DI PIERLUIGI GHIGGINI
8/4/2023 – Lo scontro forse senza precedenti fra istituzioni locali intorno alle rivelazioni dell’ex magistrato della Dda Roberto Pennisi (protagonisti il sindaco Luca Vecchi, l’Ordine avvocati guidato dal presidente Enrico Della Capanna, e il partito al governo ab aeternum a Reggio, il Pd, che con la sua incapacità o “distrazione” aveva spalancato le porte agli affari edilizi della ‘ndrangheta in Emilia) sollecita alcune considerazioni probabilmente utili a non perdere il fil rouge di una vicenda non lineare, ma ormai di portata nazionale.
Si può comprendere l’imbarazzo e il dolore persino fisico del Pd che, dopo essere passato miracolosamente indenne dal processo Aemilia, e di conseguenza aver trionfalmente imposto e sostenuto a spada tratta Marco Mescolini alla Procura di Reggio – nel calderone palamaresco venuto a galla con la famigerata riunione notturna dell’Hotel Champagne – si è visto cacciare il magistrato amico, con voto unanime del Csm, da Reggio e da tutto il distretto giudiziario emiliano; mentre oggi quello stesso Pd, però in piena fase declinante, viene chiamato in causa come destinatario di un trattamento di favore per alcuni suoi personaggi di rilievo, in quello che sembra profilarsi come uno scandalo politico giudiziario fra i più gravi della storia repubblicana.
Si può anche comprendere come al Pd reggiano andasse più a genio un Ordine degli avvocati governato sapientemente da una propria esponente di primo piano, come l’avvocata Celestina Tinelli già consigliere laico del Csm in quota Pds etc. etc. , che andò in gran segreto a Palazzo dei Marescialli per difendere Mescolini dall’esposto di quattro sostitute, le quali evidentemente non ne potevano più del discredito serpeggiante intorno alla Procura reggiana.
Ma non può essere compresa nè giustificata in alcun modo la manipolazione delle posizioni, al fine di mostrare falsamente che gli avversari sono nel torto. Un metodo purtroppo tipico del circo politico-mediatico che ha prosperato nel nostro Paese, in una interminabile guerra civile di nuovo tipo per abbattere l’avversario con mezzi extra-democratici, ma che alla fine ha portato sfortuna a chi l’ha praticata senza ritegno.
E’ lo stesso metodo applicato, forse con limitata consapevolezza, dal sindaco di Reggio Emilia nei confronti dell’ Ordine gli avvocati e del suo presidente Enrico Della Capanna. Per tenere insieme un teorema altrimenti insostenibile, Luca Vecchi ha accusato l’Ordine di essersi accodato alle posizioni della destra, in particolare di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Quando, invece, la questione nasce dalla denuncia, possiamo chiamarla così?, di un pm antimafia che ha messo tutto nero su bianco in una relazione – su richiesta specifica del Pg della Cassazione, ma girata a Pennisi con ben 10 mesi di ritardo dal Procuratore antimafia Cafiero De Raho, oggi deputato M5S – dai contenuti talmente scottanti da da finire blindata in qualche cassaforte del ministero della Giustizia. Contenuti che presto diventeranno comunque di pubblico dominio.
Manipolazioni, dicevamo. Ovvero mezzucci per nascondere per l’ennesima volta la polvere sotto il tappeto e allontanare nel tempo un verdetto indigesto quanto inesorabile. Una vicenda dove non c’entra affatto la destra (semmai come vittima) bensì la sinistra e le sue relazioni tentacolari con una parte consistente della magistratura e il mondo delle Procure.
La presa di posizione di Vecchi è dunque falsata all’origine, e comunque di corto respiro. Sono in molti a Reggio, anche fra i dem, a chiedersi cosa abbia spinto il sindaco verso un attacco frontale così inopportuno, male argomentato e soprattutto autolesionistico anche alla luce di una posizione personale imbarazzante (a voler essere benevoli). A cominciare dalla casa di Masone acquistata al grezzo dalla ditta di quel Francesco Macrì poi arrestato e condannato nel processo Aemilia, per arrivare alle dichiarazioni ripetute nell’aula bunker dal collaboratore di giustizia Salvatore Muto secondo cui nel 2014 Eugenio Sergio (condannato a 23 anni nel primo grado di Aemilia) chiese a Francesco Lamanna boss di Mantova e Cremona, ma assai influente a Reggio grazie anche a una estesa rete di parentele, di portare voti al marito di sua cugina. Provvidenzialmente, in piena udienza il presidente Caruso tagliò corto: “Non ci sono riscontri di queste cose”. Le rivelazioni del pentito rimasero lettera morta, e di quelle cose non si parlò né si indagò più. Ma per molto meno, ad altre latitudini, sarebbero scattate le dimissioni a palazzo Civico.
Ecco perché, al di là di ogni altra considerazione politica, il sindaco Vecchi avrebbe fatto meglio, di gran lunga meglio a tacere. Ma talvolta, l’eccessiva confidenza col potere fa perdere la memoria.
Alex
09/04/2023 alle 14:17
Vecchi dovrebbe dimettersi.I suoi giochi di prestigio non incantano più e non c’è più alcun mantello magico a garantire l’ invisibilità ai suoi intrighi di potere. E adesso che ne pensano di costui tutti i grandi personaggi dell’ antimafia, invitati ad incensarne la superiorità etica e morale? Che ne pensano i vari Ciotti, Caselli, Gratteri e Nicaso? Che ne pensano i cittadini che hanno dovuto mantenere per anni questo teatrino indegno, in nome della Resistenza?
Aspirante Mozzo imbarcato
09/04/2023 alle 14:32
Gentile Direttore, nel pieno delle tensioni legate al trasferimento del Procuratore Mescolini, la pubblicazione di un documento di solidarietà e sostegno del Dott. Mescolini scritto e firmato da diversi soggetti della sinistra locale. Un documento inopportuno per molti reggiani con cultura giuridica e politica e che ebbe in molti cittadini l’effetto contrario al desiderato. Ora qualcuno vorrebbe spiegarmi la ragione per cui il documento pubblicato dall’ordine degli avvocati non va bene, mentre quello dei compagni pubblicato ai tempi in favore di Mescolini è invece corretto. Io appartengo alla minoranza che ritiene che le opzioni siano due: Zitti sempre tutti o che nessuno si comporti da Signore o Signori della città con la verità in tasca. Devo ammettere che mi sorprende e mi fa salire alla testa diversi dubbi l’intervento del Sindaco. Se fosse rimasto in silenzio avrebbe fatto un buon servizio alla città, alla Magistratura e a se stesso. L’auspicio dell’ordine degli Avvocati era indirizzato alla Magistratura e potremmo definirlo un dialogo tra giuristi che spesso hanno compiti professionali opposti. Li sarebbe rimasto e invece replicare ha dato origine proprio a quel clima che si dice di non desiderare. Va ricordato a tutti che il trasferimento del Procuratore Capo, Dott. Mescolini, per incompatibilità ambientale, non nasce da azioni politiche della destra, in quel momento tra l’altro ben lontana dal Governo in carica, ma prende spunto dalle rivelazioni del Giudice Palamara e dall’esposto al CSM di 4 donne Giudici della Procura di Reggio Emilia. Io ho fiducia nella Magistratura è questo sentimento mi deriva proprio dal fatto che siano state proprio 4 donne magistrato molto coraggiose e con “attributi”, spesso mancanti a tanti uomini, che hanno voluto chiarezza e dissipare ogni dubbio per proteggere l’operato del loro ufficio e della Giustizia. Senza il coraggioso contributo delle magistrate, il corso degli eventi non sarebbe stato lo stesso. La risposta che porrebbe fine ad ogni polemica è molto semplice: Chi aveva responsabilità politiche e amministrative di Governo della città e poteva assumere decisioni e concedere realmente vantaggi è uscito indenne dalle varie indagini o non vi è mai entrato perché alla luce degli scrupolosi accertamenti investigativi si è riscontrato la correttezza del loro operato o sono usciti illesi o mai entrati, perché il loro lavoro non è mai stato sottoposto ad accertamenti. Caro direttore, se la risposta fosse la prima si chiuderebbe ogni polemica con buona pace dei critici o dei fantasiosi complottisti di cui il nostro paese è ricco e la nostra città non indenne. Abbandonando la sterilità delle tesi contrapposte vorrei proporre una riflessione a tutti noi. La politica di qualità ha il dovere trasversalmente di rilanciare e saldare più forte che mai il rapporto un po’ logoro e con ragioni, tra cittadini e istituzioni e delle istituzioni tra loro. Un richiamo alla politica seria che non si vede più. Una politica di equilibrio che governi gli eventi, che sappia interpretare la società e i suoi bisogni e preoccupazioni e che sappia indirizzare. Una politica che in questo nobile intento sappia chiarire e proteggere la Giustizia e la Magistratura e la ponga all’esterno del dibattito politico a garanzia di ogni cittadino. D’altro canto alla Magistratura indipendente il suo lavoro di dare e fare luce sui fatti e spingere in alto il termine Giustizia. Quando ero ragazzino sono cresciuto nel mito dei tanti magistrati e uomini delle forze dell’ordine che hanno dato la vita per il nostro paese per affermare la Giustizia e che hanno rinunciato alle tante gioie più semplici della vita. Questo esempio mi ha sempre condizionato nei comportamenti, nel lavoro e nel privato e chiedo alla politica e alle Istituzioni di non privare me e tantissimi altri come me, di questi caposaldi d’esempio e insegnamento. Caro direttore, spero sempre in un Noè della politica di qualità e nella sua grande Arca pronta a salvarci dal diluvio dei personalismi e populismi a cui questo vuoto o pochezza lascia spazio. Oggi in politica non si confrontano unicamente destra e sinistra, ma competenza e incapacità, legittima e generosa ambizione e ambizione professionalmente interessata.
Giovanni Rabacchi
10/04/2023 alle 19:01
Da lettore, visto che questa pagina me lo consente, mi permetterei di aggiungere due considerazioni.
Primo. Trovo spiacevole che due istituzioni cittadine (un sindaco e un ordine professionale) arrivino a scontrarsi su questioni di principio. Abbiamo capito che diversi esponenti della giustizia chiedono di indagare per mafia su amministratori di sinistra: ma questi amministratori di sinistra avran bene un nome ed un cognome, perbacco! Oppure sono destinati a perdersi nel coacervo inanimato de “gli amministratori di sinistra”? Chi sa (se sa) è bene che parli. E per parlare non bastano i proclami, né i comunicati stampa, né la “relazione Pennisi”: occorrono denunce e querele, perché un procedimento per mafia non è una partita di calcetto, e nemmeno un processo per un furtarello. Un procedimento per mafia è una cosa seria, molto seria, dove lo Stato si gioca la sua capacità di reagire alle insidie di un corpo estraneo.
Secondo. Laddove le parole del Dott. Pennisi non dovessero rimanere lettera morta, e qualora gli inquirenti dovessero procedere contro qualcuno, potremo finalmente gettare i nostri strali e i nostri dardi infuocati contro gli amministratori di sinistra, soprattutto contro coloro che si troveranno a indossare le vesti degli indagati.
Tuttavia, la presunzione di innocenza non dovrebbe valere anche per loro?
Eppure per gli indagati di centrodestra la presunzione di innocenza si è rivelata fondamentale, giacché solo all’esito dell’estenuante ed impari lotta che li ha coinvolti abbiamo saputo che costoro fossero stati ingiustamente detenuti ed accusati. Ora, che ne dovremmo fare di eventuali indagati di area dem? Un bel sommario e tutti al rogo? No, non possiamo cadere così in basso, non a Reggio!
Ricordiamoci che Reggio, Medaglia d’oro al valor militare, ha donato alla Patria ben tre Padri costituenti, e non è un caso se tanto alte Menti hanno preteso che la presunzione di innocenza fosse il cardine del nostro Ordinamento. Non dimentichiamoci mai della Costituzione, e non sbaglieremo mai.
Bestia rara
16/04/2023 alle 08:03
‘Non sento non vedo non parlo’…ma sono meglio le scimmiette duemila volte.
Bestiale
16/04/2023 alle 08:04
‘Non sento non vedo non parlo..’.
Sono meglio le scimmiette.