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Siccità: la Regione ha chiesto lo stato di emergenza nazionale. Ora servono più di 36 mln
Osservatorio Po: il cuneo salino è a 30 km. L’ Autorità di Bacino: ridurre subito i prelievi”

29/6/2022 – Siccità: la Regione Emilia-Romagna ha presentato al Governo la richiesta dello Stato di emergenza nazionale, per il perdurare e l’aggravarsi della crisi idrica.

La richiesta ufficiale è stata firmata e inviata questa mattina dal presidente della Regione, Stefano Bonaccini, premier Mario Draghi e al Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio. Unba richiesta che fa seguito allo stato di emergenza regionale dichiarato solo pochi giorni fa, il 21 giugno, con una delibera tipo per il risparmio idrico adottata da tutti i comuni della pianura.

“Considerate le caratteristiche, la natura e l’estensione degli eventi, anche con prevedibili aggravamenti nei prossimi mesi, si richiede – scrive il presidente Bonaccini– la delibera dello stato di emergenza nazionale per la grave crisi idrica in atto sull’intero territorio della Regione Emilia-Romagna. Prendendo in considerazione le proposte di intervento arrivate anche nelle ultime ore, sale a 36 milioni e 700mila euro la stima delle risorse necessarie per fronteggiare le criticità: una cifra comprensiva degli interventi più urgenti da mettere in campo con immediatezza e delle opere da attuare nel medio termine”.

Nei giorni scorsi si è svolto un importante lavoro di coordinamento tra Regione, Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile, Atersir, gestori del servizio idrico integrato, Consorzi di bonifica e Anbi per censire tutte le azioni necessarie nell’immediato per affrontare l’emergenza.
Come previsto dal Codice di Protezione civile, si tratta delle misure di assistenza alla popolazione, ad esempio l’eventuale fornitura di acqua attraverso autobotti e gli interventi urgenti per ripristinare la funzionalità dei servizi pubblici e delle reti, per salvaguardare la riserva idropotabile e proteggere gli habitat, specie la fauna ittica.

Cosa serve
Dalla ricognizione, emerge un fabbisogno di oltre 36,7 milioni di euro per rispondere alle criticità, comprese le proposte di intervento formulate nelle ultime ore da Consorzi di Bonifica, Comuni e servizi tecnici regionali. Le opere più urgenti e le misure di assistenza alla popolazione, per quanto riguarda l’idropotabile, ammontano a 11 milioni, con più di 4 milioni e 200 mila euro di già in corso o di prossimo avvio tra fornitura di acqua con autobotti, scavo di pozzi, posa di nuove condotte e di sistemi di pompaggio.
Altri 2 milioni e 700 mila euro circa afferiscono all’irriguo e, per oltre 1 milione, fanno riferimento a progettualità già in atto o in partenza: impianti di pompaggio, installazione di elettropompe e dragaggi della sezione di presa degli impianti, per fare qualche esempio.
Va aggiunta poi una quota di quasi 23 milioni di euro – la maggior parte (16 milioni e mezzo) sull’idropotabile – per interventi di riduzione del rischio residuo, da attuare nel medio termine e dunque non finanziabili con la prima fase dello stato di emergenza.
Si tratta comunque di opere non previste, a oggi, in altri percorsi di finanziamento attivi e strettamente legate alla risoluzione delle criticità.

La grande secca del Po (ph. Ansa)

EMERGENZA PO: CUNEO SALINO A OLTRE 30 KM. BERSELLI ATTACCA: NESSUNO RISPETTA LE DECISIONI PRESE

Resta grave l’emergenza siccità nel distretto del Po: le portate sono ancora molto basse, il prelievo non è stato ridotto, come chiesto settimane fa, e il cuneo salino – l’avanzamento del mare nel delta – è a oltre 30 chilometri, quota record.

Permangono l’assenza di piogge, nonostante i temporali delle ultime ore abbiano ristorato la portata, e temperature altissime.

È la sintesi dell’Osservatorio sul Po tornato a riunirsi oggi. Meuccio Berselli, segretario Autorità di bacino, avverte: “Problema solo rimandato di 10 giorni se non si rispetteranno le misure decise”, ovvero la riduzione di prelievo idrico del 20% sulle acque disponibili.

‘Basta badare al proprio orticello’ – “Alla luce di questi dati emersi oggi – ha commentato il segretario generale di AdbPo-Mite Berselli in apertura dell’incontro – a cosa serve prendere decisioni, organizzare e coordinare incontri utili con tutti i portatori di interesse, fare ricerche approfondite che costano lavoro e impegno agli staff tecnici se nessuno prende i provvedimenti amministrativi più adeguati e mette in pratica le decisioni prese aumentando, nei numeri, il prelievo ognuno badando così esclusivamente al proprio interesse ed orticello?”. In ogni caso, nonostante il temporaneo ristoro, destinato a esaurirsi in pochi giorni, sottolinea l’Osservatorio, le cinque stazioni di monitoraggio delle quote idrometriche del Po restano ancorate al livello di “siccità grave”. Questi sono in sintesi i dati delle portate in metri, rispetto alla media: Piacenza -0,88 metri, Cremona -8,20, Boretto -4,37, Borgoforte -3,83, Pontelagoscuro -7,16.

Le piogge non risolvono il deficit – Le precipitazioni delle ultime 24 ore sono state “molto utili” per gli equilibri idrologici a breve termine del Po e degli affluenti: in alcuni casi, soprattutto sui rilievi e sulle colline di Piemonte e Liguria, in tono minore su Emilia, Lombardia e Veneto, “le piogge hanno toccato anche i 58/60 millilitri, incrementando i livelli del grande fiume che in poche ore sono passati, in prossimità della foce a Pontelagoscuro nel Ferrarese, da 161 a 200 metri cubi al secondo”. Un incremento di portata che però “non risolve il problema del pesantissimo deficit esistente ma, di fatto, lo sposta, in avanti di una decina di giorni”.

È quanto emerge dalla seduta odierna dell’Osservatorio sulla crisi idrica del Po. Per ora, spiegano, si scongiura la massima conseguenza della siccità stagionale, cioè “un preventivo e dannoso stop al prelievo“. Tuttavia i prelievi, è il monito, vanno ridotti e non sono stati ridotti, nonostante la raccomandazione ai territori decisa nella seduta precedente di farlo del 20%. Se ciò fosse avvenuto, sottolinea l’Osservatorio, con la pioggia di ieri “avrebbero contribuito in maniera determinante al raggiungimento di un livello tale (circa 300 metri cubi al secondo) in grado di sollevare le necessità della gran parte delle aree considerate fino a luglio inoltrato riducendo così concretamente l’ingresso delle acque salmastre (oggi arrivate ad oltre 30 chilometri dalla costa adriatica nel Ferrarese e Rodigino) ed evitando potenziali danni irreversibili ad agricoltura locale, habitat e biodiversità”. Per queste ragioni “oggi servirebbe un prelievo sull’acqua precedentemente disponibile pari al 20% per poter equilibrare tutti gli utilizzi, proseguire l’attività irrigua e salvaguardare le zone più in sofferenza”.

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