DI PIERLUIGI GHIGGINI
14/6/2021 – Danish Hasnain, lo zio di Saman Abbas e capoclan della famiglia pakistana del quale “tutti avevano paura”, ritenuto l’autore materiale dell’omicidio della ragazza diciottenne che non si piegava a un matrimonio combinato, è sfuggito alle autorità italiane. E’ riuscito a passare in Francia e ha avuto tutto il tempo di partire, forse, verso altre destinazioni. Non è che sia “fuggito”: è proprio scivolato tra le dita della Polizia di frontiera.
Hasnain, in fuga da Novellara dopo il delitto, aveva con sé il fratello minore di Saman, tenuto in ostaggio perché non parlasse con nessuno del delitto. Doveva passare con lui in Francia, invece il 10 maggio (dieci giorni dopo l’esecuzione della povera ragazza) i due vengono fermati al confine di Ventimiglia, controllati e portati in questura a Imperia (o in un posto di polizia) ws entrambi denunciati in stato di libertà per il tentativo di espatrio, forse perché i documenti non erano validi. Il minorenne viene mandato in una comunità alloggio in un paese tra gli uliveti della valle Impero, mentre lo zio viene lasciato libero di andarsene, sembra con la promessa di tornare al più con i proprio documenti. Cosa che non risulta sia avvenuta.
Lo zio presunto assassino, insomma, è svanito nel nulla con un’abilità non comune, grazie non solo a una mentalità criminale ma anche alle falle nella legislazione, nei protocolli amministrativi e nella comunicazione tra parti dello Stato. Per tacere del fatto che nel caso della povera Saman, il famoso “codice rosso” a tutela delle donne vittime di violenze non è scattato: eppure sparisce nella notte fra il 30 aprile al primo maggio, quando la madre islamica la consegna nelle mani dell’assassino perché Saman “disonorava la famiglia”, e i carabinieri ne accertano la scomparsa quando vanno a casa Abbas il 5 maggio e il fratello minore rivela che “sono andati via tutti”. Il ragazzo era già nelle mani dello zio, ci resta sino al 10 maggio, senza che a Novellara nessuno intervenga a tutela del minore.
Quando viene fermato alla frontiera, denunciato e lasciato libero, su Hasnain pendeva un mandato di cattura? Non per l’omicidio, perché è del 28 maggio l’ordinanza con cui il gip Ramponi accoglie le richieste di misura cautelare della Procura di Reggio Emilia a carico dello zio, dei genitori della ragazza e di due cugini. E forse nemmeno per il sequestro di persona. Tuttavia il minore, in ostaggio dello zio dal 1° maggio, giorno in cui i genitori si sono imbarcati per il Pakistan, risultava indagato dal tribunale dei Minorenni per il concorso nel sequestro dei documenti della sorella, sequestro denunciato ai carabinieri dalla ragazza già nel novembre 2020.
E allora, perché lo zio non è stato trattenuto almeno il tempo strettamente necessario per compiere accertamenti sommari a Reggio Emilia e Novellara (il tempo di un paio di telefonate), visto che il minorenne entra nella comunità dell’imperiese – dove peraltro rimane solo una notte – con il suo vero nome?
Il fratello di Saman era sotto il controllo dello zio dal 1° maggio, quando nella notte il terribile delitto era già consumato e i genitori si imbarcano alla Malpensa per il Pakistan. Hasnain si installa nella casa degli Abbas per guardare a vista il nipote testimone indiretto della tragedia, e minacciandolo di morte. Dopo il delitto, quando ormai sono soli nella cascina di Novellara, l’uomo gli rivela “piangendo” di aver ucciso la sorella, e dal quel momento la vita del sedicenne – abbandonato da madre e padre, ritenuti dalla Procura complici e anzi istigatori dell’omicidio di sua sorella- non vale più un centesimo.
Si può dire che il fermo avvenuto alla frontiera è provvidenziale per il sedicenne pakistano. Perché se è vero che lo zio Hasnain ha eseguito la condanna a morte di Saman, in Francia il nipote avrebbe prima o poi seguito la stessa sorte. Invece il trasferimento in comunità significa per lui la liberazione dall’incubo: dopo una notte molto “agitata” (forse non si sentiva ancora al sicuro) l’11 maggio il ragazzo viene rimandato ai servizi sociali di Novellara. E tornato in Emilia decide di raccontare “tutta la verità”. E’ stato lo zio Hasnain a uccidere la sorella, glielo ha confessato lui stesso, e probabilmente l’ha strangolata perché quando è tornato dai genitori, quella maledetta notte del 1° maggio “non aveva nulla con sè”. Hasnain però non dice dove si trova il corpo, e non lo dice neppure il cugino Ikram Ijaz – l’unico catturato dei cinque accusati di omicidio premeditato – che al momento tace in carcere, salvo negare ogni coinvolgimento nel delitto e riservandosi di parlare più avanti.
Perchè Saman è stata uccisa? Lo ha spiegato lo stesso fratello minore il 15 maggio agli inquirenti. Le sue sono parole agghiaccianti, comunque sincere: “Nella nostra cultura – dice – va bene quando una ragazza scappa di casa, ma quando smette di essere musulmana lei viene uccisa“.
Domanda: “Saman aveva manifestato l’intenzione di smettere di essere musulmana?”
Risposta: “Lei era musulmana ma non si comportava come tale. Nel nostro Corano c’è scritto che se uno smette di essere musulmano, deve esser sepolta viva con la testa fuori dalla terra e poi uccisa con lancio di sassi contro la testa. In Pakistan viene fatto.. Nel corano è scritto così, ma i non l’ho mai visto. Tutti i miei parenti mi raccontano queste cose“.
In Pakistan viene fatto, e ora anche nell’accogliente Emilia, che per Saman è stata una matrigna cattiva.