25/9/2022 – “Noi siamo morti sul posto”. Sono parole pronunciate da Nazia Shaheen, madre di Saman Abbas, in una conversazione con l’altro figlio, intercettata a fine agosto 2021. Parole che è veramente difficile non attribuire a una confessione, all’ammissione che la figlia Saman è stata uccisa e che, loro, il padre e la madre, hanno voluto, preparato e partecipato all’assassinio, pianificando per tempo anche la fuga dall’Italia, avvenuta il primo maggio 2021, subito dopo la scomparsa della diciottenne pakistana nelle campagne di Novellara.
Sono da oltre un anno nel Punjab, nei loro luoghi di origini, con un’altra identità e protetti dalla polizia. La Farnesina continua a scontrarsi con il muro di gomma opposta dalle autorità pakistane “che non collaborano”. Evidentemente i Saman godono di protezioni in alto, e sarebbe interessante comprendere perchè. Di certo la soppressione silenziosa delle donne che si ribellano alla segregazione è più diffusa e tollerata di quanto non si pensi. Ma probabilmente si sta indagando anche sul passato dei Saman, su come arrivarono in Italia e quali erano i loro rapporti con la comunità pakistana.
Ancora più chiara e cinica la confessione del padre in una intercettazione del giugno scorso: “L’ho uccisa per mia dignità e il mio onore”. Spaventose e devastanti le confidenze fatte a un compagno di cella dal cugino Ikram Jiaz, il primo del clan Abbas a essere arrestato in Francia: Saman tenuta a forza per le mani e i piedi dai due cugini, mentre lo zio Hasnain la strangola con una corda. E mentre il padre allontana la mamma in preda a a una crisi di pianto, interviene un’altra persona sconosciuta che, secondo il racconto (però ritenuto credibile solo in parte) aiuta portare via in un sacco il cadavere, poi a smembrarlo e a disperderne i resti nel Po.
Il tutto è agli atti dell’inchiesta coordinata dalla pm di Reggio Emilia Laura Galli e condotta dai carabinieri di Reggio Emilia che non hanno mai smesso un istante di indagare. E che continuano nella ricerca del corpo o di quanto resta ancora, forse da qualche parte, di quella ragazza martire della mostruosità del clan, dell’omertà della comunità pakistana, e dell’incapacità o non volontà dei servizi sociali di affrontare per tempo una situazione che già viaggiava dritta verso la tragedia.
È la prima volta dal delitto che spunta un’intercettazione della donna, che in questa occasione parla di sé e del marito, Shabbar Abbas. La telefonata è nel maxi faldone del processo per l’omicidio della ragazzina che non voleva piegarsi a un matrimonio combinato, e che inizierà a febbraio 2023 a Reggio Emilia. Processo che vede imputati cinque familiari della ragazza: i genitori latitanti in Pakistan, due cugini e lo zio Hasnain arrestati tra Francia e Spagna.
Il bacio postato da Saman sui social, che fece infuriare i genitori e il clan
La frase di Nazia Shaheen è estrapolata da una conversazione su whatsapp del 30 agosto 2021. È il ragazzo – il fratello minorenne di Saman, ora affidato a una comunità protetta – che chiama l’utenza pachistana usata dai genitori, dove sono latitanti dal giorno della fuga,
Il giovane parla con la madre di altri due familiari, non indagati, che secondo lui avrebbero istigato il padre nell’organizzazione dell’omicidio della sorella. Il giovane è arrabbiato nei confronti dei due – uno zio e un cugino – ritenendoli responsabili moralmente per la fine di Saman e lasciando trasparire sentimenti di vendetta.
La madre cerca invece di calmarlo chiedendogli di “lasciarli stare”. “Quelli che danno consigli storti, con quelli bisogna fare così”, dice il ragazzo. La madre replica: “Lasciali stare, mandali dal diavolo”. E ancora, il giovane cita una frase riportata di questi familiari “‘Se era mia figlia, anch’io facevo così con lei’. Io non ho dimenticato niente. Li raddrizzerò questi due”.
A quel punto la madre ribatte: “Tu non sai di lei?”, probabilmente riferendosi ai comportamenti di Saman, “Davanti a te a casa… noi siamo morti sul posto, per questo tuo padre è a letto e anche la madre (parla di sé in terza persona, ndr) a letto”.
“Anche di lei non è che non sai, da costretti è successo quello che è successo, anche tu lo sai, figlio mio non sei bambino, sei giovane anche e comprendi tutte le cose”. E poi in passaggi seguenti: “Tu sei a conoscenza di tutto”, dice al figlio, “Pensa a tutte le cose, i messaggi che ci facevi ascoltare la mattina presto, pensa a quei messaggi, pensa e poi dì se i tuoi genitori sono sbagliati”.
“Ora mi sto pentendo, perché ho detto”, risponde il ragazzo.
(fonte: ansa.it)
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L'Eretico
25/09/2022 alle 23:34
Follia!
Ho il cuore a pezzi.
Orror vacui
26/09/2022 alle 17:21
ma per cortesia ma che stiano zitti