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Complotti strampalati Caso Orlandi e Papa Wojtyla,
perchè quella bufala non sta in piedi
Un’analisi di Gian Paolo Pelizzaro

DI GIAN PAOLO PELIZZARO

13/4/2023Pietro Orlandi è sempre più convinto di un coinvolgimento personale e diretto di Papa Giovanni Paolo II nella tragica vicenda di sua sorella Emanuela, la giovane cittadina vaticana svanita nel nulla all’età di quindici anni nel tardo pomeriggio di mercoledì 22 giugno 1983 tra piazza Sant’Apollinare e corso Rinascimento a Roma.

Emanuela Orlandi

L’ 8 aprile, intervenuto in studio durante la trasmissione diMartedì, in onda su La7 e condotta da Giovanni Floris, il fratello maggiore della ragazza scomparsa, accompagnato dall’avvocata Laura Sgrò, ha testualmente dichiarato:

«L’ipotesi di cui sono convinto io? Che ci sia stato un ricatto, ma nato all’interno del Vaticano, tra due gruppi di persone. L’oggetto del ricatto non poteva essere Emanuela, una ragazzina di… cittadina vaticana. Non poteva essere soltanto lei l’oggetto di un ricatto. Emanuela, secondo me, è stata messa in una situazione per creare l’oggetto di un ricatto molto più forte. Per questo, l’altro giorno, la scorsa volta, quando abbiamo parlato della pedofilia e della possibilità che persone molto in alto, ma veramente molto in alto, ai vertici del Vaticano, possano aver commesso qualcosa e qualcuno possa aver utilizzato quella situazione per creare un ricatto enorme. Io, pochi giorni fa, ho incontrato un vescovo per parlare di questa questione di Emanuela e a un certo punto il discorso è andato sulla pedofilia nella Chiesa. Io avevo raccontato il fatto, che avevo raccontato qua, dei quattro cardinali, della Gendarmeria che era andata con la foto di Emanuela da questi quattro cardinali che, secondo loro, avevano relazioni con ragazzini e ragazzine. Gli ho raccontato questo fatto, e lui [riferendosi al vescovo] … “accidenti, veramente”. Io, quindi, penso che una delle possibilità è che Emanuela possa aver magari subito un abuso, ma che sia stato organizzato quell’abuso. È stata portata da qualcuno per creare l’oggetto del ricatto. E siccome il Vaticano da quarant’anni fa di tutto per evitare che possa uscire la verità… Certo, se normalmente nel ’93 [forse voleva dire 1983, ndr.] si parlava della pedofilia dei cardinali come se fosse una cosa normale e accettata, uno può pensare che anche la pedofilia sia anche più su di quei cardinali. E lui [riferendosi al vescovo che ha incontrato, ndr.] dice embè, probabilmente”. E io ho detto “forse non mi sono spiegato. Non so se ha capito. Io parlo dei cardinali e quando parlo di più su mi riferisco a Wojtyla”. E l’anonimo vescovo ha replicato: “probabile, ma io penso che non sia un ricatto. Penso che se è successa quella cosa, hanno fatto di tutto per silenziarla. C’è qualcuno che ha contattato…”».

Floris: ci vuole dirci il nome del vescovo con cui ha parlato?

Pietro Orlandi: «C’è qualcuno che ha contattato magari qualcuno di questi criminali che conoscono e ha cercato di mettere a tacere questa situazione [il vescovo, ndr.] non è rimasto sconvolto quando gli ho detto se era normale e accettata la pedofilia nell’83 poi da parte di alcuni cardinali. In Vaticano era accettata da tutti, o che si tratti del sagrestano o che si tratti dell’alto vertice».

Parole pesantissime, che gettano uno spaventoso alone di sospetto sulla figura di Karol Wojtyla, un Papa peraltro beatificato il 1° maggio 2011 e canonizzato santo il 27 aprile 2014.

Papa Giovanni Paolo II

L’11 aprile scorso, una settimana dopo le sue esplosive dichiarazioni alla trasmissione di Floris, Pietro Orlandi è stato sentito per oltre sette ore dal promotore di giustizia dello Stato della Città del Vaticano (l’equivalente del procuratore della Repubblica in Italia), Alessandro Diddi, nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, aperta il 9 gennaio scorso su preciso mandato di Papa Francesco. Per la cronaca, non è la prima volta che la magistratura vaticana indaga sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Era già accaduto esattamente nell’aprile di quattro anni fa, quando la Segreteria di Stato, retta dal cardinale Pietro Parolin, aveva reso noto di aver autorizzato una serie di accertamenti interni. Le attività di indagine erano state delegate all’allora promotore di giustizia presso il Tribunale vaticano, Gian Piero Milano, il quale da tempo coordinava gli accertamenti in territorio vaticano sulla sorte della giovane figlia del commesso anziano della Prefettura della Casa Pontificia, Ercole Orlandi.

Il figlio Pietro ha così commentato l’esito della sua deposizione resa al Promotore di Giustizia Diddi: «Oggi [leggi martedì 11 aprile, nda] mi sono sentito bene perché finalmente mi sono potuto sfogare e dire le cose che avrei voluto dire da almeno due o tre anni. Abbiamo parlato di tante cose della famosa trattativa Capaldo [riferendosi al presunto ruolo di negoziatore con le autorità vaticane dell’allora procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, nda], del trasferimento di Emanuela a Londra, di pedofilia, degli screenshot dei messaggi di cui siamo entrati in possesso. Così finalmente, dopo 40 anni ho potuto sfogarmi e ho trovato ampia disponibilità a fare chiarezza, a mettere un punto, qualunque sia la responsabilità. Ho presentato una nota informativa rispetto alle cose che avrei raccontato a voce. Mi hanno ascoltato e hanno accettato tutto quello che avevo da dire, sottolineando che auspicano la massima collaborazione con la Procura di Roma e le altre istituzioni italiane. Sono state verbalizzate tutte le mie dichiarazioni. Ho fatto i nomi delle persone e dei cardinali che, secondo me, dovrebbero interrogare anche di alti prelati come il cardinale Re che stava sempre a casa nostra e che aveva delle relazioni strette con l’avvocato Egidio dell’epoca e che quindi sapeva tutti i movimenti e tutto quello che accadeva. Così come altri personaggi che avrebbero avuto un ruolo o essere a conoscenza dei fatti. Queste sono le cose fondamentali su cui loro devono lavorare. Questo è un momento importante perché a qualcosa deve portare, dopo le mie dichiarazioni ci devono essere delle risposte. Io in 40 anni non sono mai stato interrogato in una maniera così approfondita. Il fatto stesso che il Promotore abbia ricevuto da Papa Francesco e dal Segretario di Stato il compito di fare chiarezza e non fare sconti a nessuno è significativo. Ho riparlato dell’audio di Marcello Neroni…».

Ecco il nome: Marcello Neroni.

La pista della pedofilia che coinvolgerebbe personalmente e direttamente Karol Wojtyla, battuta da mesi in modo assiduo da Pietro Orlandi e dalla sua legale Laura Sgrò, è strettamente collegata alle rivelazioni di un balordo in qualche modo contiguo con ambienti della criminalità romana, il citato Marcello Neroni di cui ha fatto riferimento il fratello di Emanuela durante il suo punto stampa al termine della sua audizione da parte del Promotore di giustizia vaticano.

Si tratta delle ennesime rivelazioni a scoppio ritardato, registrate dal blogger veneto Alessandro Ambrosini editore e autore del canale “Notte criminale” nel 2009 e divulgate 13 anni dopo, il 9 dicembre 2022. Neroni – personaggio di secondo piano coinvolto marginalmente nella cosiddetta Operazione Colosseo (l’inchiesta del giudice istruttore Otello Lupacchini contro la Banda della Magliana) e presentato come socio in affari dell’esponente di spicco del clan dei cosiddetti Testaccini Enrico De Pedis – ha parlato per quattro ore (l’audio registrato è stato reso pubblico col titolo “Vatican shock: le radici oscure del caso Orlandi”), durante le quali – stando ad Ambrosini – l’intervistato (consapevole o meno) pensava o credeva di avere di fronte esponenti delle forze di polizia o dei servizi segreti.

Cosa ha detto Neroni in questa registrazione?

Testuale: «De Pedis è sepolto lì per grazia ricevuta. Ma non per quello ce dice quella pazza della Minardi. Ma lei lo sa chi era Casaroli? E allora basta. Quello veniva al riformatorio e ci portava le sigarette. Era pure [bip dell’omissis sonoro] e che er Papa [altro bip] Papa Wojtyla… lasciamo perde’, va’. Ma lasciamo perde [vari bip] e chi gli ha salvato le chiappe è Casaroli. Casaroli, però, non è intervenuto direttamente. Ha fatto intervenire i cappellani, gli ex cappellani di Regina Coeli che portavano whisky, lettere, tutto quello che serviva, droga, all’interno del carcere. Quando è servito qualcosa, a chi s’è so’ rivolti? […] Cioè, allora Wojtyla [serie di bip] pure insieme se le portava a letto. A letto, non so dove se le portava, all’interno del Vaticano. Quando è diventata una cosa, è diventata una schifezza, il Segretario di Stato ha deciso di intervenire, ma non dicendo a Wojtyla, “mo le levo da mezzo”, s’è rivolto a chi? Lui essendo esperto del carcere, faceva il cappellano al riformatorio qua al carcere, s’è rivolto al cappellano del carcere. I cappellani del carcere, uno era calabrese e l’altro era un furbacchione. Un certo Luigi e un certo padre Pietro, non hanno fatto altro che chiamare De Pedis e gli hanno detto “sta succedendo questo. Ce poi da’ una mano?”. Punto. Il resto so’ tutte cazzate».

La Basilica e piazza San Pietro

Facciamo un po’ di ordine.

Dunque, secondo questo ex socio in affari di “Renatino” De Pedis, registrato di nascosto da Ambrosini nel 2009, Emanuela Orlandi sarebbe stata coinvolta in un giro di pedofilia con Karol Wojtyla e, quando la scabrosa faccenda divenne un pericolo e una minaccia per il Papa, sarebbe intervenuto il Segretario di Stato, Agostino Casaroli, per far “ripulire” la scena, chiedendo – per il tramite di due cappellani di Regina Coeli – l’intervento di Enrico De Pedis. A rendere il racconto di Neroni ancor più appetibile è il fatto che all’epoca l’aiutante di uno dei due cappellani del carcere era don Piero Vergari, il rettore della Basilica di Sant’Apollinare, adiacente l’omonimo palazzo dove aveva sede la scuola di musica sacra Ludovico Da Victoria, dove andava a lezioni di canto corale e flauto Emanuela Orlandi. Colpisce il sincronismo del racconto di Neroni con le “confessioni” di Sabrina Minardi, la presunta amante di De Pedis. È stata la stessa vedova De Pedis, Carla Di Giovanni (morta di tumore all’età di 70 anni nella clinica Ars Medica a Roma l’11 maggio di tre anni fa), a raccontare come andarono le cose nel 2009, in una intervista sulla testata web Blitz Quotidiano pubblicata il 4 aprile 2012:

«La Minardi è stata interrogata dalla Procura della Repubblica il 18 novembre 2009, il giorno in cui tutti i mass media senza avere neppure avuto il tempo di fare mezza verifica hanno suonato la grancassa della soluzione del caso Orlandi. Sette giorni prima, l’11 novembre, ero stata contattata telefonicamente da monsignor Piero Vergari, il rettore della basilica di Sant’ Apollinare che Enrico aveva conosciuto come aiutante del cappellano di Regina Coeli e frequentato una volta libero. Vergari mi riferì di aver ricevuto il 5 di quel novembre un fax con il seguente messaggio: “Sua eccellenza Monsignor Vergari, avrei urgente bisogno di contattarLa. Il mio numero è 348… Dottoressa Minardi”. Mi feci dare il fax da Vergari e il 13 novembre lo consegnai nelle mani dei magistrati Giancarlo Capaldo e Simona Maisto. Cinque giorni dopo, e precisamente la sera del 18 novembre 2009, Sabrina Minardi rese la nuova “testimonianza”. E così, dopo 26 anni, cominciano i suoi miracolosi riconoscimenti, a partire dalla voce di quel “Mario” che telefonava agli Orlandi per tranquillizzarli pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela. Sono convinta che la mia consegna di quel fax ai magistrati e il loro successivo intervento ha fatto molta chiarezza. Nessuno poteva immaginare che quel fax sarebbe finito in mano ai magistrati».

Molte cose si sono mosse in quelle settimane del 2009.

Piano piano qualcuno ha preparato gli ingredienti del complotto relativo alla pista sulla pedofilia, passando attraverso il presunto coinvolgimento delle più alte gerarchie vaticane, tirando in ballo Papa Giovanni Paolo II e il suo segretario di Stato Casaroli, per arrivare al defunto (è stato assassinato il 2 febbraio 1990) e sempre spendibile Enrico De Pedis, fulcro della cospirazione che avrebbe visto la partecipazione attiva degli uomini della Banda della Magliana come esecutori dell’infernale piano criminale. Dal campo delle ipotesi, nel volgere di 14 anni si è arrivati a delle pseudo verità da molti ritenute inconfutabili, nonostante tutta questa ingarbugliata, scivolosa e contraddittoria materia sia stata archiviata con decreto del GIP di Roma, Gianni Giorgianni, il 19 ottobre del 2015.

Ma come spesso accade, il grande teorema rischia di crollare per via di un piccolo, ma significativo dettaglio che finisce col mettere in crisi l’intera trama dello sceneggiato.

In questo caso, il presunto coinvolgimento del Papa polacco nello spaventoso giro di pedofilia interno alla Chiesa e nel quale sarebbe stata inghiottita Emanuela Orlandi urta contro un semplice dato cronologico: Wojtyla dal 16 giugno 1983 era in viaggio in Polonia, insieme a Casaroli. Il giorno della scomparsa della ragazza, Giovanni Paolo II era a Cracovia e quindi – visto che non poteva certo aver avuto un ruolo personale e diretto nella sparizione della giovane cittadina vaticana, si dovrebbe ipotizzare che il cardinale Casaroli – seguendo le varie ipotesi avanzate fino a oggi e in qualche modo rilanciate dallo stesso Pietro Orlandi – abbia lasciato ai suoi referenti cappellani del carcere di Regina Coeli la direttiva di procedere alla soppressione della ragazza proprio nei giorni della loro assenza da Roma, motivata dal secondo viaggio apostolico in Polonia (il primo fu quello dal 2 al 10 giugno 1979). Un apparente astuto espediente per precostituirsi un alibi d’acciaio. Un piano, questo se fosse vero, degno di una mente criminale di altissimo livello. Ma…

L’incoronazione di Papa Wojtyla

C’è un altro piccolo granello che va a inceppare le ruote degli ingranaggi di questo teorema. Che senso aveva – da parte dei presunti esecutori materiali, entrati in scena o personalmente o per interposta persona la sera stessa della scomparsa di Emanuela Orlandi, tra le ore 20 e 21 di quel mercoledì 22 giugno 1983, così come ha raccontato monsignor Carlo Maria Viganò nella sua intervista ad Aldo Maria Valli pubblicata sul suo blog il 1° novembre del 2019 – telefonare alla Sala Stampa vaticana per fare sapere che la ragazza «è stata rapita»? Enrico De Pedis e i suoi scagnozzi che interesse avrebbero avuto nell’uscire immediatamente allo scoperto, telefonando due ore dopo aver sequestrato e soppresso la ragazza (sempre che non sia stata «trasferita a Londra» come ipotizzano coloro che danno per attendibile un documento-patacca uscito dal Vaticano e pubblicato da Emiliano Fittipaldi nel settembre 2017), chiedendo di parlare (fingendosi degli stranieri anglofoni) con il Segretario di Stato, in quel momento in Polonia con il Papa, se Agostino Casaroli – a detta di Neroni – fosse stato il mandante dell’intera operazione?

In questo caso, non ci troveremmo di fronte a una mente criminale di altissimo livello, ma a un improvvisato sceneggiatore di un giallo di serie B e cioè un maldestro mandante che si affida incautamente a personaggi sui quali non ha nessun controllo che mettono in scena la commedia di una falsa trattativa che andrà avanti per mesi.

Qual è il senso di questo pasticcio?

Possiamo immaginare lo schivo e prudentissimo cardinale Agostino Casaroli (che il compianto decano dei vaticanisti italiani Benny Lai descrive in questo modo: «Uomo dai modi garbati e suadenti, facile al sorriso e pronto a lasciarsi avvicinare dai giornalisti, ma abilissimo nel difendersi dalla eccessiva curiosità, celandosi dietro la cortina di un linguaggio fumoso») mettere la propria vita e la propria reputazione nelle mani di due furbacchioni cappellani di Regina Coeli per chiedere loro l’interessamento di un carcerato (De Pedis) per far eliminare una povera quindicenne, al fine di evitare uno scandalo nella Curia? E i criminali che avrebbero aderito alla richiesta del Segretario di Stato, due ore dopo aver fatto quello che gli era stato richiesto, decidono di telefonare tamburo battente in Vaticano chiedendo di parlare con il mandante, in quel momento a oltre 1.576 di km di distanza da Roma?

A nostro modesto avviso, la verità sulla sorte di questa povera ragazza – continuando a battere piste sempre più strampalate come questa – rischia di allontanarsi per sempre.

(Gian Paolo Pelizzaro)


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6 risposte a Complotti strampalati Caso Orlandi e Papa Wojtyla,
perchè quella bufala non sta in piedi
Un’analisi di Gian Paolo Pelizzaro

  1. Bruno Tartaglione Rispondi

    19/04/2023 alle 23:17

    Pienamente d’accordo. La ragazza purtroppo è stata soppressa da un violentatore la sera stessa. Probabilmente non sapeva nemmeno che fosse cittadina vaticana.Poi tutto quanto è stato detto è il frutto da un lato di telefonate di sciacalli assolutamente ignari di tutto ma desiderosi di divertirsi (ed uno di questi è perfettamente noto e riconoscibile dalla voce contraffatta ). Il resto da deliri complottisti con i soliti ingredienti:prima il Kgb la Cia i servizi segreti bulgari; poi la banda della Magliana e il Vaticano. La semplice verità non sarà mai accettata dalla famiglia. Ma è peculiare che molti giornalisti alimentino il complottismo anche in questi ultimi tempi offensivo verso chi non può difendersi
    La sorella di Emanuela sostiene che i parenti degli scomparsi “possono dire quello che vogliono”. Una affermazione assurda

  2. Bruno Tartaglione Rispondi

    20/04/2023 alle 23:56

    Secondo Umberto Eco i complotti veri esistono ma si scoprono subito. Ma le persone hanno bisogno di credere nei complotti. Secondo Telmo Pievani in “Nati per credere” il bisogno di credere ad interpretazioni non realistiche degli eventi è un meccanismo per “metterci al sicuro” nella peggiore delle ipotesi. Nel caso specifico io non vedo alcun complotto. La verità è ignota perché conosciuta solo dall’assassino che non confesserà mai e forse è già morto dato il tempo passato.

  3. giovanni cividini Rispondi

    24/04/2023 alle 07:33

    Far luce su Emanuela Orlandi, è doveroso come su Ustica. Sono casi giudiziari complessi. Che il Papa si fosse reso complice di questo tragico misfatto, fa pensare. Certo che i fatti parlano di una studentessa che studiava flauto e era nella corale adiacente a Sant’Apollinare. Francamente, che a bocce ferme il Sig. Neroni abbia fatto queste confessioni denunciando come mandante il Segretario Casaroli e come esecutore il De Pedis un capo della ‘Magliana’ tutto è possibile ma i fatti vanno provati. Molti degli attori in questione sono defunti e non possono comunque essere ne giudicati ne giustiziati. Sarà solo il giudice supremo adassolvere o giustiziare:il fatto riprovevole e ignobile sta nel fatto, che il tutto si svolge nello stato del Vaticano, che dovrebbe essere un fortino di sicurezza e affidabilità, ma così non è! Purtroppo hanno taciuto e insabbiato tutto quindi a mio avviso, il Vaticano non ne esce sicuramente a testa alta, ma della povera Orlandi non è restata più traccia e la sua famiglia fa bene a far luce su quella povera creatura che come ha detto qualche cardinale “se soffe stata piena di brufoli o gobba sarebbe ancora viva!

  4. Bruno Tartaglione Rispondi

    24/04/2023 alle 23:04

    credo di dover contraddire. Sant’Apollinare è in territorio Italiano e non Vaticano per quanto ne so. Pertanto il fatto si è svolto in Italia e non nello stato Vaticano. L’unico legame di questa vicenda con il Vaticano è che la ragazza era figlia di un impiegato del Vaticano (credo lavorasse alle poste). Il resto sono tutte farneticazioni e deliri complottisti su piste Turche, Bulgare, poi Marcincus e Ior, l’immancabile Banda della Magliana, un gruppo di malviventi romani caserecci e di basso livello che sembrano diventati il centro della storia d’Italia degli ultimi decenni, infine la pista della Pedofilia in Vaticano. Tutte illazioni e fantasie sostenute solo da dichiarazioni non provate di personaggi dalla discutibile credibilità. Ho poi sentito un magistrato italiano sostenere che, siccome gli inviati del Vaticano con cui aveva parlato sembrava che ritenessero la ragazza morta (dopo decenni dalla scomparsa), ne aveva concluso, con un vero volo della logica, che dovevano essere a corrente di quanto successo o forse coinvolti. Incredibile. Il Papa Giovanni Paolo, probabilmente su pressione, ritenne a suo tempo, essendo la ragazza figlia di un dipendente vaticano, di fare un appello (credo inutile perchè penso, come succede in questi casi che la ragazza sia morta purtroppo il giorno stesso della scomparsa). Da allora sciacalli e finti telefonisti americani (il soggetto è perfettamente riconoscibile dalla voce ed è americano quanto me) si sono dati da fare a sostenere complotti inesistenti alimentati da giornalisti in vena di audience. Non si saprà mai nulla perchè c’è una sola persona che sa ed è l’assassino (non rapitore, assassino) e forse è anche morto dato il tempo passato. E quindi non si farà mai luce su niente.

  5. Bruno Tartaglione Rispondi

    24/04/2023 alle 23:18

    quanto a quello che ha detto il cardinale sulla gobba di Emanuela è stato un modo poco elegante forse di affermare una evidente verità che sfugge solo ai complottisti e cioè che il movente è stato solo ed esclusivamente sessuale. Ma non nel senso della pedofilia. Un assassino stupratore la ha attirata con la proposta del facile guadagno per la Avon per eseguire il suo terribile disegno quella sera stessa. Come succede in questi casi. Basta studiarsi la cronaca e le statistiche. Infatti rapire una persona e tenerla nascosta anche per poco tempo è molto difficile e pericoloso per il delinquente. I rapimenti, come quelli che avvenivano in Italia negli anni 70-80 avvenivano grazie ad estese organizzazioni ed erano finalizzati al lucro. Rapire la figlia un un impiegato delle poste non credo potesse far progettare un lauto guadagno e neppure rappresentare uno strumento di pressione sul Vaticano. quindi cerchiamo di ragionare invece di prestar fede a racconti da osteria tra un bicchiere di vino dei Castelli e l’altro. Ritengo che sia discutibile che giornalisti diano spazio a strampalate teorie sono per fare audience.

  6. bruno tartaglione Rispondi

    25/04/2023 alle 21:08

    come sosteneva Karl Popper, epistemologo, una teoria è scientifica se è “falsificabile” cioè confutabile. Altrimenti si parla di pseudoscienza come il Marxismo, la psicoanalisi Freudiana e la psicoanalisi secondo Adler, che non si prestano alla confutazione perché spiegano ogni cosa nel loro ambito. Nel caso del super-complotto per “rapire” la povera ragazza (rapimento che io non credo ci sia mai stato nei termini descritti dai complottisti) la confutazione è impossibile perché ogni qual volta la si tenta timidamente con elementi di fatto o logici si viene sommersi da un mare di irose contro-confutazioni basate su opinioni e fantasie, credenze popolari, legende metropolitane e chiacchiere da bar. Purtroppo giornalisti e magistrati fanno del loro meglio per alimentare il clima complottistico attorno alla vicenda. Uno spettacolo penoso

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