DI PIERLUIGI GHIGGINI
23/12/2020 – Questo sarà il primo Natale della storia (almeno negli ultimi due o tre secoli) in cui Gesù Bambino dovrà nascere per decreto con alcune ore d’anticipo. Le messe di Natale dovranno rispettare coprifuocO e lockdown ed essere celebrate con largo anticipo sull’ora statuita dalla Tradizione: la mezzanotte, appunto. accadrà anche a Reggio: le Messe programmate in tutta la provincia (VEDERE L’ELENCO QUI) inizieranno al più tardi alle ore 20.
Questo cambiamento senza precedenti, tuttavia, non è passato come “acqua fresca”. La Chiesa si è adeguata alle esigenze dell’emergenza, ma ha fatto sapere che così non va. Ed è stato proprio il vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca, pur accettando la decisione di anticipare le messe di Natale (“Non lo trovo scandaloso, anche se non capisco perché il virus circoli meno alle 20 che alle 24″), a criticarla in modo argomentato nelle reti tv sulla stampa.
In proposito, anche don Franco Ranza, ex parroco storico di San Francesco, uno dei sacerdoti più in vista della città, ha qualcosa da dire. E lancia una proposta ai confratelli sacerdoti: “La notte di Natale celebriamo comunque la messa in solitudine alle 24, nelle nostre case o dai balconi, fedeli alla tradizione, che ha pur sempre un significato e al motto evangelico “Ciò che ascoltate all’orecchio gridatelo dai tetti” .
Don Ranza, le messe di Natale dovranno essere celebrate con l’anticipo di quattro o sei ore, anche a Reggio. Ma il vescovo Camisasca ha levato la sua voce critica. Lei cosa ne pensa?
Devo dire che una volta tanto mi trovo in piena sintonia con il vescovo Massimo. E’ stato l’unico vescovo a pronunciarsi in proposito con voce alta e forte, a livello nazionale. Ha detto chiaramente che lo Stato o l’Europa non possono regolamentare ciò che la Chiesa deve decidere. Di più: ha lanciato un monito sulla deriva in atto nella laicità dello Stato.
Mi trovo completamente d’accordo. Non è che anticipando di due ore la funzione liturgica della Notte Santa si eviti un contagio pericoloso . Rifacendomi alle parole della Conferenza episcopale, anch’io mi sento di dire: “Venite, entrate perché le chiese sono sicure“. Ogni sforzo è stato fatto e viene fatto perché le funzioni religiose possano essere seguite in sicurezza. Il vescovo Massimo si è espresso con saggezza, mettendo al primo posto la salvaguardia della salute di tutti, però sottolineando la contrarietà a uno Stato che voglia regolamentare anche ciò che spetta alla Chiesa decidere.
Io, anzi, mi chiedo se il Presidente Conte non voglia essere anche Papa: allunga i tempi di socializzazione, finalmente, ma accorcia, anzi anticipa la nascita di Cristo incarnato. Ma va tutto bene per noi preti e per tanti cristiani perchè, anche se le tradizioni contano molto per il loro significato profondo, Gesù alla fine nasce nei nostri cuori, sotto ogni latitudine e in ogni fuso orario, senza badare all’orologio.
E allora?
Sì, celebreremo la Messa entro le ore 20 della Vigilia. Però sentiamo tutti che non può bastare. Una persona che ha vissuto i terribili momenti della guerra, mi ha ricordato che quando le bombe cadevano sulla città, seminando morte e distruzione nel quartiere del Popol Giost e a Santa Croce, la gente correva in chiesa per trovare conforto e sentirsi al riparo. E allora voglio essere provocatorio, ma fedele nei secoli: noi preti dobbiamo avere oggi il coraggio dei nostri confratelli durante la guerra. E se non ora, quando?
Ma cosa significa? Non vorrà don Ranza violare le norme del coprifuoco…
Certo che no. Però mi sento di lanciare un invito a noi preti: alle 24 nella notte di Natale celebriamo comunque la Messa, anche se in solitudine. In chiesa, nelle canoniche, nei conventi, o nelle cantine, visto che siamo in tempo di catacombe e di fede coraggiosa.
Celebriamo nelle piazze vuote e silenziose, magari dai balconi, come Papa Francesco da solo in piazza San Pietro. “Ciò che vi dicono all’orecchio gridatelo dai tetti” . Celebriamo uniti nello spirito la Messa per il mondo. Che si sappia che i preti non abbandonano la tradizione che, lo ripeto, ha un significato profondo per la liturgia e per la fede. Io cercherò di fare così: celebrare alle 24 in solitudine soprattutto per chi soffre ed è solo negli ospedali.
Don Ranza, lei – sfrattato da San Francesco – è una delle “vittime”, per così dire, della riforma delle parrocchie della città voluta proprio dal vescovo, attraverso accorpamenti successivi. Cosa la preoccupa di più in questo momento?
Mi preoccupano tante cose. E’ un errore chiudere le chiese, in questo modo è inevitabile che i fedeli – e la crisi è evidente – si allontanino sempre più. Mi preoccupa al tempo stesso vedere che i Movimenti, talvolta discutibili, soppiantano le parrocchie e prendono possesso delle chiese. Mi preoccupa la sorte di San Francesco, il cui campanile ha bisogno di restauri urgenti perché pericolante, e mi chiedo quali siano gli ostacoli che impediscono l’inizio dei lavori.
E mi preoccupa una Chiesa troppo concentrata sulle questioni materiali, come le cessioni di terreni e di immobili, perché si rischia di perdere di vista la nostra missione fondamentale, che è l’annuncio della Salvezza e il soccorso spirituale del popolo di Dio. Troppe persone soffrono, non solo per la crisi economica, ma perché sono angosciate, smarrite, e stanno perdendo speranza. E allora accettiamo una chiesa più povera, ma capace di portare il messaggio di speranza di Gesù nelle case e nella città. Anche per questo credo che avere un uomo come il vescovo Massimo sia un dono e una fortuna. Non come “il vero sindaco”, come qualcuno ha scritto, semmai il contrario: il pastore spirituale che sa far vivere nei cuori, in questi tempi così difficili, il calore del messaggio di Gesù e restituire la speranza smarrita”.
abramo
24/12/2020 alle 03:35
Don Ranza ed il Vescovo Camisasca si trovano in Italia. Se fossero a Caracas dovrebbero rinviare la messa di mezzanotte di 5 o 6 ore in base al fuso orario. Pertanto tutto è relativo. Non facciamone un problema ed ognuno rispetti le norme. Più che alle forme guardiamo alla sostanza, altrimenti ognuno ha un suo diritto autonomo e l’Italia diventa il paese del caos. A meno la Chiesa si consideri un altro Stato, fuori dall’Europa, ed allora si chiuda in una certa area , vivendo di luce propria.
Fausto Poli
04/01/2021 alle 14:57
Ben scritto.