14/4/2021 – I piccoli azionisti di Iren si preparano a dare battaglia, nell’assemblea dei soci del 6 maggio, sui compensi dei top manager: ne chiedono il congelamento, l’agganciamento delle retribuzioni all’indebitamento e perquesto hanno scritto anche al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi, quale presidente del Patto di sindacato dei comuni soci.
La multiutility ha corretto alcune informazioni sugli aumenti delle retribuzioni ai consiglieri di amministrazione agli amministatori, sottolineando come gli scostamenti al rialzo negli emolumenti rispetto al 2019 sono dovuti al fatto che gli attuali membri del Consiglio di amministrazione si sono insediati ad aprile di quell’anno, percependo quindi una retribuzione limitata al periodo in cui sono effettivamente stati in carica. Nel 2020, invece, lo “stipendio” e’ stato calcolato sui 12 mesi pieni. Il caso più evidente è quello del vicepresidente Moris Ferretti, il cui livello retributivo è rimasto lo stesso.
Non così per il collegio sindacale che – come ha rivelato la consigliera provinciale Cristina Fantinati della Lega – chiede addirittura, sulla scorta di uno studio affidato a E&Y (ma pagato da chi?) un “adeguamento” del 67% per allineare i compensi dei suoi membri a quelli del mercato.
Nondimeno per i piccoli azionisti Francesco Fantuzzi e Fabio Zani anche gli aumenti registrati per presidente e amministratore delegato sono “sconcertanti e inopportuni sotto un duplice punto di vista: per il periodo che stiamo passando e per gli oggettivamente modesti risultati economici e finanziari conseguiti nel 2020”.
“Prendiamo atto, con piacere e stupore al contempo, che le questioni che poniamo da ormai dieci anni ora sono ritenute centrali anche dalla politica: meglio tardi che mai, con un garbato eufemismo – scrivono Zani e Fantuzzi – Gli aumenti di cui stiamo parlando, anche stavolta esprimono tutta la contraddizione che un’azienda di soci per metà pubblici quotata in borsa incarna: i cittadini si indignano ogni volta per i mega compensi all’amministratore delegato di turno, ma poi i Sindaci che li dovrebbero rappresentare votano compattamente a favore.
Non solo la pandemia avrebbe dovuto suggerire maggiore sobrietà, ma anche le risultanze del bilancio che verrà approvato nell’Assemblea del 6 maggio: il fatturato si è ridotto del 12,8%, nonostante il frenetico shopping, con margini e utili stagnanti.
Inoltre, ed è il dato più preoccupante, la posizione finanziaria netta al 31 dicembre 2020 sfiora i 3 miliardi di euro, in aumento di circa 500 milioni di euro rispetto al 2018.
Non a caso, il rapporto Pfn/Ebitda ha superato il 3%, limite che gli analisti considerano da non varcare e che deve destare preoccupazione. Ma nessuno, curiosamente, lo ha evidenziato.
Proponiamo pertanto che gli aumenti di quest’anno siano congelati e che finalmente, come richiediamo da anni, legati maggiormente ai parametri di indebitamento complessivo e consolidamento patrimoniale del gruppo, ancora insufficiente. Un amministratore delegato resta pochi anni, un socio molti di più: se ne tenga conto”.