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Mazzette post-terremoto, inchiesta antimafia
Arrestati architetto di Reggiolo e suo padre
Il nipote del boss Dragone gestiva i contributi regionali nel “cratere” della bassa mantovana

11/1/2023 – Sono due noti professionisti di Reggiolo le figure chiave dell’indagine Sisma coordinata dalla Procura antimafia di Brescia sulla ricostruzione post-terremoto 2012: indagine culminata nell’ordinanza di custodia cautelare per reati di corruzione, aggravati dalle finalità mafiose, a carico di 10 persone, una delle quali ancora ricercata. Gli arresti sono stati eseguiti ieri dai carabinieri del Comando provinciale di Mantova con la collaborazione dei colleghi dell’Emilia-Romagna del Veneto e della Calabria. Diciassette persone, inoltre, risultano destinatarie di informazioni di garanzia.

Gli arrestati reggiolesi, per i quali come per tutti gli altri indagati vale come sempre la presunzione di innocenza, sono l’architetto Giuseppe Todaro, 36 anni, e suo padre Raffaele, ingegnere, 60 anni, ora residente a Peschiera del Garda: entrambi molto conosciuti a Reggiolo e attivi della bassa reggiana. Avevano fra l’altro firmato il nuovo parco comunale di Fabbrico e una serie di villette a schiera realizzate sempre nel centro di Fabbrico dalla Immobiliare Raffaella, società in accomandita intestata alla sorella di Giuseppe. I quali per parte della madre Caterina Dragone sono nipoti del vecchio boss cutrese Antonio Dragone, assassinato nel maggio 2004 a San Leonardo di Cutro in un attentato a colpi di bazooka della cosca Grande Aracri.


Il provvedimento disposto dal Gip di Brescia, così riferisce una nota dell’Arma, riguarda architetti, ingegneri, imprenditori e soggetti del sistema bancario (quattro agli arresti in carcere e cinque ai domiciliari), accusati a vario titolo di “concussione, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, intestazione fittizia di società”, aggravati dalle finalità mafiose “per aver agevolato la cosca ‘ndranghetistica Dragone di Cutro”.

GLI ARRESTATI

In carcere dunque sono finiti Giuseppe Todaro (Crotone, 2.9.1986 ora residente a Reggiolo); Raffaele Todaro (Cutro, 13.5.1962  ora residente a Peschiera del Garda); Felice D’Errico (Villa di Briano, 6.7.1965 residente a Mirandola; Giuseppe Di Fraia (Casaluce, 7.4.1967 residente a Poggio Rusco). Mandato di arresto anche per un architetto ostigliese  al momento ancora ricercato.

Ai domiciliari ci sono invece: Pierangelo Zermani (Medesano, 18.6.1957); Monica Bianchini (Ostiglia, 5.1.1965 residente a Ostiglia); Antonio Guerriero (Napoli, 25.10.1974 residente a Mantova); Enrico Ferretti (Reggio Emilia, 10.2.1975 residente a Guastalla; Carlo Formigoni (Revere, 2.10.1950 residente a Revere);

C’è inoltre un indagato a piede libero, un 54enne residente a Gonzaga che fino a questo momento non sarebbe stato rintracciato.

Contestualmente agli arresti, i carabinieri hanno effettuato decine di perquisizioni in abitazioni e studi tecnici anche con il supporto della guardia di finanza di Mantova, delegata a riscontrare l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.


I militari hanno spiegato che nella precedente indagine “Pesci”, i carabinieri di Mantova e la DDA di Brescia avevano rilevato gli interessi della cosca Grande Aracri nell’area Mantovana-Reggiana, “procedendo a numerosi arresti e condanne”, mentre con queste investigazioni “viene prospettata la rinnovata influenza, nella stessa area, della cosca Dragone, cui alcuni dei principali gli indagati sarebbero imparentati”.

IL RUOLO DI GIUSEPPE TODARO

Al centro dell’indagine c’è infatti “il nipote di uno storico boss cutrese (Giuseppe Todaro, ndr.), pubblico ufficiale con la carica di tecnico istruttore presso i Comuni compresi nel cosiddetto ‘cratere sismico’ della provincia di Mantova (Poggio Rusco, Borgo Mantovano, Magnacavallo, Sermide e Felonica), con compiti istruttori, di verifica, di rendicontazione e di autorizzazione ai pagamenti dei contributi a fondo perduto stanziati da Regione Lombardia per gli immobili danneggiati dal terremoto del 2012”.
Sempre secondo l’accusa, “le diverse figure professionali, così come i beneficiari dei finanziamenti, si sarebbero interfacciati con il citato tecnico istruttore secondo un collaudato schema criminoso, consistente nella corresponsione di indebite somme (in genere pari a circa il 3% del contributo elargito), per garantirsi la trattazione della propria pratica in violazione dell’ordine cronologico e con aumenti (talora indebiti) dell’importo del contributo pubblico a fondo perduto, in un caso attestatosi a 950mila euro anziché 595mila come originariamente stabilito”.

Le contestate ipotesi di concussione “prevedevano che il contributo pubblico venisse elargito ai richiedenti solo a condizione che costoro affidassero i lavori di ricostruzione a delle società facenti capo al citato tecnico istruttore e al padre di questi”. Le indagini avrebbero messo in evidenza “che tali società, che di fatto sarebbero state gestite dal padre del pubblico ufficiale, erano intestate a prestanomi per evitare il diniego di iscrizione nella cosiddetta white list”.


A carico degli indagati è stato disposto anche il sequestro “delle società fittiziamente intestate, delle provviste bancarie e di beni mobili e immobili per un valore di circa due milioni di euro, costituenti il ritenuto prezzo e il profitto dei reati contestati”.

L’intera indagine sarebbe partita dagli uffici della Regione Lombardia attraverso una prima segnalazione con la presentazione di un esposto trasmesso dalla “Struttura commissariale per l’emergenza e la ricostruzione di territori lombardi colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012”, nel quale erano raccolte le lamentele di un geometra per i comportamenti di Todaro, che aveva un incarico pubblico a tempo determinato per la gestione delle pratiche della ricostruzione nel mantovano.

Il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, nel ringraziare chi a vario titolo ha contribuito a smantellare questa organizzazione criminale, ha tenuto a ribadire come il tutto sia partito proprio da un esposto trasmesso dalla Struttura Commissariale.

Il suo ufficio era nel Comune di Villa Poma (poi Borgo Mantovano dopo la fusione con Revere e Pieve di Coriano), e aveva il compito di verificare, svolgere istruttorie e rendicontare, oltre che autorizzare i “pagamenti dei contributi a fondo perduto stanziati dalla Regione Lombardia, per gli immobili danneggiati dal terremoto del 2012”.

Ecco cosa diceva l’architetto Todaro, intercettato dai carabinieri: “Io come ditta non posso lavorare nel sisma perchè mio nonno era mafioso….” “Io da sei anni sono il Rup (Responsabile unico del procedimento ndr) di Poggio Rusco, Villa Poma, Magnacavallo, Serrmide….) Io sono chi realizza la pratica, chi realizza le ditte e chi fa l’ordinanza di concessione…” , “Se te ne prendi sessanta, settanta grazie a un mio agire sei contento o no?…” Sai che nella vita devo fare il capo, io? Il capo o niente. Facendo tanti imbrogli ho fatto la vita, ho speso, ho messo 150 mila euro da parte. A Cutro mi vedono come un eroe. Tutto per la storia di mio nonno”.

“PERSISTONO RAPPORTI CON LE COSCHE DRAGONE E GRANDI ARACRI”

Nell’ordinanza, il Gip distrettuale di Brescia si sofferma anche sulla figura di Raffaele Todaro, padre di Giuseppe, per rilevare che persistono tuttora rapporti tra i Todaro e la famiglia di provenienza e, più in generale, con soggetti (insediati nel Reggiano o nelle aree limitrofe) affiliati o comunque collegati alla cosca Dragone e alla stessa cosca Grande Aracri, da sempre contrapposta a quella dei Dragone. Una circostanza che “non deve sorprendere, considerando che – specialmente nei territori di più recente insediamento mafioso e a maggiore vocazione imprenditoriale – il profilo affaristico del sodalizio è destinato a prevalere (salvo casi eccezionali) su quello, per così dire, “azionista”’. Dunque gli affari e la possibilità di guadagnare grandi somme di denaro prevalgono sulle vecchie contrapposizioni tra cosche.


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