18/6/2022 – Il tribunale di Reggio Emilia, presidente Cristina Beretti, ha letteralmente smontato l’inchiesta del pm Valentina Salvi sui fatti accaduti nella Polizia locale della Val d’Enza – con sede a Montecchio – che nell’estate 2018 portarono all’arresto del vicecomandante Tito Fabbiani, alla sospensione della sua compagna, l’agente Annalisa Pallai e successivamente anche della comandante Cristina Caggiati (licenziata e poi riassunta dall’Unione dei Comuni sulla base di una proposta transattiva del Giudice del lavoro)
Ieri il tribunale, ordinario di primo grado ha condannato il solo Fabbiani a un anno e due mesi (l’accusa aveva chiesto sei anni) per il solo “abuso di mezzi di correzione e disciplina” – reato per lo più applicato a tutela dei minori, derubricato da “maltrattamenti” , e mandato assolte Pallai e Caggiati da tutte le accuse: per loro il pm aveva chiesto rispettivamente 1 anno e 4 mesi, e un 1 anno e 6 mesi. La ex comandante era imputata di omissione di controllo e falsa certificazione di regolare svolgimento del servizio.
L’inchiesta aveva preso le mosse da un esposto anonimo inviato a diversi enti verso al fine del 2017 nel quale si denunciava il “sistema di potere” attribuito da Fabbiani e Pallai, che avrebbero abusato della loro posizione di pubblici ufficiali, con vessazioni psicologiche nei confronti dei sottoposti
“Sono cadute tutte le accuse più pesanti – ha commentato l’avvocato Gabriele Riatti, difensore di Tito Fabbiani e Annalisa Pallai – Certo, speravamo in una assoluzione completa anche per Fabbiani. Aspetteremo le motivazioni e valuteremo l’appello”.
Certo è che il Tribunale ha riconosciuto il danno a quattro agenti della Polizia locale Val d’Enza, tre dei quali si erano costituiti parte civile e che nel dibattimento avevano disegnato il quadro di una situazione di grave disagio psico-fisico per tutti: uno non riusciva più a dormire la nome a causa dell’ abuso dei “mezzi di correzione”, un altro era arrivato a licenziarsi. A loro è stata riconosciuta una provvisionale di 2 mila euro: “Le cose patite dai miei assistiti sono state dimostrate – ha dichiarato il loro legale Ernesto D’Andrea. Per procedere con un processo civile attenderemo, la prassi è automatica”.
Invece il Tribunale non ha riconosciuto i fatti per altre due parti civili, un’agente donna e un altro collega.