di Pierluigi Ghiggini
14/6/2019 – Metti una sera a cena alla Clinica Gastronomica di Rubiera, per rimembrare i tempi mirabili del grande Arnaldo Degoli, il fondatore, che suonava il violino per i suoi commensali-amici.
E metti un violino inedito e pazzesco, inventato da Tullio Masoni (il vigneron reggiano titolare al quinto piano di via Mari a Reggio, del vigneto più piccolo del mondo in zona Ztl,. e anche dek famoso pozzo di Garibaldi ), violino inventato, dicevamo, per «suonare» letteralmente una bottiglia di vino (bene ancorata sotto il manico e le corde) e infondere così al vino stesso la magia e i cambiamenti provocati dalle vibrazioni delle note.
Metti insomma una sera da ricordare, nata in un certo modo e finita in un altro, imprevedibile e affascinante, e che dovrà senz’altro essere ripetuta.
Dunque la cena, voluta da Roberto Bottero, nipote del fondatore e chef stellato del ristorante Arnaldo, e dalla moglie Ramona, e ideata da Diletto Sapori (al secolo il sociologo Sergio Bevilacqua) si è dipanata tra antipasti, cappelletti, il mitico carrello dei bolliti e degli arrosti e dolci favolosi, con i tempi scanditi dalla lettura davvero magistrale dell’attrice Maria Antonietta Centoducati, di storie e racconti scelti dalla biografia di Arnaldo, senza trascurare le interviste alla signora Anna, figlia di Arnaldo (e mamma di Roberto), e alle nuove generazioni della Clinica .
Nel mezzo, l’esperimento di cui si dirà: per ora unico, però destinato a numerose repliche dopo l’incredibile serata – data da ricordare – di giovedì 6 giugno 2019.
I protagonisti: tre-bottiglie- tre del raro vino Via Mari 10 di Tullio Masoni, appartenenti alla stessa annata di trenta bottiglie (tale la produzione annua del vigneto di venti metri quadrati sui tetti del centro di Reggio; la violinista e soprano Angela Amato; e il violino elettrico e arcimatto fatto costruire da Masoni al fine di suonare, appunto, il vino.
Ciascuna delle tre bottiglie è stata dunque «suonata» su brani diversi, a contatto diretto con le corde e le note, bisogna dire con fatica eroica da parte della Amato a causa del peso da parte dello strumento: la prima sul Piccolo Notturno di Mozart, la seconda su un’aria verdiana (Libiam ne’ lieti calici), la terza su un brano dalla Vedova Allegra di Franz Lehàr.
Conclusa la «sonata» di ciascuna bottiglia, ogni commensale ha ricevuto in assaggio i tre vini diversamente irrorati di note, in bicchieri separati.
Il risultato? Strabiliante. Decine di persone, tra cui diversi sommelier e persone comunque da palati e olfatti bene allenati, sono giunti alla conclusione che i tre vini, della stessa annata e di una produzione minuscola, praticamente quantistica, erano misteriosamente diventati diversi.
I giudizi non sono stati univoci: chi ha notato più carattere nel terzo , chi ha preferito il secondo. Petrò tutti hanno convenuto, con innegabile sorpresa, che i vini erano diventati diversi uno dall’altro, appunto, con differenze che in teoria non avrebbero dovuto manifestarsi.
Una suggestione collettiva, oppure le note del violino, di tre musiche diverse, hanno cambiato davvero il vino?
Chi scrive propende per la seconda ipotesi. Miracoli della musica: se il violino riesce a cambiare il vino, chissà cosa può fare se messo al servizio del miglioramento del genere umano, per ammorbidire teste dure e cuori di pietra.
Di certo una serata a suo modo memorabile, nata nel nome della poesia e della grande cucina, e conclusa nel segno di qualcosa di stupefacente, in uno spirito veramente «arnaldiano». Assolutamente da provare e provare ancora.
jaquet
21/06/2019 alle 09:51
Con intelligenza si fanno miracoli e si qualifica ulteriormente un ristorante già affermato.
Quando anche il centro storico di Reggio imparerà ?