20/4/2021 – Una nuova “commissione di accesso” per il comune di Brescello, dove si allungano ancora i tentacoli della ndrina Grande Aracri. E’ quando sostiene l’eurodeputata dei 5 Stelle Sabrina Pignedoli, dopo l’udienza di ieri del processo “Grimilde”, che dopo la fase del rito abbreviato è tornato per il rito ordinario nel tribunale di Reggio Emilia.
“Chiedo al ministro dell’Interno e alla locale Prefettura di verificare se vi siano i presupposti per una nuova commissione d’accesso, dopo quella del 2015”: questa la richiesta formale di Pignedoli, firmata anche dalla vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni, dalla deputata dell’antimafia Stefania Ascari, dal parlamentare guastallese Davide Zanichelli e oltre che dai colleghi Giulia Sarti, Gabriele Lanzi Marco Croatti. Richiesta che prende le mosse dalla testimonianza resa dal commissario Saverio Pescatore della Polizia di Stato di Bologna, chiamato a deporre dalla Dda, rappresentat nel processo dal sostituto procuratore Beatrice Ronchi. A giudizio dell’investigatore (impegnato in prima fila nelle indagini svolto che hanno fatto scattare l’operazione “Grimilde” nel giugno del 2019) l’egemonia della famiglia Grande Aracri, a capo della potente ‘ndrina di Cutro trapiantata in Emilia, sarebbe ancora dominante nel paese famoso in altri tempi soltanto per Peppone e Don Camillo.
La testimonianza del commissario Pescatore – affermano i i parlamentari 5 stelle- “è l’ennesima prova che a Brescello la cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri ha esercitato a lungo pressioni e intimidazioni di vario tipo sull’amministrazione comunale al fine di trarne vantaggio. Carte alla mano, bisognerà far luce su chi negli ultimi anni ha vinto appalti e ottenuto varianti ai piani regolatori, e in quale modo”.
Dunque, continuano i pentastellati, “è evidente che non è bastato sciogliere per mafia il Comune nel 2016, c’è qualcosa di più profondo, qualcosa che giustamente scandalizza i cittadini onesti e con gli occhi aperti”. Da qui l’appello in ordine alla nuova commissione, simile a quella insediata nel 2015 e che portò al commissariamento del comune, allora guidato da Marcello Coffrini, per fare luce su un quadro definito “inquietante”.
A Brescello risiede un ramo della famiglia di Nicolino Grande Aracri, il superboss della ndrangheta di Cutro e dell’ Emilia, che dopo un recente incontro con il procuratore Gratteri e la Dda di Catanzaro avrebbe avviato un percorso di collaborazione con la giustizia, percorso ancora nelle fasi preliminari. Il fratello Francesco Grande Aracri e i suoi figli, Paolo e Salvatore, sono invece al centro proprio del processo “Grimilde”. Il fratello Francesco Grande Aracri e i suoi figli, Paolo e Salvatore, sono invece al centro del processo “Grimilde” che, dopo la conclusione del rito abbreviato di Bologna (con condanne per oltre 260 anni di carcere a 48 imputati), è tornato a Reggio Emilia per il rito ordinario a carico di 22 persone.
LA TESTIMONIANZA DEL COMMISSARIO PESCATORE
Ieri dunque, le clamorose dichiarazioni in aula del primo testimone della p.m. Beatrice Ronchi, che conduce l’accusa nel nuovo troncone giudiziario contro i clan calabresi che hanno colonizzato l’Emilia. Saverio Pescatore, ha raccontato delle indagini svolte che hanno fatto emergere il perdurare del condizionamento mafioso su Brescello anche dopo 18 mesi di commmissariamento e l’insediamento di una nuova Giunta.
Il commissario ha riferito anche di due abusi edilizi commessi dai Grande Aracri segnalati in Comune nel 2007 e su cui nessuno ha fatto niente per otto anni.
Ma in aula si è sentito parlare anche di varianti “favore” ai piani urbanistici, per costruire ad esempio il famoso quartiere di “Cutrello” e il nuovo supermercato Famila, con appalti vinti da ditte amministrate occultamente da esponenti della cosca. Per il paese della Bassa Reggiana il giudizio è severo. “Abbiamo riscontrato una violazione dell’ordine pubblico – che il reato mafioso determina – di livello molto elevato e che si ritiene perduri tutt’ora per l’egemonia dei Grande Aracri”, ha detto Pescatore.
E nell’amministrazione comunale la “famiglia” vedeva “una struttura disponibile e non impermeabile al suo volere”, ha aggiunto. Al punto che la storica funzionaria del Servizio “Uso e assetto del territorio” del Comune, tra il 2008 e il il 2009, esasperata dalle continue pressioni da parte del clan, aveva chiesto il trasferimento in un’altra amministrazione, al capo opposto della provincia di Reggio. Anche nella vita privata, ha rivelato Pescatore, la funzonaria veniva fermata da persone che sapeva essere “sorvegliati speciali” perchiedere informazioni sulle pratiche edilizie di sua competenza.
Una situazione immutata in almeno tre dei passati mandati dei sindaci di Brescello, due dei quali sono stati guidati da Ermes e Marcello Coffrini (padre e figlio). Il commissario Pescatore si è soffermato poi sul profilo delle attivita’ illecite commesse e su quello degli imputati. In ordine al primo argomento spiega: “L’intestazione fittizia di beni e l’occultamento delle proprie attività imprenditoriali era una modalita’ tipica perseguita. In qualsiasi momento il sodalizio poteva contare su societa’ di cui era titolare occulto per reinvestire capitali e difendere il patrimonio, grazie ad una rete sempre florida di fittizi intermediari”.
Alcuni dei quali hanno pure fatto carriera, passando da prestanome a soci fantasma. Altri , invece, sono stati fin troppo in vista. E’ il caso di Salvatore Grande Aracri (già giudicato in abbreviato e condannato a 20 anni) che aveva le mani in pasta in così tanti affari da aver alla fine perso l’immagine di “volto pulito” della ‘ndrangheta.
Per quanto riguarda il padre Francesco, 67 anni, oggi detenuto a Novara, ha sulle spalle una sfilza di problemi con la giusitizia. Dopo una condanna per associazione mafiosa a 3 anni e mezzo emessa nel 2004 e diventata definitiva nel 2008, una confisca di beni divenuta esecutiva nel 2015, periodi di detenzione scontati tra il 2003 e il 2004 e poi tra il 2008 e il 2010, è stato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale.
Quindi, ha spiegato ancora Pescatore, “aveva scelto un profilo riservato facendo agire i figli come sua propaggine e rappresentanza, ma restando informato di tutto e comunque preposto alle decisioni”. Grande Aracri senior era videocollegato con il tribunale reggiano, come il figlio Paolo in carcere a Frosinone. In aula presenti invece alcuni altri imputati, al momento liberi o sottoposti agli arresti domiciliari.
(FONTE: AGENZIA DIRE E GRUPPI PARLAMENTARI 5 STELLE)