17/4/2021 – “Abbiamo un grande bisogno di riaperture. Bisogno di arte, bisogno di ritornare nei musei, a teatro, allo stadio, al ristorante”. Il vescovo di Reggio Emilia Massimo Camisasca ha lanciato un appello per il ritorno alla vita, per la riapertura dell’Italia, in occasione della presentazione alla stampa – questa mattina nella sala convegni del Museo Diocesano – del quadro raffigurante i santi Geminiano, Elisabetta e Apollonia rubato nel 1999 dalla chiesa parrocchiale di Castelvecchio nel comune di Prignano sulla Secchia (Modena) e recuperato dopo 21 anni attraverso un’indagine sul web dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico dell’Umbria.
Camisasca ha sottolineato l’importanza di salvaguardare e costudire i patrimoni d’arte per i quali l’Italia primeggia nel mondo. e anche di restituirli ai luoghi d’origine, quando sia possibile: “Perché non i musei, ma l’idea museale in sé nasce fondamentalmente dalla rapina”. “Non potremo costruire il futuro se non prenderemo consapevolezza delle ricchezze del nostro passato. Non per gloriarcene in senso reazionario, ma perché è dal passato che si attingono le forme creative del futuro”.
Da qui la riflessione sulle riaperture, sul bisogno di conoscenza e di ritrovare le relazioni, ormai diventato indifferibile in questo tempo sospeso della pandemia. E questo significa anche tenere le chiese aperte, fronteggiando la mancanza di preti con nuove soluzioni. Anche ardite, anche affidandole in custodia ai laici: “Non voglio affatto disconoscere la figura del sacerdote, e chi mi conosce sa bene che sono sempre al centro della mia attenzione, come lo sono al centro della vita della Chiesa. Ma – ha aggiunto il vescovo – laddove mancano i preti, e ce ne sono sempre meno, bisogna raccogliere la sfida di affidare ai laici la gestione dei nostri luoghi di culto. La sfida dunque è chiese aperte, chiese custodite e figure laicali che le costudiscono“.
Il problema, un problema gigantesco per la chiesa cattolica che ha sempre meno vocazioni e un’età media crescente dei sacerdoti, è del resto evidenziato dalla vicenda emblematica del trafugamento del quadro di Castelvecchio, rubato nel 1999 dalla sacrestia dove le opere d’arte erano depositate di fatto senza sorveglianza, a causa dei lavori in corso nella chiesa di Santa Maria Assunta.
Vicenda ricapitolata con i suoi sviluppi e la recente felice conclusione nel corso della conferenza stampa – davanti alla tela del Seicento emiliano recuperata e mostrata al pubblico per la prima volta dopo vent’anni – alla quale sono intervenuti l’architetto Angelo DallAsta direttore dell’ufficio Diocesano Beni culturali (che ha effettuato il riconoscimento del quadro nel caveau dei carabinieri di Perugia), don Andrea Pattuelli, amministratore parrocchiale di Castelvecchio – presenti padre Didier e padre Jean-Marie della comunità di Regina Pacis, che curano l’attività pastorale – il sindaco di Prignano sulla Secchia Mauro Fantini (il comune è in provincia di Modena, ma è compreso nella Diocesi di Reggio Emilia), il Tenente Colonnello Guido Barbieri del Nucleo Carabinieri Tutela del Patrimonio artistico dell’Umbria al quale si deve il ritrovamento e, appunto, il vescovo Massimo Camisasca. Presenti anche il questore Ferrari, il comandante provinciale dei Carabinieri Desideri, la rappresentante della Prefettura, il commissario della Camera di commercio Stefano Landi.
Il dipinto, un olio su tela raffigurante i Santi Geminiano, Lucia e Apollonia, trafugato nel 1999, era inserito in una ancona lignea di fattura secentesca e posto in una cappella laterale, intitolata a s. Geminiano, nella chiesa parrocchiale.
L’ opera di autore ancora ignoto, verosimilmente attivo nel XVII secolo in ambito provinciale, era al centro di un’antica devozione popolare. I restauri poco accurati subiti nel tempo non sono riusciti a occultare, almeno non del tutto, la traccia di una mano d’artista non priva di doti.
In uno spazio architettonico definito da rovine classiche, trovano posto le figure di tre santi: un vescovo e due sante. Queste ultime sono immediatamente identificabili come santa Lucia, grazie all’attributo del vassoio con le pupille, e santa Apollonia, che regge con delle tenaglie un dente.
La presenza di queste due martiri dei primi secoli del cristianesimo (il cui sacrificio supremo è ricordato anche dagli angeli in volo che recano la palma della vittoria) è da correlare al grande culto che a esse è stato sempre tributato, essendo tali sante invocate rispettivamente contro le malattie degli occhi e della bocca.
In posizione isolata, con lo sguardo rivolto ai devoti, è San Geminiano (IV sec.), vescovo di Modena. Il vescovo è raffigurato mentre con il bastone pastorale schiaccia a terra una figura infernale, allusione alle capacità taumaturgiche attribuite al santo già in vita, secondo l’antica agiografia che lo voleva perfino convocato a Costantinopoli per guarire la figlia dell’imperatore Gioviano. Le stesse rovine architettoniche possono essere memoria dell’azione di questo vescovo modenese che le fonti antiche celebrano quale autore della totale conversione della città alla vera fede, con l’abbattimento dei templi pagani.
Fuoco prospettico del dipinto è appunto la Ghirlandina, celebre campanile del duomo modenese, dove dai tempi di Matilde di Canossa è conservato il corpo del santo vescovo della città estense.
IL RITROVAMENTO ATTRAVERSO IL WEB
Il tenente colonnello Barbieri ha spiegato come si è arrivati al recupero della tela di Castelvecchio. Dalla sacrestia della chiesa, nel 1999, furono rubate tre opere e una di queste fu rintracciata dai carabinieri di Monza nel 2006. Si è dovuti arrivare al 2020 per sottrarre il San Geminiano al mercato nero, e ciò grazie alle banche dati dove sono catalogate le opere d’arte rubate e alle indagini sistematiche sulla Rete dove un numero sempre maggiore di beni culturali viene messo in vendita. “Abbiamo individuato il quadro di Castelvecchio in un sito commerciale di Pisa – ha raccontato l’ufficiale – e veniva spacciato come una tela proveniente dalla Sicilia e raffigurante san Leone Magno. Però le immagini conservate in banca dati corrispondevano perfettamente. E perchèé non vi fossero dubbi, lo abbiamo sottoposto a un esperto d’arte, che ha individuato San Geminiano con assoluta certezza.
Ma “quando siamo andati dal titolare del sito commerciale, questi ha detto di non saperne nulla e di non aver mai visto quel dipinto”. A metterlo in rete era stato un suo amico che aveva costruito e gestiva il sito e che per questo era in possesso delle chiavi di accesso. Questi a sua volta – ha aggiunto il tenente colonnello Barbieri – aveva inserito l’annuncio nel sito per fare un favore a un suo amico, un commerciante di beni culturali di Foligno. E da lui, finalmente, abbiamo rintracciato il quadro rubato a Castelvecchio 21 anni fa. Era imballato e pronto a partire per la Sicilia: l’acquirente aveva già pagato una parte della caparra”. Molto presto tornerà a Castelvecchio, dove la chiesetta è in corso di restauro grazie a un contributo della Diocesi.
Il sindaco Fantini ha espresso gratitudine a Carabinieri e ringraziamento alla chiesa reggiana “che ha saputo riconoscere il valore di una parrocchia marginale ma depositaria di autentici tesori d’arte”.
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