di Alessandro Bettelli
“Non so più che fine ha fatto mio figlio, nè che sorte lo attende. Aiutatemi” Dopo che Reggioreport.it ha pubblicato per primo la drammatica vicenda del reggiano Mattia Giberti, arrestato in Sri Lanka lo scorso 7 febbraio insieme a un 26enne israeliano, per detenzione di 90 grammi di cocaina, e considerato l’interesse istituzionale che la nostra notizia ha innescato, ha preso contatto con il nostro giornale una madre coraggio, Lucia Catania, di Pordenone, il cui figlio è detenuto nel carcere di Colombo dallo scorso aprile.
Dieci mesi di detenzione in un Paese straniero, dal quale le notizie su suo figlio trapelano col contagocce. Lucia Catania – che appena ricevuta la notizia si è premurata di contattatare l’ambasciata italiana in Sri Lanka, e non sa più a chi affidarsi per avere notizie certe sulla situazione processuale del figlio, Antonio Consalvo di 33 anni – ora ha deciso di lanciare un appello: “Aiutatemi a capire che fine ha fatto mio figlio e cosa ne sarà di lui”.
Signora Lucia, quando e dove è stato arrestato suo figlio?
E’ stato arrestato all’aeroporto di Colombo lo scorso maggio, mentre era in transito per imbarcarsi su un volo che lo avrebbe riportato in Italia dalla Thailandia.
Perché hanno arrestato suo figlio?
Aveva con sé della marjiuana, ma non so indicarle il quantitativo.
Quindi?
Appena lo hanno arrestato gli hanno permesso di fare una telefonata e lui ha informato della cosa il padre, che, a sua volta, mi ha informato. Io non ho perso un istante e ho contattato l’ambasciata. Ma nonostante ciò, da allora è cominciato il calvario…
In che senso?
Nel senso che il processo di mio figlio da ben 10 mesi viene continuamente rinviato ogni 15 giorni. Mi hanno spiegato che procedimenti come quello di mio figlio vengono celebrati ogni due mercoledì.
Motivi del rinvio?
Inizialmente mi avevano spiegato che il rinvio era connesso alla necessità che prima del procedimento venissero analizzate le sostanze detenute da mio figlio. Ma ormai sono state analizzate, eppure…
L’ultima volta che ha parlato con suo figlio?
Non posso parlare direttamente con lui. Io chiamo l’ambasciata la quale mi riferiva quanto l’avvocato di Antonio, Mr. Ahmed Munasudeen, riferiva loro.
Perché “riferiva”?
Perché pochi giorni fa, a seguito di una mia e-mail inviata per sapere se il pacco alimentare che avevo spedito per mio figlio gli fosse arrivato, l’ambasciata mi ha informato che da tempo l’avvocato di mio figlio non risponde più nemmeno a loro. Mi sono fatta dare i contatti di questo avvocato, che parla solo inglese e quindi sono costretta a scrivergli col traduttore, ma nemmeno a me ha sino ad ora risposto.
Ma l’Ambasciata è in costante contatto con suo figlio?
Poco. Dal giorno dell’arresto sono andati a trovarlo solo due volte, dopodiché si affidavano a questo suo avvocato.
Lei ha parlato di “pacco alimentare”: solita premura di “mamma italiana” o suo figlio ha realmente necessità di generi di prima necessità?
Il carcere di Colombo non dà cibo ai detenuti, pertanto loro sono tenuti a pagarselo di loro tasca.
Quindi suo figlio come fa ad approvvigionarsi?
L’ambasciata mi ha riferito che il suo avvocato, di tanto in tanto, gli porta i soldi per l’approvvigionamento.
Chi sta pagando l’avvocato di suo figlio?
A questo non so risponderle. Credo lui personalmente ma non so in che modo.
Lo stato di salute di suo figlio?
So che ha avuto una bronchite e che ha avuto un’infezione, ma è un po’ che non ho sue notizie.
Come passa le giornate?
A fare nulla: è detenuto in uno stanzone con altri 70-80 detenuti, nessuno italiano, senza letti e dormono, a turno, per terra.
In Sri Lanka per i reati connessi agli stupefacenti non scherzano: l’ambasciata le ha detto suo figlio?
Mi hanno detto che per detenzione di marijuana non è prevista la pena di morte, ma altro non so. Ed è proprio quello che vorrei sapere…