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Caso Orlandi: “Ignobili insinuazioni su Papa Wojtyla”
Insorge l’ex segretario, padre Stanislao (oggi cardinale)
L’ avvocata Sgrò non fa nomi, Vatican News smaschera la messinscena

DI GIAN PAOLO PELIZZARO

15/4/2023 – I gravissimi sospetti circa un presunto coinvolgimento personale e diretto di Karol Wojtyla nella sparizione di Emanuela Orlandi – la quindicenne figlia del commesso anziano della Prefettura della Casa Pontificia, svanita nel nulla nel tardo pomeriggio di mercoledì 22 giugno 1983 tra piazza Sant’Apollinare e corso Rinascimento a Roma – rilanciati con forza dal fratello maggiore Pietro Orlandi hanno suscitato enorme clamore e sbigottimento.

Sulla questione, com’era prevedibile, è intervenuto con toni lapidari il cardinale polacco Stanislaw Dziwitz, 84 anni il prossimo 27 aprile, arcivescovo emerito di Cracovia, segretario particolare di Papa Giovanni Paolo II dal giorno dell’elezione e fino alla morte del Pontefice polacco, avvenuta il 2 aprile 2005. Padre Stanislao, così come veniva chiamato all’epoca in Vaticano, è indignato e furioso:

«Negli ultimi giorni alcune avventatissime affermazioni – ma sarebbe più esatto subito dire ignobili insinuazioni – profferite dal signor Pietro Orlandi sul conto del Pontefice Giovanni Paolo II, in connessione all’amara e penosa vicenda della sorella Emanuela, hanno trovato eco sui social e in taluni media anzitutto italiani. È appena il caso di dire che suddette insinuazioni che si vorrebbero all’origine scaturite da inafferrabili ambienti della malavita romana, a cui viene assegnata una parvenza di pseudo-presentabilità, sono in realtà accuse farneticanti, false dall’inizio alla fine, irrealistiche, risibili al limite della comicità se non fossero tragiche, anzi esse stesse criminali».

Padre Stanislao, oggi cardinale, con Papa Woljtyla

Tecnicamente, il nome del cardinale Dziwitz, come ex segretario particolare di Wojtyla, dovrebbe essere nella rosa di coloro che potrebbero essere sentiti dal promotore di giustizia presso il Tribunale ordinario dello Stato della Città del Vaticano, l’avvocato padovano Alessandro Diddi, nell’ambito dell’inchiesta interna sul caso Orlandi promossa per volontà di Papa Francesco lo scorso 9 gennaio. La nota dell’arcivescovo emerito di Cracovia, da questo punto di vista, può costituire una sorta di dichiarazione da acquisire agli atti dell’istruttoria vaticana:

«Un crimine gigantesco infatti è ciò che è stato fatto a Emanuela e alla sua famiglia – prosegue la nota di Dziwitz – ma criminale è lucrare su di esso con farneticazioni incontrollabili, volte a screditare preventivamente persone e ambienti fino a prova contraria degni della stima mondiale. Va da sé che il dolore incomprimibile di una famiglia che da 40 anni non ha notizie su una propria figlia meriti tutto il rispetto, tutta la premura, tutta la vicinanza. Così come non ci si può, in coscienza, non augurare che la verità su questa angosciante vicenda finalmente emerga dal gorgo dei depistaggi, delle mitomanie e degli sciacallaggi».

Il cardinale Dziwitz, 44 anni all’epoca dei fatti, era al seguito di Giovanni Paolo II durante il suo secondo viaggio apostolico in Polonia. Insieme al Papa c’erano anche il segretario di Stato Agostino Casaroli, il capo della Sala Stampa vaticana padre Romeo Panciroli (scomparso a Roma il 16 marzo 2006). Erano partiti da Roma il 16 giugno 1983 e il giorno della scomparsa di Emanuela Orlandi Wojtyla si trovava a Cracovia. È lo stesso padre Stanislao ad aver ricostruito quelle giornate nel suo libro-intervista “Una vita con Karol”, scritto a quattro mani col giornalista marchigiano di origini polacche Gian Franco Svidercoschi e pubblicato da Rizzoli nel gennaio 2007:

«La sera del 21 giugno Giovanni Paolo II giunse a Cracovia, dove gli fecero trovare anziché la papamobile, una macchina chiusa; ma lui rifiutò, preferì salire su un bus, con il quale attraversò le vie della città. Giunto all’arcivescovado e messosi a tavola, dovette però abbandonare la cena e affacciarsi alla finestra per dialogare con migliaia di giovani venuti a salutarlo […] Il giorno dopo (mercoledì 22 giugno 1983, giorno della scomparsa della Orlandi, nda], due milioni di persone accorsero al Blonie, per la beatificazione di due grandi figure di polacchi: padre Raffaele Kalinowski, carmelitano scalzo, e fratel Alberto Chmielowski, apostolo tra la gente più umile, fondatore dei frati e delle suore albertine. Alla fine della Messa, mentre la folla defluiva lentamente, spuntarono le bandiere di Solidarnosc. Arrivarono gli elicotteri, che volando a bassa quota credevano (a torto) di mettere paura alla gente e indurla a correre a casa. Ma tutto si svolse tranquillamente, ordinatamente, proprio come il Santo Padre voleva, senza aver lasciato il minimo spazio alle provocazioni».

Proprio nelle ore in cui a Roma svaniva nel nulla la penultima figlia di Ercole Orlandi e Maria Pezzano, quel pomeriggio a Cracovia «era scattata la Grande Paura del regime», ricorda Dziwitz nelle sue memorie: «Quel pomeriggio, al Wawel, si tenne inaspettatamente un secondo incontro tra il Pontefice e il generale Jaruzelski. Un incontro voluto da parte politica (e non ecclesiastica, come si tentò di far credere) un po’ per rasserenare il clima, un po’ per attutire l’impatto dell’evento del giorno dopo (l’incontro con il leader di Solidarnosc, Lech Walesa, nda), e un po’ anche perché Jaruzelski – e ciò potrebbe spiegare la lunghezza del colloquio – aveva voluto esporre al Papa le “sue” ragioni».

«Come segretario particolare del Papa Giovanni Paolo II – prosegue dunque la nota del cardinale Dziwitz – posso testimoniare, senza il timore di smentite, che fin dal primo momento il Santo Padre si è fatto carico della vicenda, ha agito e fatto agire perché essa avesse un felice esito, mai ha incoraggiato azioni di qualsiasi occultamento, sempre ha manifestato affetto, prossimità, aiuto nei modi più diversi alla famiglia di Emanuela. A questi atteggiamenti – conclude l’arcivescovo emerito di Cracovia – io continuo ad attenermi, auspicando correttezza da tutti gli attori e sperando che l’Italia, culla universale del diritto, saprà con il suo sistema giuridico vigilare sul diritto alla buona fama di Chi oggi non c’è più, ma che dall’alto veglia e intercede».

Quest’ultima frase di padre Stanislao sembra quasi un appello rivolto all’autorità giudiziaria italiana affinché tuteli e difenda l’onore e la reputazione della memoria di Karol Wojtyla, sanzionando coloro che in questi giorni si stanno rendendo responsabili della propalazione di accuse e sospetti gravissimi e in modo indiscriminato.

Nella giornata di oggi, sabato 15 aprile, la vicenda ha registrato un ulteriore e clamoroso colpo di scena. La Santa Sede, attraverso il sito ufficiale Vatican News, ha reso noto che «il fratello della ragazza scomparsa non ha indicato le fonti delle informazioni al Promotore di Giustizia. Ci si attendeva che lo facesse l’avvocato, che nei mesi scorsi aveva più volte lamentato di non essere stata ancora convocata: ma ha sorprendentemente scelto di opporre il segreto professionale».

A quanto pare, Pietro Orlandi e la sua legale Laura Sgrò, nonostante le tante comparsate televisive, hanno di fatto intralciato l’accertamento della verità.

Il resoconto diffuso da Vatican News è eloquente e smaschera una inquietante messinscena che va avanti ormai da mesi: «Incontro-lampo dell’avvocato Laura Sgrò con il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi: la mattina di sabato 15 aprile la legale della famiglia Orlandi si è recata in Vaticano dov’era stata convocata in qualità di testimone per riferire in merito alle fonti delle informazioni riguardanti Giovanni Paolo II e più in generale sul caso della ragazza scomparsa. L’avvocato ha scelto di opporre il segreto professionale e dunque si è rifiutata di riferire da chi lei e Pietro Orlandi abbiano raccolto le “voci” sulle presunte abitudini di Papa Wojtyla che, secondo quanto raccontato dal fratello di Emanuela durante la trasmissione diMartedì, “la sera se ne usciva con due suoi amici monsignori polacchi” e “non andava certo a benedire le case”. Parole che Pietro Orlandi ha pronunciato in diretta su La7 la sera dell’11 aprile, dopo essere stato lungamente ascoltato dal Promotore di Giustizia, lasciando così intendere di voler in qualche modo asseverare il contenuto di un audio nel quale un membro della Banda della Magliana faceva pesanti allusioni sul Pontefice polacco». 

«Questa mattina – ha aggiunto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede Matteo Bruni – il Promotore di giustizia, professor Alessandro Diddi, insieme al professor Gianluca Perone, Promotore applicato, ha ricevuto l’avvocato Laura Sgrò, come da lei ripetutamente e pubblicamente richiesto, nell’ambito del fascicolo aperto sulla vicenda della scomparsa di Emanuela Orlandi, anche per fornire quegli elementi, relativi alla provenienza di alcune informazioni in suo possesso, attesi dopo le dichiarazioni fornite da Pietro Orlandi. L’avvocato Sgro si è avvalsa del segreto professionale».

Il Promotore di Giustizia – prosegue “Vatican News” – nei giorni scorsi aveva assicurato di voler andare fino in fondo e di indagare ogni pista possibile per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela, avendo ricevuto per questo un mandato dal Papa e dal segretario di Stato. Come ha raccontato lo stesso Pietro Orlandi in trasmissione, durante la sua lunga testimonianza resa l’11 aprile, aveva fatto presente al magistrato inquirente le accuse contenute nell’audio dell’esponente della Banda della Magliana e anche le voci che circolavano in Vaticano sulle presunte abitudini di Giovanni Paolo II. Richiesto di fornire informazioni che consentissero di portare avanti l’indagine, riferendo da chi avesse appreso queste informazioni Orlandi non ha indicato nomi. Ci si aspettava dunque che questi li potesse fornire l’avvocato Sgrò, anch’essa convocata sulla base delle sue ripetute richieste al termine dell’audizione di Pietro Orlandi. Oggi però il legale, inaspettatamente e sorprendentemente, ha preferito opporre il segreto professionale decidendo così di non collaborare con le indagini dopo che più volte e pubblicamente, negli scorsi mesi, aveva chiesto di poter essere ascoltata».

“Nell’istanza che ho appena presentato in Vaticano ho chiesto, per l’ennesima volta, di poter incontrare il promotore di giustizia Alessandro Diddi, in seguito alle notizie date alla stampa sull’apertura del fascicolo”, aveva dichiarato Laura Sgrò a Fanpage.it lo scorso 11 gennaio. “Mi aspetto un incontro tempestivo – aveva aggiunto la legale di Pietro Orlandi – Vorrei consegnargli personalmente le chat e altri documenti: non mi aspetto una risposta immediata da parte di Diddi, ma confido che mi convochi quanto prima: perché se io dico che ho delle prove, tu hai il dovere di ascoltarmi”.

Ora che il contatto c’è stato e la convocazione pure, accompagnata alla piena disponibilità di ascoltare, valutare e indagare, la risposta da parte dell’avvocato è stata il silenzio.

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