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Il superboss “pentito”
Nicolino Grande Aracri collabora con la giustizia
Terremoto nella ndrangheta, trema la zona grigia

16/4/2021 – La notizia è di quelle destinate a fare la Storia con la esse maiuscola: Il superboss della ndrangheta Nicolino Grande Aracri ha cominciato un percorso di collaborazione della giustizia, dal carcere di Opera dove sconta una sfilza di condanne tra cui gli ergastoli per l’omicidio di Antonio Dragone (condanna definitiva), per l’assassinio di Giuseppe Ruggiero del 1992 e per sette omicidi di cui è ritenuto mandante nella guerra tra il ’99 e il 2002.

La notizia, anticipata dal Quotidiano del Sud, è stata confermata all’Ansa. Nicolino Grande Aracri avrebbe iniziato a collaborare con i magistrati della Dda di Catanzaro da circa un mese. Era appunto detenuto nel carcere milanese di Opera quando ha chiesto di incontrare i magistrati della Dda catanzarese guidati da Nicola Gratteri. Ai pm avrebbe già reso le prime dichiarazioni, probabilmente quelle previste a inizio collaborazione.

Una notizia che fa tremare una moltitudie di colonnelli, capi bastone e picciotti e soprattutto un’ampia zona grigia di collaboratori della ndrangheta nelle professioni e nelle amministrazioni sparsa dalla cosca Ionica all’Emilia, dalla Lombardia al Veneto sino alla Valle d’Aosta. La zona grigia dei “cristiani buoni” (così li definiva il superboss), la moltitudine di colletti bianchi rimasta in gran parte in ombra anche rispetto ai processi Aemilia, Pesci e agli altri procedimenti aperti in varie parti d’Italia

Nicolino Grande Aracri quando era in libertà

Perchè Nicolino Grande Aracri è il boss dei boss che comandava militarmente un esercito di almeno 500 uomini dalla sua tavernetta di Cutro. Quello che si vantava di aver “ammazzato tutti” e dello status di “crimine internazionale” riconosciutogli nei vertici dei capi in occasione della Madonna di Polsi. Che ha trasformato l’antica ‘ndrangheta cutrese in un una multinazionale del crimine guidata con pugno di ferro, sino a farla diventare la terza provincia nella mappa del crimine organizzato calabrese, dopo Reggio Calabria e Vibo Valentia . Il superboss che parla in dialetto, non conosce l’inglese ma è riuscito a riciclare 240 milioni di euro, capace di arrivare in Vaticano, nelle logge massoniche clandestine, e – come dicono – dentro le articolazioni dello Stato.

La notizia del pentimento di NGA è anticipata da Antonio Anastasi, giornalista esperto delle cosche della Calabria Jonica, nell’ edizione di oggi del Quotidiano del Sud. I magistrati della Dda, nel più assoluto riserbo, stanno valutando, la sua credibilità e quindi se riconoscergli o meno lo status di collaboratore di giustizia. Dovranno soprattutto valutare la portata delle sue dichiarazioni e lo spessore del contributo rispetto a quanto emerso in trent’anni di processi.

Processo Aemilia: Nicolino Grande Aracri in collegamento dal carcere di Opera

Di certo Nicolino Grandi Aracri si candida ad essere il “pentito” numero 1 della ndrangheta. Una decisione che nasce anche dallo sfaldamento del suo impero criminale, colpito in modo durissimo dal processo Aemilia e con la sfilza di pentimenti di cui è costellato il declino della cosca: a partire da Antonio Cortese, che era il suo braccio destro, e dal commercialista lombardo Paolo Signifredi (già presidente del Brescello calcio), passando per Giuseppe Liperoti (nipote del boss: aveva sposa una figlia del fratello Antonio) per arrivare a Giuseppe Giglio (il “genio” di giri colossali di fatture false), Salvatore Muto e Antonio Valerio che hanno “cantato” al processo Aemilia, e infine a Dante Mannolo. Ha tentato ma senza successo la stessa strada

Nicolino Sarcone

Nicolino Sarcone, considerato il vero capo della ramificazione autonoma di Reggio Emilia e condannato a 15 anni: il suo “pentimento” non è stato ritenuto del tutto attendibile dai magistrati.

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Una risposta a 1

  1. Alessandro Raniero Davoli Rispondi

    16/04/2021 alle 14:47

    Lunedì 21 giugno prossimo sono a processo presso il Tribunale di Reggio Emilia. Processo che ho chiesto io, diversi mesi fa, con decisione, all’allora Procuratore Capo Marco Mescolini, in un incontro presso gli uffici della Procura, con il luogotenente Dario Testa.
    Assente il Procuratore Capo, per “gravi problemi famigliari” ho portato all’attenzione del luogotenente Testa il mio appello contro un decreto penale di condanna, per diffamazione, che ho impugnato.
    L’accusa rivoltami da tre signori Falbo, abitanti nel comune di Casina, era di averli diffamati per aver scritto una lettera al Prefetto di Reggio Emilia, pubblicata in un articolo del 17 settembre 2016, su ReggioReport, dal titolo: “Tre nipoti di Nicolino Grande Aracri, consiglieri e candidati a Casina”. Sottotitolo “Così i parenti del boss “occupano” la politica. Clamorosa lettera di denuncia al Prefetto Ruberto.”
    La difesa dei signori Falbo davanti al PM di turno fu che: “la nonna poteva essere parente di Nicolino Grande Aracri, ma i nipoti non erano parenti ! “
    Il mio articolo criticava fortemente il PD e una lista civica, che poi elesse l’attuale sindaco, per aver fatto eleggere e poi candidare i signori Falbo, che a me risultava per informazioni raccolte essere nipoti del boss della ‘ndrina più potente, Nicolino Grande Aracri.
    A Casina era cosa nota che le famiglie Falbo, originarie di Cutro, avessero in comune la nonna paterna, sorella del boss. Come fosse possibile che la nonna sia parente e i nipoti no, dovrà essere spiegato in aula. Forse è una regola che vale a Cutro e non nel resto della Repubblica italiana !
    Ricordo la confessione di un pentito, Salvatore Muto:
    “nel 2002 Nicolino Grande Aracri, tramite Francesco Lamanna, fece eleggere un sindaco per loro piacimento, non so se proprio a Reggio città o in qualche paesino. Il politico era amico di Lamanna che inviò una imbasciata a Cutro dove Nicolino Grande Aracri poteva sbattere i pugni sul tavolo e dire: ragazzi votate a questo qua perché questo qua ci dà lavoro”.
    Ora, rimosso d’autorità il procuratore Marco Mescolini, per lo scandalo delle nomine pilotate da Palamara, attendo fiducioso un pronunciamento imparziale del Tribunale e della Procura di Reggio Emilia. Mi attendo inoltre un approfondimento a 360 gradi sulle dichiarazioni del pentito Salvatore Muto. Non è più accettabile che tutto quanto riguarda i “rapporti”, risultati nelle intercettazioni, nelle confessioni dei pentiti, della potente ‘ndrina Grande Aracri con le cooperative, con i condizionamenti della politica reggiana, i “non sapevo che fosse di Cutro”, “le fatture sono andate perdute”, “è una persona gentile e corretta”, con i “partecipanti alla processione del Santo Crocefisso” di Cutro, passi in cavalleria.
    Non sarebbe più tollerato dai cittadini onesti.

    I miei saluti ai lettori.
    Alessandro Raniero Davoli
    Consigliere comunale, capigruppo, Castelnovo Monti
    Consigliere Unione Montana (Carpineti, Casina, Castelnovo Monti, Toano, Ventasso, Vetto, Villa Minozzo)

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