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Casse vuote, Pd appeso a un filo anche a Roma. Il capogruppo Delrio in testa alla lista dei parlamentari morosi

9/2/2019 – Non solo a Reggio il Pd è a mal partito (e non è un gioco di parole). Le casse sono drammaticamente all’asciutto non solo in via Gandhi, per l’incredibile buco di due milioni accumulato in sette anni da Festa Reggio, ma piangono anche a Roma, al Nazareno, tanto da far temere per la stessa sopravvivenza del partito erede del Pci, nelle sue varie declinazioni, e della Margherita di derivazione democristiana. La situazione è veramente drammatica, tuttavia non molto seria: il tesoriere Francesco Bonifazio che ormai non sa più a quale santo rivolgersi ha scritto una lettera accorata al capogruppo dei deputati Graziano Delrio, a quello del Senato Andrea Marcucci e al presidente del partito Matteo Orfini invocando aiuto per mettere rimedio a una “situazione incresciosa e ingiustificabile”.
Il fatto è che numerosi parlamentari sono morosi, e non hanno versato (nei dieci mesi trascorsi da inizio legislatura) in tutto o in parte i 1500 euro al mese imposti dal regolamento del partito più il ticket d’ingresso di diecimila euro al momento della elezione. Non è un grande sforzo
, in fondo, per deputati e senatori che intascano ogni mese tra i 12 mila e i 17 mila euro, eppure dal conto “contribuzioni dei parlamentari” mancano a oggi ben 460 mila euro.
Fra i parlamentari morosi – come scrive il Corriere della Sera – spiccano proprio il capogruppo di Montecitorio, l’ex sindaco di Reggio ed ex ministro Graziano Delrio in compagnia dellex ministro della Giustizia Orlando e il senatore Matteo Richetti da Sassuolo, in altri tempi spin doctor di Matteo Renzi e oggi braccio destro del candidato alla segreteria Martina.

  Altri morosi sono i senatori Franco Mirabelli, Daniele Manca ed Ernesto Magorno. Tra i deputati il Corriere cita Maria Chiara Gadda, Chiara Gribaudo, Enrico Bruno Bossio e Antonello Giacomelli. Tutti, l’uno l’altro non hanno versato contribuzioni per  8 mila- 10 mila euro.
Forse Delrio, che notoriamente ha sulle spalle la famiglia più numerosa di Montecitorio, può accampare qualche valida scusante rispetto ai  colleghi. Tuttavia non è proprio bello vedere come in testa alla lista dei morosi vi sia proprio il capogruppo, per giunta reggiano doc (città dove, com’è noto, si dice in modo perentorio “paga i debit”), che per ruolo e formazione dovrebbe dare l’esempio.
Anche perchè quei soldi in gran parte, si dice trecentomila euro, dovrebbero alimentare i fondo per i dipendenti, non molti, rimasti a libro paga del partito. Fondo che ora è “per metà vuoto”. Amaro e fulminante  il commento di un dipendente: “E’ venuta a mancare anche la solidarietà in questa casa, che la casa di tutti”.
Non è comunque una novità: Nella passata legislatura il partito arrivò ai decreti ingiuntivi verso una sessantina di parlamentari. È l’ex presidente del Senato Pietro Grasso fu condannato da giudice a versa 83 mila euro al partito. Il tesoriere oggi si augura che a tanto non si debba più arrivare, anche perchè il Pd fa acqua da tutte le parti, le emergenze si moltiplicano e, nell’attesa messianica del nuovo segretario, scrive il Corriere, “la vita del partito sembra appesa a un filo”. 

 

 

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