DI PIERLUIGI GHIGGINI
3/6/2019 – Si intitola “Storie di ordinaria ingiustizia“, sottotitolo “Errore o crimine giudiziario“, edizioni Mediolanum, con prefazione di Vittorio Feltri, il pamphlet che Giovanni Paolo Bernini, ex assessore a Parma, esponente di spicco di Forza Italia, ha dedicato alla sua vicenda giudiziaria nel processo Aemilia. Bernini era finito nel tritacarne della Dda, con una richiesta di arresto (negata dal Gip, ma scrissero egualmente che era finito dentro) e sul groppone le accuse infamanti di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio mafioso.
Il p.m. Mescolini lo ha braccato sino al secondo grado di giudizio, però entrambe le sentenze – di primo grado e di appello – lo hanno visto prosciolto da ogni accusa. Nondimeno Bernini è uscito dalla vicenda duramente provato, rovinato come politico e con una lacerazione inguaribile negli affetti: il libro è dedicato al padre e al suocero, morti prima di poter vedere la conclusione della vicenda.
Bernini, in un libro scritto in terza persona, parla del suo caso in una prospettiva non consueta per tale genere di letteratura biografica: parla di se stesso alla luce di vicende parallele, e anche più eclatanti della sua, che hanno visto esponenti anche di primo piano del Pd non venire minimamente toccati non solo dal processo Aemilia, ma neppure da altre indagini giudiziarie.
“In Italia – afferma Bernini – c’è una Magistratura che, anche se talora con tempi troppo lunghi, si esprime attraverso le sentenze con grande serietà ed attenta ricerca di Giustizia, vi sono altresì Magistrati, specie inquirenti che, alla ricerca di una personale visibilità mediatica, volta ad agevolare la carriera, calpestano senza alcuno scrupolo la storia e la dignità delle persone, non guardando in faccia a nessuno pur di ottenere altri obiettivi, che non sono certo quelli di libertà e giustizia ai quali dovrebbero sempre ispirarsi”.
E a proposito del Pd, l’autore scrive: “Nonostante il Comune di Brescello sia sciolto per infiltrazioni della cosca, nonostante l’attuale Sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, viva in una casa comprata proprio dal cassiere della cosca arrestato nel Maxi Processo Aemilia, nonostante il fiume di denaro di investimenti mafiosi e di interi quartieri costruiti dalle imprese facenti capo alla cosca calabrese, non c’è un avviso di garanzia né tanto meno una richiesta di arresto nei confronti di amministratori locali ed esponenti del PD”.
In altre parole, l’accusa rivolta alla magistratura inquirente reggiana è di aver valutato con occhi benevoli gli esponenti e le vicende in cui per dritto o per rovescio entra il Pd. Ce n’è per l’ex ministro Delrio che da sindaco accompagna i consiglieri cutresi dal prefetto De Miro, e ce n’è per la storia della casa di Masone del sindaco Luca Vecchi e di sua moglie Maria Sergio, per lungo tempo dirigente all’urbanistica del comune di Reggio (quando il marito era capogruppo del Pd). Proprio alla casa di Masone – che i coniugi Vecchi acquistarono da un costruttore cutrese poi condannato in Aemilia – Bernini dedica un intero capitolo del pamphlet, mettendo in luce soprattutto l’aspetto di trasparenza politica della questione.
Ecco cosa scrive in proposito: ” L’attuale sindaco Luca Vecchi, già capogruppo ai tempi di Delrio sindaco, e la moglie Maria Sergio di origini cutrese, nominata da Delrio dirigente nel settore urbanistico in Municipio, hanno acquistato nel 2012, al grezzo, un’abitazione da una Società di Francesco Macrì, arrestato nel gennaio del 2015 appunto nell’inchiesta Aemilia, con l’accusa di essere il prestanome a Reggio Emilia del boss Nicolino Grande Aracri.
Il Sindaco Vecchi non è mai interrogato né inquisito per questo, né tanto meno si è a conoscenza che si siano svolte indagini sui termini della compravendita a grezzo della abitazione acquistata.
Il Movimento 5 Stelle chiede, in quei giorni, le dimissioni del Sindaco e della moglie da dirigente comunale e del Ministro Delrio.
I deputati grillini arrivano a dichiarare “Ci auguriamo che la signora (Sergio, compagna del Sindaco Vecchi) abbia usato metodi diversi nel periodo nel quale, scelta da Delrio, ha guidato l’ufficio urbanistica… E Delrio dimostra ancora una volta di aver sottovalutato il fenomeno delle infiltrazioni mafiose in Emilia. Per questo non può rimanere Ministro della Repubblica”.
Continua Bernini: “Il deputato grillino Luigi Gaetti, vicepresidente della Commissione antimafia, interviene sulla vicenda (e il ruolo istituzionale gli dà ragione per farlo) ma né il Sindaco Vecchi né il Ministro Delrio sono sfiorati dall’idea di dimettersi.
E perché mai dovrebbero farlo? Per l’eco delle dichiarazioni di qualche grillino in Parlamento? I deputati grillini sono in effetti gli unici a sollevare pubblicamente la gravità della vicenda dell’acquisto della casa del sindaco Vecchi e della compagna di Cutro, e dei legami perlomeno inopportuni di Delrio con la ‘ndrangheta, ma non comprendono in quel momento che la forza di Delrio, di Vecchi e di altri esponenti del PD in Emilia Romagna, la forza che gli avrebbe fatto superare un serio ed imminente pericolo – sottolinea Bernini – sta nel mancato coinvolgimento nel Maxi Processo Aemilia, nella totale impunità di cui godono nell’inchiesta e nel Maxi Processo Aemilia.
Per questo, nonostante le giuste richieste di trasparenza e chiarezza del M5S, Luca Vecchi del PD continua a fare il Sindaco a Reggio Emilia e a vivere in quella casa, comprata a grezzo da un detenuto del Maxi Processo. Graziano Delrio, oggi Capo gruppo PD alla Camera dei Deputati, non è più Ministro, ma solo perché il PD ha perso le elezioni politiche ed è cambiata la squadra di Governo, non certo per la richiesta di dimissioni proveniente dai banchi del Movimento 5 Stelle.
Ancora oggi, nel sito del Movimento 5 Stelle, i Parlamentari pubblicano le domande a Delrio, Vecchi e a Maria Sergio: “Per trasparenza verso la collettività – si legge – è disponibile a rendere pubblici gli elenchi di tutti i fornitori che hanno completato i lavori della sua abitazione dove vive con il sindaco di Reggio Emilia? La domanda che tutti si pongono è: se è stata così “attenta” nell’acquistare casa, ha usato la stessa attenzione per le pratiche sulla programmazione urbanistica di Reggio Emilia? Lei è cutrese come l’arrestato”. Si, cutrese come l’arrestato dal quale la signora Sergio ed il Sindaco Vecchi hanno acquistato casa. E qui – continua Berini – come per gli Scarpino di Parma e Reggio, consiglieri eletti con i voti della cosca calabrese, c’è un aggravante: le origini cutresi della Sergio avrebbero dovuto essere di aiuto, per distinguere i calabresi perbene dai malavitosi.
Naturalmente la signora Sergio non fornisce alcuna risposta ai deputati grillini; ognuno di noi è obbligato a rispondere delle proprie azioni solo davanti ai Tribunali e qui di indagini sull’acquisto della casa o sui lavori effettuati dopo l’acquisto, non se ne ha notizia. Ma ora c’è un nuovo Capo Procuratore a Reggio Emilia, che se ne intende di battaglie contro la ‘ndrangheta e che certamente non mancherà di aprire le indagini necessarie a fare piena luce: quella luce mai fatta durante il Maxi Processo Aemilia, dove guida la Pubblica accusa”. Naturalmente, la considerazione ha un sottofondo di sarcasmo: perché Bernini non fa sconti, e dedica un capitolo del libro “Il Pm ritira il premio” al contesto di manovre politiche e di lottizzazione (definitivo “gravissimo” da un ex alto magistrato) che hanno portato Marco Mescolini dalla Dda a capo della Procura Reggiana dopo oltre un anno di blocco delle nomine, appunto, dei nuovi procuratori di Reggio e di Parma,
Ora della casa di Masone si parla a Reggio – anche in campagna elettorale – soprattutto perchè Vecchi, in questi anni, non ha mai mostrato le fatture dei lavori di completamento, visto l’acquisto dei muri al grezzo.
Tuttavia il problema si configura, prima ancora, di trasparenza e lealtà politica.
Vecchi non poteva certamente sapere che, tre anni dopo l’acquisto della casa, Macrì sarebbe stato incriminato, arrestato e condannato nel processo Aemilia. Il problema è che per più di un anno, da quella notte di fine gennaio 2015 quando scattò la grande operazione Aemilia, si è dimenticato di avvertire della circostanza, certamente imbarazzante, il consiglio comunale, e di conseguenza i suoi amministrati. Eppure avrebbe dovuto farlo senza indugio.
Ha continuato a fare professioni di antimafia, a partecipare a dibattiti e convegni con grandi magistrati, però il consiglio comunale è venuto a conoscenza della casa di Masone solo a seguito delle inchieste giornalistiche condotte in contemporanea da Resto del Carlino , Il Fatto Quotidiano e Reggio Report.
Sotto altre latitudini, la carriera politica di Vecchi avrebbe subito una brusca battuta d’arresto, forse definitiva. Bernini, nel suo libro, si spinge più in là, almeno con i punti interrogativi.
Comunque sia, è la conferma che lo spettro della casa di Masone – anche per la sua carica simbolica – si aggira ancora in questo ballottaggio, e sarà ancora presente nel consiglio comunale prossimo venturo.
Insider
06/06/2019 alle 15:15
Paolo Bernini non venne rinviato a giudizio e fu prescritto perchè l’allora legge sul voto di scambio politico-mafioso votata da Pd (Renzi) e Forza Italia era labile nella definizine del “metodo mafioso”. Con la nuova legge targata Movimento 5 Stelle e votata da Lega e Leu oggi Bernini avrebbe scritto questo interessante libro dal carcere.
giovanni nocentini
12/09/2020 alle 10:59
Caro Bernini,
Avrei bisogno di acquistare unacopia del tuo pamphet.
A Parma dove lo posso trovare??? grazie AvvNG 339 3745641
Michele
02/06/2022 alle 15:04
Desidero acquistare il Suo libro ma non riesco a trovarlo.
L’ho conosciuto e sentito ad Arezzo il 1/6/22 Al convegno del referendum sulla Giustizia.
Dove posso trovare la pubblicazione?
Grazie Michele Curcio
3481389785