23/3/2019 – In occasione dell’inaugurazione del restauro e del recupero funzionale dell’area dei Chiostri Benedettini di San Pietro, viene allestita nel complesso una mostra dedicata al passato dei chiostri che ripercorre la storia dei benedettini e della loro influenza in Europa. Un’influenza che passa anche dalla nostra città dove a metà del 1500 i benedettini acquisiscono l’area compresa tra la via Emilia e le vie Samarotto e del Follo e danno il via alla costruzione del monastero di San Pietro.
La mostra “Chiostri Benedettini di S.Pietro a Reggio Emilia. I Benedettini e la diffusione della cultura in Europa”, allestita al primo piano, si avvale di numerosi supporti tecnologici ed è pensata per valorizzare i nuovi spazi restaurati e offrire al pubblico “un’immersione visiva” all’interno della storia dei Chiostri benedettini attraverso video installazioni. La scelta di rappresentare la storia dei luoghi con strumenti innovativi di comunicazione visiva si lega al più ampio progetto di valorizzazione dell’area dei chiostri, che vede nell’investimento verso l’innovazione, la creatività, lo sviluppo d’impresa uno dei suoi tratti salienti.
L’esposizione, curata da Carlo Baja Guarienti, Roberto Marcuccio e Luigi Grasselli, è stata ideata come installazione permanente. Terminata la fase di inaugurazione sarà riallestita in forma stabile all’interno degli spazi dei Chiostri, quale introduzione alla visita e all’utilizzo del complesso monumentale.
La mostra si articola in diverse sezioni: L’origine dell’ordine benedettino; I Benedettini e la diffusione della cultura in Europa; I Benedettini in Emilia Romagna. Le tappe e gli insediamenti principali; I Benedettini a Reggio Emilia. I primi insediamenti e il monastero di San Prospero extra muros; I Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia; Il De prospectiva pingendi di Piero della Francesca e gli antichi trattati di prospettiva come possibile base teorica.
Le origini dell’ordine benedettino
La diffusione del monachesimo in Occidente avviene a partire dal VI secolo grazie a San Benedetto. Nato a Norcia nel 480 da famiglia senatoria, Benedetto si allontana giovanissimo dalla vita mondana per intraprendere un cammino di crescita spirituale che lo porta, dopo tre anni di vita eremitica a Subiaco, a ispirare la creazione di una rete di comunità monastiche nell’Italia centrale. Nel 529 fonda Montecassino dove vivrà fino alla morte. Qui stende la Regula monachorum, sintetizzata nel motto ora et labora, che prescrive ai monaci una vita scandita dai ritmi della preghiera, del lavoro e del riposo sotto l’autorità di un abate.
I monasteri benedettini diventano presto centri di riferimento non solo per la loro funzione religiosa, ma anche per quella economica, sociale e culturale.
La diffusione dell’ordine. I monasteri benedettini e la diffusione della cultura in Europa
I monasteri diventano centri fondamentali per la ricostruzione del tessuto economico e sociale europeo: a partire dal VII secolo il modello benedettino si afferma in Francia, in Inghilterra e in Germania e lo stesso Carlo Magno fa copiare la Regola, di cui conserva un manoscritto ad Aquisgrana.
L’ordine riveste un ruolo di primo piano anche nella diffusione del Cristianesimo nell’Europa settentrionale: benedettini sono Sant’Agostino di Canterbury, inviato da papa Gregorio Magno a evangelizzare i Sassoni alla fine del VI secolo, e San Bonifacio , apostolo della Germania nell’VIII secolo.
È per la parte giocata dall’ordine nell’unificazione religiosa e culturale del continente che il 24 ottobre 1964 San Benedetto sarà proclamato da papa Paolo VI patrono d’Europa.
Congregazioni e abbazie benedettine
Nel IX e X secolo l’ordine benedettino attraversa una crisi da cui esce grazie a un profondo movimento di riforma: quello cluniacense, partito dall’abbazia borgognona di Cluny . Un abate di questo monastero, Ugo, è ricordato per il suo ruolo di mediatore fra papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV nell’incontro di Canossa del 1077 .
Nei secoli successivi l’ordine vede la nascita di altre congregazioni: fra le prime e più influenti, quella camaldolese, quella olivetana, quella vallombrosana, quella silvestrina e quella dei celestini.
Dalla congregazione cluniacense nasce alla fine dell’XI secolo, mosso da un desiderio di ritorno al motto ora et labora, l’ordine cistercense.
All’osservanza benedettina sono state sottoposte nei secoli alcune delle più importanti abbazie d’Europa: quella di Westminster a Londra, quella di Mont Saint-Michel in Normandia, quella di San Gallo in Svizzera, quella di Reichenau in Germania, quella di Citeaux in Borgogna, quella di Melk in Austria.
I chiostri di San Pietro
Il chiostro piccolo – Con la demolizione del monastero di San Prospero extra muros, i benedettini si trasferiscono all’interno delle mura cittadine. Fra il 1511 e il 1517 acquisiscono un’area che comprende l’antica chiesa di San Pietro e l’attiguo ospedale e infine commissionano la costruzione di un nuovo monastero.
Il 15 luglio 1524 l’orafo e scultore Bartolomeo Spani è incaricato di realizzare le colonne del chiostro piccolo, che risulta ultimato nel 1535 . Il risultato è uno spazio improntato a semplicità ed equilibrio, con un richiamo ai modelli dei chiostri benedettini medievali.
Dalle misure e dal ritmo degli elementi che costituiscono il chiostro piccolo (così come dal rapporto con le misure del chiostro grande, modellato sulla successione di Fibonacci) traspare un profondo sapere teologico e matematico, una capacità di comprendere e riproporre nello spazio architettonico il significato simbolico dei numeri e l’armonia delle proporzioni.
Il chiostro grande – La fabbrica del chiostro grande e della nuova chiesa di San Pietro, che dovrà sostituire quella antica, è documentata dalla fine del 1541, e proseguirà con ripetute interruzioni, concludendosi solamente nel 1622 .
La tormentata vicenda costruttiva, la cui realizzazione è affidata nella prima fase ai cugini Alberto Pacchioni, figlio di Leonardo, e Roberto, si riflette nella stratificazione di due momenti stilistici diversi: se il piano interrato con la sua partizione in otto arcate per lato rispecchia probabilmente gli equilibri della concezione originaria del complesso, l’alzato propone un impianto manierista riconducibile al modello (o forse direttamente al progetto) di Giulio Romano.
Le fasi successive – Nel 1783 il duca Ercole III d’Este decreta la soppressione del monastero e l’imponente complesso è trasformato in Ritiro delle Dame. Durante il governo rivoluzionario i chiostri di San Pietro diventano prima magazzini e poi sede del Tribunale. Con la Restaurazione e il ritorno dei duchi d’Este, il complesso, ristrutturato da Domenico Marchelli in armonia con la rivisitazione neoclassica di quel tratto della via Emilia, viene adibito a educandato delle fanciulle.
Un ultimo intervento di restauro e ampliamento, commissionato nel 1861 a Pietro Marchelli e realizzato solo in parte, conferisce al complesso la funzione militare che manterrà fino alla fine del XX secolo.