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Caso Mescolini , l’ex assessore di Parma Bernini di nuovo ascoltato dai pm di Perugia
“Riaprire l’inchiesta Aemilia su potere politico e mafie”

Mentre esplode in tutta il caso del libro di Palamara e Sallusti dedicato alle deviazioni politiche della magistratura italiana (libro basato sui documenti e le memorie di un ex magistrato che di deviazioni e lottizzazioni politiche se ne intende) continua a sobbollire a Reggio la vicenda del Procuratore Marco Mescolini, per il quale si attende entro febbraio il pronunciamento della Prima commissione del Csm su un’ipotesi di incompatibilità ambientale.

Luca Palamara, a pagina 132 del libro Il Sistema , dichiara papale papale a Sallusti che Mescolini era “fortemente sostenuto dal Pd“, affermazione che va a rafforzare convinzioni non nuove sul cosiddetto “salvacondotto giudiziario” del Pd nell’inchiesta Aemilia e che soprattutto illumina di luce livida le vicende emblematiche e orribili dell’avvocato Giuseppe Pagliani (un calvario giudiziario di sei anni ) e dell’ex assessore di Parma Giovanni Paolo Bernini, entrambi di Forza Italia quindi avversari del “sistema” – e pienamente assolti dopo essere stati additati all’Italia come mafiosi.

Proprio Bernini nei giorni scorsi è tornato dai Pm della Procura di Perugia, che indagano sul sistema Palamara, per parlare ancora di Mescolini, probabilmente con nuovi documenti: Bernini sostiene apertamente da anni la contiguità politica col Pd del magistrato-chiave di Aemilia, nominato procuratore a Reggio dopo un lungo braccio di ferro nel Csm. E lo ha scritto senza giri di parole nel suo pamphlet “Storie di ordinaria ingiustizia” , prefazione di Vittorio Feltri, prima ancora che saltassero fuori le memorabili pressioni via Whatsapp sul deus ex machina di Unicost, pressioni esercitate su Palamara dallo stesso Mescolini e dal giudice reggiano Morlini, ex-membro del Csm, il quale partecipò al famigerato dopo cena all’hotel Champagne di Roma con Luca Lotti e Cosimo Ferri, regnante Gentiloni e Graziano Delrio ministro.

Giovanni Paolo Bernini

Cosa abbia detto G.P. Bernini ai pm della Procura del dottor Cantone, e quali documenti abbia mostrato, se sia stato convocato o abbia chiesto lui di essere ascoltato una seconda volta, non è dato di sapere.

Ma si può immaginare che anche in questa occasione l’ex assessore parmigiano abbia sollevato il problema di una riapertura del processo Aemilia proprio sulle connessioni tra potere politico emiliano e ambienti ndranghetisti. O almeno, è questo l’obiettivo che anima le azioni di una persona innocente finita nel tritacarne giudiziario.

“Sino a quando non si farà piena luce sul coacervo di interessi politici che hanno alimentato la ndrangheta e hanno prosperato con essa, non si potrà parlare di vera giustizia – afferma Bernini – Gli indizi puntano tutti in una direzione ben determinata, sino ad oggi rimasta fuori dai radar della magistratura. Ma io non voglio vendetta, chiedo giustizia, e sono deciso ad andare sino in fondo. Ho una famiglia, ho dei figli ed è proprio per loro, per il loro futuro che non mi fermerò, andrò avanti anche se cercheranno di bloccarmi. Per fortuna ci sono dei magistrati onesti, capaci e coraggiosi, che non si tirano indietro: sono loro oggi a salvare l’onore dell’ordine giudiziario e a tenere accesa la luce della speranza”.

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Una risposta a 1

  1. Daniele Bianchi Rispondi

    30/01/2021 alle 12:06

    In Aemilia, come per Tangentopoli a suo tempo e in altra maniera, e’ stato deciso a priori di non giudicare una parte delle due parti necessarie del e per il malaffare: la pubblica amministrazione, e con essa la parte politica che la origina e comanda. Servirebbe il processo del processo, essendo evidente che non e’ ammissibile che ad essere giudicata, prima di essere condannata, sia stata una sola delle due parti necessarie per la commissione dei fatti. Confidiamo nella Procura di Perugia.

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