal giudice (quindi Davoli e i querelanti non saranno contro interrogati) che non ha neppure accolto nell’immediato la richiesta avanzata dal difensore per ricerche anagrafiche sulle parentele di Nicolino Grande Aracri: indagini essenziali per valutare l’esistenza dei rapporti famigliari, e in quale grado, tra i Falbo querelanti e il boss cutrese all’ergastolo.
L’ avvocatoTadolini, infatti, ha posto il problema dell’accertamento della parentela dei Falbo con Grande Aracri, contestando che la Procura non risultava avervi indagato e che, vista l’eccezionale gravità della posizione del boss, la difesa del Davoli non era in grado di effettuare tale accertamento. Da qui la richiesta in udienza al Giudice di disporla d’ufficio, tramite i Carabinieri e l’anagrafe. Tuttavia su questo punto, discusso in udienza come gli altri dalle parti, il Giudice ha ritenuto di sospendere la decisione, rinviando la valutazione all’esito dell’istruttoria dibattimentale.
Ora, viene da chiedersi da profani cos’altro ci sia da valutare per un accertamento che appare decisivo ai fini del giudizio, in relazione anche alla delicatissima situazione determinatasi nel tempo a Casina. Viene da chiedersi soprattutto perché la Procura non abbia disposto di propria iniziativa tale ricerca anagrafica, considerato che alla luce del diffuso inquinamento ndranghetista di Reggio, il processo Aemilia e le compromissioni della politica e dei livelli amministrativi, l’albero genealogico di NGA dovrebbe campeggiare da tempo a tutta parete nella Procura e negli uffici giudiziari reggiani.
Nell’udienza del 24 ottobre scorso, l’avvocato Carmine Migale aveva prodotto un post pubblicato su Facebook in cui Davoli scriveva: “Mi farebbe piacere ricevere un poco di solidarietà almeno nella mia provincia, Reggio Emilia (…) quei 4 signori Falbo mi hanno chiesto 100.000 euro di risarcimento (…) il Giudice del Tribunale di Reggio Emilia sarebbero in soggezione e propensi ad accontentarli e siamo solo alla prima udienza (…)”.
Quell’udienza si era conclusa senza che il pm chiedesse al Davoli chiarimenti su un’affermazione così grave, neppure il difensore faceva domande al suo assistito, e dopo l’udienza ha fatto arrivare al Tribunale la rinuncia al mandato.
Cosa si deve pensare? Non resta che attendere lo scioglimento della riserva del giudice di Reggio, per sciogliere anche i dubbi che aleggiano su un processo solo in apparenza come tanti.
Qualcuno ritiene che la rete di parentele di NGA non debba venire alla luce?
Il karma del cicciolo
19/04/2023 alle 09:06
Una volta a Casina si andava su da Rez in estate per respirare aria buona.
Le famiglie non erano ‘famigghie’ e gli alberi troneggiavano e oscuravano gli ‘alberi genealogici’.
Oggi meglio stare a casa, lontanissimi anche da Reggio ovviamente.
Si comprende bene la paura; grande Tado.
Fausto Poli
20/04/2023 alle 15:05
Una volta Casina era il giro fuori porta.