23/2/2023 – Il Tribunale di Bologna ha emesso, su richiesta della Procura della Repubblica – DDA, coordinata dal Procuratore capo Giuseppe Amato, cinque condanne a sei anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso nei confronti di altrettanti imputati, cittadini nigeriani, che avevano scelto il rito abbreviato. E’ un esito dell’operazione Takeover alla quale ha lavorato per anni la Squadra Mobile di Reggio Emilia e che ha portato allo smantellamento di strutture mafiose organizzate per confraternite e che avevano il loro quartier generale nei capannoni abbandonati delle ex-Reggiane, ridotti a una terra di nessuno, e oggi finalmente bonificati.
Le condanne colpiscono le confraternite (cults) della mafia nigeriana radicate a Reggio Emilia e in lotta fra loro per il controllo del mercato delle droghe. Quasi un anno fa, nel marzo 2022 la Polizia di Stato , coordinata dal dott. Roberto Ceroni della procura felsinea, aveva eseguito dieci misure cautelari carcerarie emesse dal GIP distrettuale a carico di altrettante persone, tutte nigeriane, gravemente indiziate di associazione a delinquere di stampo mafioso e, a vario titolo, di altri reati come rissa, lesioni e rapina aggravati dal metodo mafioso.
I destinatari delle misure cautelari, ed altri 15 soggetti destinatari di decreto di perquisizione e sottoposti ad indagine nel medesimo procedimento penale, sono indiziati di appartenenre a due Cults, diretta promanazione delle confraternite operanti in Nigeria e precisamente “Supreme Vikings Confraternity” e “National Association of Air Lords”, conosciuta anche come “Supreme Eiye Confraternity”.
In particolare, nel corso del 2018, nell’ambito di una indagine volta al contrasto di un traffico di droga, coordinata dalla Procura reggiana – che portò a 24 arresti in flagranza di reato e il sequestro di 110 Kg di marijuana e 300 grammi di cocaina – si era rilevata l’esistenza di un contrasto in atto, culminato anche con violente aggressioni, consumate in taluni casi con l’uso di armi da taglio e sfociate in lesioni anche gravi, tra due gruppi di cittadini nigeriani appartenenti a due Cults contrapposti.
Le emergenze investigative relative all’esistenza di due “locali” della strutturata, radicata e consolidata mafia di matrice nigeriana in Reggio Emilia, comportava il passaggio del fascicolo, alla Procura della Repubblica di Bologna. All’indagine veniva applicato, anche, il Pubblico Ministero reggiano titolare dello stesso fascicolo, in ragione della stretta connessione con questo capoluogo.
L’ attività di analisi e valorizzazione di dati già emersi in altri procedimenti penali da parte degli investigatori della Squadra Mobile, poi, consentiva di ricostruire, sin dall’anno 2015, la presenza ed operatività, in Reggio Emilia, della mafia nigeriana.
Venivano raccolti indizi di colpevolezza in ordine a numerosi e gravi reati consumati in Reggio Emilia, il cui movente era da attribuire a contrasti tra Cults. Fra gli altri la violentissima rissa scoppiata all’esterno della stazione ferroviaria di piazzale Marconi, una domenica pomeriggio del 2015, e, in successione, altri cruenti analoghi fatti, verificatisi negli anni seguenti, che avevavno suscitato notevole allarme sociale, con scontri tra opposte fazioni, a causa dei quali i protagonisti avevavano subito gravi lesioni e reati contro il patrimonio, accaduti presso il complesso industriale dismesso delle ex officine Reggiane.
Quattro dei condannati sono affiliati all’associazione Eiye; una alla contrapposta associazione Viking. Tra i condannati, alla pena di anni 6, figura, nella ipotesi di accusa, il vertice, della locale Eiye operante a Reggio e Modena, nonché un ulteriore associato che, nel corso della guerra tra i due gruppi, aveva subito uno sfregio, permanente, al viso.
IL QUESTORE FERRARI
“La condanna emessa il 22 febbraio 2023 in primo grado, dal Tribunale di Bologna a carico di cinque persone, per il grave reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, conferma un ulteriore brillante risultato, conseguito dalla Polizia di Stato nel contrasto alle nuove insidie criminali, attraverso una innovativa metodica investigativa”. Questo il il commento del questore di Reggio Emilia Giuseppe Ferrari.
“Al di là delle responsabilità individuali, che andranno definitivamente accertate nelle sedi opportune, la sentenza ha infatti dimostrato la capacità di saper leggere il contesto emergente dal territorio – aggiunge il questore – In particolare, la Questura aveva rilevato un possibile rischio di infiltrazione e radicamento dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, di matrice nigeriana e, di concerto con le Autorità Giudiziarie, Circondariale e Distrettuale, si è mossa secondo un duplice binario. Nel breve-medio periodo è stata monitorata e poi repressa, con arresti in flagranza ed esecuzioni di misure emesse per reati fine, la criminalità nigeriana operante nelle ex officine Reggiane, ove sarebbero avvenuti gran parte dei gravissimi reati contestati, per evitarne il radicamento. In parallelo si è voluto perseguire un ulteriore obiettivo strategico: quello di ricostruire, pazientemente, l’organizzazione del gruppo, al fine di documentare l’operatività e la struttura, che il G.I.P., in via cautelare prima, ed il Tribunale, in sede di primo grado poi, hanno ritenuto avere i connotati della associazione a delinquere di stampo mafioso.
Il fatto che i delitti siano avvenuti nelle ex officine Reggiane e che alcuni dei condannati fossero lì “domiciliati”, – conclude Ferrari – costituisce, inoltre, un ulteriore significativo riscontro, sulla importanza dei servizi svolti per anni dalla Polizia di Stato in questo sito industriale dismesso, culminati con la definitiva bonifica e la restituzione dell’area alla città di Reggio Emilia”.