10/5/2021 – L’amministratore giudiziario che li gestisce li ha resi ora delle case per vacanza regolarmente affittate. Ma gli appartamenti del complesso “Le Castella” nella perla turistica di Isola Capo Rizzuto (Crotone), al centro degli interessi della cosca Grande Aracri di Cutro (e dell’emanazione emiliana della famiglia di ‘ndrangheta), hanno alle spalle una storia travagliata. Nel 2011 i proprietari Palmo e Giuseppe Vertinelli, che avevano acquistato gli immobili alla fine degli anni ’90, cercarono perfino di “piazzarli” come alloggi per poliziotti in trasferta. Ma le interdittive antimafia che sempre più spesso piovevano sui fratelli, imprenditori calabresi che si erano stabiliti a Montecchio (Reggio Emilia), mandarono a monte l’operazione. Perchè la Questura di Crotone, a cui i Vertinelli si erano rivolti per registrare gli eventuali contratti di locazione, la giudico’ “inopportuna”.
A svelare il retroscena è Federica Zaniboni, professionista che da anni, prima per conto del tribunale e ora anche dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati, cura la gestione del patrimonio dei due fratelli condannati dal maxi processo Aemilia e colpiti tra il 2014 e il 2015 da misure di prevenzione che la Cassazione ha in larga parte reso definitive. Ascoltata dalla Procura antimafia nel processo “Grimilde”, che vede alla sbarra a Reggio Emilia Francesco Grande Aracri– fratello del boss Nicolino- e i suoi figli Paolo e Salvatore, Zaniboni ha ricostruito a fatica la storia degli immobili, di cui in Calabria si occupava il commercialista “a disposizione” del clan Leonardo Villirillo, condannato in primo grado nell’abbreviato di Grimilde.
Francesco Grande Aracri e i figli, che vivevano a Brescello, non volevano dare nell’occhio nè gradivano essere al centro dell’attenzione. A testimoniarlo in aula come testimone del Pm Beatrice Ronchi è Giammarco Sicuro, giornalista Rai, che il 29 marzo del 2018 mentre si trovava nel paese della Bassa, vide il parabrezza dell’auto usata dalla troupe, parcheggiata davanti alla casa del Grande Aracri, infranto da un sasso. L’autore del gesto, come lui stesso ha confessato, era stato Salvatore Grande Aracri, 42 anni, figlio di Francesco. Che ha però affermato di aver tirato un proiettile “piccolo come un tappo di bottiglia”. Per Sicuro, era invece “un grosso ciottolo da giardino”. Per il commissario di Polizia Pescatore, infine, Salvatore Grande Aracri aveva mantenuto tutti i rapporti con la famiglia e ne curava gli affari illeciti come “emanazione” del padre che era sottoposto alla sorveglianza speciale. Il ruolo “apicale” del giovane sarebbe emerso anche nella vicenda della “punizione” inflitta a Romolo Villirillo, incaricato di gestire i flussi di denaro tra Emilia e Calabria, che si sarebbe appropriato di somme destinate al boss. Nicolino Grande Aracri lo “mise al bando”, altri colpirono Villirillo incendiando auto sue o di suoi parenti.
ASSOCIAZIONE MAFIOSA CONTESTATA A FRANCESCO GRANDE ARACRI ANCHE PER IL BIENNIO 2021-2021
E sempre nel processo Grimilde il principale indagato Francesco Grande Aracri deve rispondere di associazione mafiosa per i periodi che vanno dal 2004 al 2010 e dal 2012 al 2020. Ma ora il reato gli viene contestato dalla Dda di Bologna anche per l’arco di tempo “mancante” del 2010-2012. Lo annuncia stamattina in aula il pubblico ministero Beatrice Ronchi. In dettaglio, per un vizio procedurale, il fascicolo relativo a quei due anni non è stato aperto durante le indagini di Grimilde e, per il fratello 67enne del boss di Cutro Nicolino “mano di gomma”, è stata emessa una sentenza di “non luogo a procedere”.
La Procura antimafia ha chiesto di riprendere in mano il faldone e venerdì scorso, il gup di Bologna Sandro Pecorella, ha annullato il precedente verdetto. Una nuova udienza preliminare è stata quindi fissata il 16 giugno. Ronchi ha quindi chiesto che, se l’imputato venisse rinviato a giudizio, il procedimento venga accorpato al filone principale del processo in corso a Reggio.
(FONTE: AGENZIA DIRE)