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La persecuzione di Pagliani
“Pervicacia incomprensibile: la Procura prenda atto che il suo teorema è infondato
Parla l’avvocato Sivelli

6/5/2021 – L’avvocato Alessandro Sivelli, difensore di Giuseppe Pagliani nel processo Aemilia, insieme al professor Roberto Borgogno, non nasconde il proprio sconcerto di fronte al ricorso depositato in Cassazione dalla Dda di Bologna contro l’assoluzione di Giuseppe Pagliani -la terza assoluzione in sei anni – dall’accusa di concorso esterno nel processo Aemilia. Sivelli parla di “pervicacia incomprensibile”: “La Procura prenda atto che il suo teorema è infondato: Pagliani non ha commesso alcun reato, e lo abbiamo dimostrato senza ombra di dubbio. O forse i tre giudici che lo hanno assolto si sarebbero sbagliati? Ora il processo Aemilia purtroppo è diventato il”processo Pagliani”: e questo fattoè davvero inaccettabile”. Ecco l’intervista.

L’avvocato Alessandro Sivelli

Avvocato Sivelli, come giudica il ricorso della Dda di Bologna contro l’assoluzione dell’avvocato Pagliani nel processo Aemilia? E’ o no un accanimento che va avanti da sei anni?

Mi esimo da esprime giudizi sulle ragioni che hanno indotto la Procura a presentare il ricorso, e le rispondo  attenendomi  ai fatti. Questo ultimo ricorso è arrivato dopo un iter processuale che aveva visto, già in primissima battuta, la bocciatura del teorema accusatorio da parte del Tribunale del Riesame venti giorni dopo l’arresto, e per me il procedimento doveva arrestarsi fin d’allora; quindi è intervenuta la sentenza di proscioglimento del GUP, quindi il ribaltamento della sentenza in sede di appello, sentenza  annullata con rinvio da parte della Cassazione. Infine la nuova sentenza di appello del 23 dicembre, con una nuova pronuncia di assoluzione per non aver commesso il fatto.

Sentenza ancor più importante in quanto pronunciata dopo aver risentito ben otto testimoni su tutte le fasi più rilevanti del processo nel contradditorio delle parti.

Sono passati 6 anni ed è paradossale che il procedimento sia ancora pendente in quanto, proprio per ottenere in tempi brevi il proscioglimento l’avvocato Pagliani aveva richiesto il rito abbreviato, che come è noto si celebra con la piena utilizzazione delle prove dell’accusa. E invece accadrà probabilmente che terminerà prima il maxi processo ”Aermilia” celebrato con il rito ordinario, di quello a carico di Pagliani, il quale ancora almeno per un anno dovrà sopportare di sedersi sul banco degli imputati. Una situazione surreale. Il processo Aemilia ora sembra diventato il processo “Pagliani”.

Devo dire che obiettivamente la Procura ha fatto un grande lavoro con Aemilia – come testimoniato dalle sentenze di condanna, alcune già definitive – ma con altrettanta obiettività mi chiedo, e non so darmi risposta, perché la Procura non prende atto che il “teorema Pagliani” è infondato: lo hanno già detto tre Giudici. L’unica sentenza di condanna è stata annullata. Ecco, questo per me è un fatto davvero incomprensibile.

Le dirò di più: chi dovrebbe impugnare la sentenza di appello – ma il rito non consente che un imputato impugni la sentenza che lo ha prosciolto – è  l’avvocato Pagliani per censurare quel passaggio della motivazione in cui si sostiene ancora che Pagliani “non poteva non sapere” che incontrava dei “mafiosi”, in particolare Nicolino Sarcone: un’ illazione fondata su una mera presunzione che, pur essendo stata ritenuta giuridicamente irrilevante, è grave dal punto di vista morale e offensiva per la persona di Pagliani.

Giuseppe Pagliani

Si può allora, parlare di una persecuzione da parte della Dda di Bologna?

Le rispondo con una domanda. Le chiedo: se fosse vero che Pagliani era consapevole di incontrare “mafiosi” ed anzi avrebbe con loro stretto un patto, quale contributo avrebbe dato  con la sua condotta, all’associazione? Il tema del processo è questo, lo è stato sin dal primo momento e continua ad esserlo. Se davvero era consapevole di fare un patto con un ndranghetista, qualcuno può spiegare perchè non lo ha rispettato? Ecco perchè questo processo doveva finire dopo venti giorni: già il Riesame era stato chiarissimo nell’affermare che non esisteva il reato. Pagliani non ha mai dato nè appalti nè concessioni, e all’epoca non c’erano neppure elezioni in vista. Anzi, sui giornali aveva attaccato apertamente la mafia e mostrato apprezzamento per l’operato del Prefetto.

Su cosa si basa allora il ricorso della Dda?

Si ritorna al travisamento di fatti già sviscerati in sede processuale e risolti con la sentenza assolutoria:  le dichiarazioni dell’onorevole Berselli, l’invito alla trasmissione Poke Balle da parte di Gibertini, nella quale del resto Pagliani prese le difese del prefetto Antonella De Miro. Si afferma che partecipò a quella trasmissione per sostenere le ragioni dell’associazione, quando da un’intercettazione emerge che Gibertini invitò Pagliani proprio per metterlo in difficoltà. Ripeto, appare francamente incomprensibile la pervicacia della Dda nell’insistere su un teorema la cui inconsistenza è ampiamente dimostrata. Pagliani sarà stato un ingenuo a partecipare a quella cena alla quale peraltro parteciparono altri professionisti e una giornalista, in un locale aperto al pubblico, ma dagli atti emerge con certezza che non ha trescato con i mafiosi.

I tempi del nuovo procedimento in Cassazione?

Temo che dovremo attendere almeno a un anno. Anche per questo “Aemilia” ora purtroppo è diventato il processo “Pagliani”: un fatto inaccettabile, dopo tre assoluzioni, alla faccia del principio che la responsabilità penale va provata al di là di ogni ragionevole dubbio. I 3 giudici che lo hanno assolto si sarebbero sbagliati ?

(Pierluigi Ghiggini)

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