17/5/2021 – Il movimento “Agende Rosse” torna in un’aula di Tribunale a seguire un processo di mafia. Si tratta
di “Grimilde“, in corso con rito ordinario a Reggio Emilia, con al centro gli affari della famiglia Grande Aracri di Cutro a
Brescello.
In particolare il gruppo di Modena dell’associazione è stato autorizzato dal presidente del Tribunale Cristina Beretti a presenziare (e documentare) i lavori, come già avvenuto nel maxi processo Aemilia. Lo ha annunciato oggi il
presidente della Corte Giovanni Ghini.
Anche il gruppo di Reggio Emilia punta i riflettori sul procedimento (le ultime udienze lo hanno visto presente) dopo
essere uscito dalla commissione legalità del Comune di Brescello. Al quale chiedeva un approfondimento -che non sarebbe arrivato- sulla relazione dei commissari che nel 2016 portò allo scioglimento dell’amministrazione per infiltrazioni mafiose, con particolare riferimento ad alcune operazioni urbanistiche
giudicate sospette.
Si muoveva “come un gruppo unico” la famiglia di Francesco Grande Aracri, 67 anni, fratello del
boss della ‘ndrangheta di Cutro Nicolino “mano di gomma”. Quando il capofamiglia (che dopo la condanna per mafia dei primi anni 2000 doveva presentarsi due volte a settimana dai Carabinieri con divieto di lasciare Brescello e la provincia di Reggio Emilia) non poteva agire, lo facevano per lui la moglie o i figli. A dirlo è il commissario di Polizia Saverio Pescatore, testimone d’accusa nel processo “Grimilde” per l’accusa, rappresentata dal pm della Dda di Bologna Beatrice Ronchi.
Nella nuova deposizione rilasciata questa mattina in Tribunale a Reggio, dove si svolge in primo grado il rito ordinario,
Pescatore ha inoltre di nuovo rimarcato che con il sodalizio ‘ndranghetistico emiliano e quel fratello criminale da lui definito “una pecora nera”, Francesco Grande Aracri aveva invece mantenuto intatti i legami di sangue e i rapporti d’affari, interfacciandosi con esponenti di spicco dell’organizzazione.
La Polizia bolognese lo avrebbe ricostruito passando al vaglio centinaia di intercettazioni telefoniche, che svelano retroscena di episodi particolari. Uno, dettaglia Pescatore, è quello del pranzo di Ferragosto del 2012 organizzato in Calabria dal boss Nicolino, uscito l’anno prima dal carcere dopo 10 anni di detenzione. Il fratello Francesco, allora sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, aveva chiesto al Tribunale di Reggio di potersi recarsi nella propria abitazione di Cutro per trascorrere le vacanze estive con i parenti. Il permesso però
gli era stato negato. A tavola con Nicolino, hanno appurato gli investigatori, c’erano infatti i nipoti Salvatore e Rosita Grande Aracri (figli di Francesco) e la cognata Santina Pucci (moglie di quest’ultimo).
Gli stessi figli di Francesco, Paolo e Salvatore -entrambi imputati nel processo- gestivano in modo “attivo” gli affari della famiglia. Una conversazione captata di Paolo, ad esempio, lo vede in rapporti con uno dei referenti della cosca emiliana, Alfonso Diletto (detto “la scimmia” o “Fronzo” per i più intimi) a parlare di alcuni assegni da recapitare ad una certa “zia Maria”, poi identificata in Giuseppina Mauro, moglie di Nicolino. Per quanto riguarda Salvatore, 42 anni, invece, è stato appurato che prese parte alla cena del 21 marzo 2012 nel ristorante Antichi Sapori di
Gaida. Ma lo stesso anno trattò anche con Antonio Silipo, uno dei “promotori” dell’organizzazione emiliana, un affare in provincia di Modena. Si trattava dei lavori edili di costruzione di un autolavaggio in una stazione di servizio che la
ditta dei Grande Aracri, “Eurogrande”, si accaparrò per 18.000 euro. Salvatore (che al telefono si presentò in quell’occasione come “il marmista”) se ne occupò personalmente, ma secondo Pescatore “il padre (Francesco) non era all’oscuro”. Della partita era anche una società riconducibile all’imprenditore Gino Gibertini, che nel processo d’appello di Aemilia è stato assolto.