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Pestavano mogli e figli anche con sedie e bastoni: tre mariti pakistani portati in carcere
Condanne a 2 anni e 8 mesi, e a 4 anni e 4 mesi

10/2/2021 – E’ una vicenda dai contenuti primordiali e raccapriccianti, quella portata alla luce nel febbraio
del 2019 dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia carabinieri di Guastalla, in un contesto di assoluta omertà per la paura delle vittime a denunciare i soprusi. Le indagini, sotto il costante
coordinamento della Procura reggiana, avevano visto tre pakistani – che con i rispettivi nuclei familiari vivevano nello stesso immobile – finire in carcere con le pesanti accuse di concorso in maltrattamenti continuati e aggravati ai danni delle loro tre mogli e dei figli minori (una decina in tutto).

All’epoca, il Gip del Tribunale di Reggio Emilia accogliendo le richieste della Procura reggiana, concorde con le risultanze
investigative dei carabinieri, aveva emesso a carico dei
tre uomini di nazionalità pakistana (un 37enne, il fratello 48enne e un loro cugino di 50 anni), un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita dai carabinieri di Guastalla.

Quindi l’iter processuale e la condanna dei tre pakistani (per due imputati a 2 anni e 8 mesi, e il terzo a 4 anni e 4 mesi) la cui sentenza è divenuta esecutiva. Così nella giornata di ieri i carabinieri di Boretto hanno eseguito l’ordine di carcerazione emesso dall’ Ufficio esecuzioni Penali della Procura di Reggio Emilia con l’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura
reggiana: hanno arrestato i tre e li hanno condotti in carcere l’espiazione della pena.
Dalle indaginiemerse che i tre pakistani, in concorso

morale e materiale tra loro, istigandosi reciprocamente, maltrattavano le loro mogli conviventi in presenza dei figli minori, e gli stessi minori con continue vessazioni fisiche e psichiche. In particolare si lasciavano andare ad eccessi d’ira, lesinavano i medicinali, urlavano per un nonnulla, colpivano anche più volte al giorno i figli con schiaffi e le mogli con pugni alla testa usando anche delle sedie, scarpe, bastoni ed altri oggetti contundenti.

L’indagine aveva preso il via da una segnalazione del servizio sociale giunta ai carabinieri, alla luce del riserbo e della scarsa collaborazione delle vittime terrorizzate dalle possibili ripercussioni.

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