26/4/2021 – L’arte italiana è in lutto per la morte del celebre pittore e scrittore Nerone (Sergio Terzi): è stato uno degli esponenti più in vista del movimento naif e soprattutto – così lo ricorda Augusto Agosta Tota, suo grande amico dai tempi giovanili – “un grande creativo”, un artista multiforme che ha attraversato molte correnti ma sempre con una personalità fieramente autonoma e inconfondibile, che ha raccontato con vena surreale e irreale non soltanto un mondo fantastico ancorato al Grande Fiume, ma con pietas e sorriso amaro il mondo dei vinti, dei perseguitati dalla vita: un mondo nel quale l’artista celebrato a livello internazionale continuava a rispecchiarsi, memore del tunnel dell’alcolismo vissuto a lungo, dal quale riemerse con l’aiuto di amici ed estimatori e, soprattutto, della sua arte. .
Nerone è morto a 82 anni (li avrebbe compiuti ad agosto) al termine di una malattia senile che lo aveva rapito senza scampo: ha raggiunto la moglie, scomparsa anni fa, alle 18 di ieri nella casa protetta di Luzzara, dove era approdato arrivato dopo due settimane di ricovero all’ospedale di Guastalla.
Da molto tempo la sua casa-studio era a Gualtieri: casa che ha visto creazioni straordinarie,e un’evoluzione a tratti frenetica dell’arte di Nerone, sino a un’informale che portava alla luce con coraggio il suo mondo interiore e, in questo senso, lo collocava sul cammino di Jason Pollock.
Sergio Terzi muove i primi dolenti passi della vita a Villarotta, in una assoluta indigenza. A salvarlo,così si dice, è l’incontro con Antonio Ligabue, il cui genio accende la scintilla del suo. Di certo il rapporto col Toni è potente, al punto che Nerone ne diventa l’autista (del resto la sua mano si vede in talune celebri opere finali del maestro), ma a incoraggiarlo e a sostenerlo in modo decisivo è il grande Davide Lajolo, direttore storico de l’Unità e poi di Vie Nuove, che nei primi anni 70 riconosce in Nerone un talento come pochi.
Era un autodidatta nel senso più vero e totale del termine: aveva imparato tutto da solo, arrivando in solitudine e senza studi dove altri grandi nomi non sarebbero mai riusciti a raggiungerlo. Sergio Terzi aveva un modo tutto suo di lavorare l’opera, stressando il colore, la forma e la tela in modo impareggiabile: quel modo che riescere ad accendere di luce e consistenza ogni singolo pelo e filo d’erba tra le migliaia e migliaia di cui sono costellati certi suoi grandi quadri. Tra i gli amici annoverava letterati, intellettuali che hanno lasciato un’impronta nella storia, imprenditori e musicisti come Luciano Sangiorgi, monumentale pianista del Novecento.
Mostre eccezionali per ampiezza, contenuti e location hanno costellato i suoi trent’anni migliori, come quella di New York nel1996, poi a Gualtieri con l’imprimatur di Vittorio Sgarbi (suo grande estimatore) e l’ultima alla Casa del Mantegna di Mantova curata nel 2020 da Agosta Tota. Aveva scritto innumerevoli libri, alcuni sulla sua vita, mentre “Ulisse” Lajolo realizzò per lui un catalogo rimasto nella storia, così come nella storia rimarranno le 14 tele neroniane della Via Crucis degli Ubriachi.