di Gabriele Corsi
21/5/2019 – La puntata televisiva Report (RaiTre) realizzata da E. Bellano e andata in onda la sera di martedi 20 con un titolo quanto mai significativo, “La Porcata”, ritorna dopo oltre 1 anno di denunce (di ReggioReport, della Voce di Reggio Emilia e testate specializzate) a parlare di Prosciuttopoli con ulteriori, importanti e inquietanti notizie sulla più grande frode italica che coinvolge il Prosciuttop di Parma Dop e il San Daniele Dop.
Il disciplinare dei due prosciutti dop prevede che l’inseminazione delle scrofe sia fatta da maiali duroc italiani, ma da oltre 10 anni mangiamo prosciutto anche da duroc danese, perché sono state macellate – nello stesso periodo- circa 1 milione e seicentomila cosce di maiali (20% della produzione dop) provenienti da scrofe inseminate con seme duroc danese. Il duroc danese è più redditizio rispetto a quello italiano, perché i maiali sono pronti in meno mesi (e meno mangime e costi), più pesanti, più magri e con meno grasso. Il prosciutto è buono ma di minore qualità, ed è stato pagato dai consumatori un prezzo superiore al dovuto (anche più 50%).
A partire dalle Procure di Torino e Pordenone, dopo le verifiche ministeriali e le inchieste dei NAS, sono scattate denunce per associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio, falso, contraffazione dei marchi e truffa ai danni della UE.
Per ora sono 200 gli indagati, con indagini anche della Procura di Reggio Emilia, e sono stati commissariati-dal Ministero agricoltura- per circa 6 mesi gli enti di controllo Istituto Parma Qualità (IPQ), presidente il reggiano Ugo Franceschini, e Ifcq per il San Daniele.
Il filone torinese si è concluso il 17/5 con vari patteggiamenti-oltre 10- fino a 14 mesi di reclusione più multa e 6 società condannate per responsabilità amministrativa.
E’ ancora in corso il filone il filone di indagini reggiano: i nomi di allevatori e aziende coinvolte non sono noti.
Dalla puntata di Report emerge che tutta la filiera –allevatori, veterinari, macelli, prosciuttifici, ecc..- sapeva e che c’è un enorme conflitto di interessi perché gli Enti terzi , i Controllori IPQ di Parma e Ifcq di San Daniele preposti a vigilare e controllare sono di proprietà dei Controllati. Il Consorzio del Parma dop, ASSICA associazione industrie carni e salumi, e U.NA.PRO.S. unione nazionale allevatori suini sono i proprietari dell’ente Ipq per il Parma, mentre per il San Daniele i proprietari sono sempre ASSICA e il Consorzio: “controllore e controllato si sovrappongono”.
Ma lo scoop della puntata è che da gennaio ad aprile 2019 è continuata la produzione -1 su 3- di prosciutti dop non conformi al disciplinare (possibile frode nel casod i suini di peso oltre i 176 kg) come si evince dall’elenco di 4.617 partite di maiali e dalla mail (in esclusiva) presentato da Report. Il dott. Stefano Salvarani -membro del Consiglio direttivo dell’Ente di certificazione IPQ di Parma- nella mail, inviata l’11 aprile, ai vertici delle Associazioni agricole-allevatori e a Ugo Franceschini presidente IPQ, scrive che “se si iniziasse a far rispettare la legge, per ogni suino macellato superiore ai 176kg di peso, oltre all’esclusione dal circuito DOP, bisognerebbe pagare una multa di 2.000 euro”. L’email si conclude dicendo che “a breve saremo tutti in multa oltre la denuncia per frode!“.
Siamo di fronte a uno scandalo che rischia di travolgere una delle eccellenze agroalimentari italiane.
L’INCHIESTA DI REPORT: LA PORCATA
Emanuele Bellano, collaborazione di Alessia Cerantola e Greta Orsi
Le eccellenze del DOP prosciutto di Parma e prosciutto San Daniele sono il fiore all’occhiello della produzione italiana di salumi. Ogni anno generano un volume d’affari di circa un miliardo di euro e rappresentano la gastronomia italiana in tutto il mondo. Per essere immessi in commercio devono ricevere il marchio DOP del consorzio di tutela che supervisiona la produzione, e garantisce che il disciplinare, cioè il rigido regolamento definito e codificato in secoli di tradizione, sia rispettato. Un’indagine condotta dalle procure di Torino e Pordenone ha accertato che nella filiera di questi due prosciutti sarebbe stata largamente usata carne di maiale danese, non ammesso dal regolamento. Circa un milione di prosciutti è stato sequestrato dagli inquirenti. In totale i prosciutti a cui è stato revocato il marchio DOP sono circa il 20 per cento della produzione annua di Parma e San Daniele. Documenti esclusivi in nostro possesso ci permettono di affermare che la frode sarebbe ancora in essere.
I DOCUMENTI DELL’INCHIESTA
Pubblichiamo un documento riservato di cui siamo entrati in possesso nel corso della nostra inchiesta. Si tratta dell’elenco di 4.617 partite di maiali macellati per il circuito della DOP (Prosciutto di Parma e Prosciutto di San Daniele). In totale riguardano circa 500 mila maiali e quindi circa un milione di cosce di prosciutto. Come risulta evidente dalla colonna “Ricalcolo peso vivo” ognuna delle 4.617 partite in questione ha un peso vivo medio dei maiali macellati superiore ai 176kg.
Sia il disciplinare del Prosciutto di Parma che quello del Prosciutto di San Daniele prescrivono la seguente limitazione per i suini: “I tipi genetici utilizzati devono assicurare il raggiungimento di pesi elevati con buone efficienze e, comunque, un peso medio per partita (peso vivo) di chilogrammi 160 più o meno 10%”. Significa che le partite di maiali destinate ai circuiti DOP del Parma e del San Daniele non possono superare il peso medio di 176kg al momento della macellazione (176kg = 160kg più il 10% cioè 16kg).
Di fatto tutte le 4.617 partite di maiali contenute in questo documento (circa un milione di prosciutti) non rispettano il disciplinare e pertanto non dovrebbero essere usate per produrre prosciutti DOP (Parma e San Daniele). Eppure (colonne “Num Certificato”, “Data CUC”, “Qta suini certificati”) risultano avere tutte un certificato CUC (Certificazione Unificata di Conformità), documento redatto da allevatore e macellatore che attesta che quei suini rispondono ai requisiti previsti per le DOP, compreso ovviamente il limite di peso di macellazione non superiore ai 176kg.
Pur dovendo essere esclusi dalla DOP questi prosciutti a quanto pare sono invece stati avviati a stagionatura e diventeranno prosciutti di Parma e di San Daniele.
Il limite di peso dei suini nelle DOP non ha un valore formale ma sostanziale in quanto può essere spia dell’utilizzo di genetiche non ammesse (per esempio “Duroc Danese”) e di una non soddisfacente qualità della carne.
Che la questione sia nota anche a chi deve certificare e controllare la filiera DOP risulta evidente dal secondo documento di cui siamo entrati in possesso e che qui pubblichiamo: una corrispondenza email tra i vertici dell’Istituto Parma Qualità, l’ente di certificazione autorizzato dal ministero dell’Agricoltura e deputato al controllo della DOP del Prosciutto di Parma. Nelle mail uno dei membri del Consiglio Direttivo dell’Istituto Parma Qualità, Salvarani, scrive che se si iniziasse a far rispettare la legge, per ogni suino macellato superiore ai 176 kg di peso, oltre all’esclusione dal circuito DOP, bisognerebbe pagare una multa di 2.000 euro. L’email si conclude dicendo che “a breve saremo tutti in multa oltre la denuncia per frode!”. La mail è stata indirizzata l’11 aprile anche al presidente dell’istituto, Ugo Franceschini.
Flaiana
22/05/2019 alle 11:21
Non ci son più i maiali di una volta.
Fausto Poli
28/05/2019 alle 14:34
Ce ne sono di razza. In Parlamento.
Antonio
30/05/2019 alle 13:02
Qui i problemi sono tre:
uno grave allevatori che ingrassano maiali non idonei, per far reddito.
uno lieve e inevitabile, che nella partita dei maiali alcuni passino i 176 kg.
Però come dice l’articolo si indagherà tutti e quindi nessuno.
Intanto gli allevatori onesti chiuderanno e gli altri no!
Rimane il terzo problema che è quello di fondo, sono anni che i maiali costano 1.50€/kg ca. Provate voi a allevarlo e nutrirlo per 9 mesi e a viverci. Impossibile, se non realizzando mega allevamenti che sappiamo benissimo a cosa portano! oppure inventando stratagemmi come quello del maiale vietato, o peggio alimentazioni vietate/ di origine incerta, ma a basso prezzo.