8/12/2018 – Cinquantaquattro milioni di spesa, 167 mila tonnellate di rifiuti all’anno da almeno tre province (Piacenza Parma e Reggio), ciminiere alte trenta metri, centinaia di mezzi al giorno, un’area grande quanto 34 campi di calcio. E’ la carta d’identità del mega impianto che Iren intende realizzare a Gavassa – in un’area che interessa Reggio, Correggio e San Martino in Rio per lo smaltimento della frazione organica dei rifiuti. Tecnicamente è un «digestore anaerobico» con produzione di gas destinato a diventare metano per autotrazione e per produrre l’energia elettrica necessaria ad alimentare l’inceneritore.
Contro questo progetto, sul quale peraltro la Regione Emilia-Romagna ha presentato ben 175 osservazioni, che potrebbero portare anche a modifiche sostanziali, si è mobilitato il coordinamento provinciale dei Comitati ambiente.
In questi giorni è stata lanciata una petizione su change.org contro l’impianto Iren, con l’obiettivo di raccogliere migliaia di firme. La petizione chiede di fermare il progetto, considerato inutilmente costoso, sovradimensionato e e pericoloso per la salute, e al tempo stesso di rivedere le politiche inerenti il ciclo dei rifiuti.
«Chiediamo di riconsiderare l’intera progettualità della questione rifiuti – afferma Emiliano Codeluppi – e anche la localizzazione: ci chiediamo perchè un megaimpianto destinato a servire mezza regione, con un traffico aggiuntivo di centinaia di mezzi pesanti sulle strade, mentre si potrebbero realizzare impianti più piccoli, uno per provincia, a un costo paragonabile o non molto superiore a quello previsto per Gavassa».
L’impianto, sostengono i quindici Comitati del coordinamento, non sarebbe così ecosostenibile come si vuol fare apparire, e lo conferma la quantità di osservazioni della Regione: mai un progetto di natura ambientale aveva ricevuto tanti rilievi. Qualcosa, evidentemente non va.
Senza considerare l’impatto urbanistico e sociale su una zona ad elevata vocazione agricola.
« E’ strano il fatto che Iren non abbia presentato un piano economico completo insieme al progetto. D’altra parte, si consideri che ogni giorno, sempre secondo Iren, serviranno 130 mezzi pesanti, ma il cosiddetto «biometano» che sarà prodotto potrà alimentare non più di 190 mezzi. Francamente – sottolinea Codeluppi – non si vede dove sia una vera convenienza economica».
Infine, sottolineano i Comitati, «il bilancio ambientale e l’impronta ecologica di questi impianti non sono affatto rassicuranti. La digestione anaerobica ha molte controindicazioni dovute alla combustione del biogas per produrre energia elettrica che rilascia in atmosfera sostanze inquinanti e anche cancerogene (formaldeide, diossine) e oltre a immettere anidride carbonica nell’atmosfera, causa la formazione di nanopolveri. L’esposizione prolungata a queste sostanze può causare gravi danni alla salute».
IL TESTO DELLA PETIZIONE
Da Marzo 2018 è stato depositato in Regione un progetto di “IMPIANTO DI DIGESTIONE ANAEROBICA DELLA FRAZIONE ORGANICA DEI RIFIUTI CON SUCCESSIVA RAFFINAZIONE DEL BIOGAS A BIOMETANO IN COMUNE DI REGGIO EMILIA (RE) PROPOSTO DA IREN AMBIENTE SPA” che si prevede di costruire nell’APEA di Gavassa-Prato al confine tra i Comuni di Reggio Emilia, Correggio e San Martino in Rio: 54 Milioni di Euro di spesa, 167mila Tonnellate di rifiuti all’anno provenienti da almeno tre Province (Piacenza, Parma e Reggio), 170mila metri quadri di consumo di suolo agricolo, ciminiere di 30 metri di altezza, centinaia di mezzi al giorno.
Il bilancio ambientale e l’impronta ecologica di questi impianti non è affatto rassicurante: la digestione anaerobica ha molte controindicazioni dovute alla combustione del biogas per produrre energia elettrica che rilascia in atmosfera sostanze inquinanti e anche cancerogene (formaldeide, diossine), e oltre a immettere nell’atmosfera CO2 causa la formazione di nanopolveri. L’esposizione prolungata a queste sostanze può causare vari e gravi danni, cronici e irreversibili, alla salute umana. La digestione anaerobica inoltre produce del digestato con elevati rischi microbiologici e di elevata fitotossicità, infine del percolato e scarti che devono a loro volta essere smaltiti come rifiuti speciali pericolosi in discarica. Il compost che esce da questi impianti si trascina dietro svariati inquinanti ed è di qualità agronomica molto inferiore, oltre al fatto che sequestra meno carbonio per riconsegnarlo al terreno. Questa tipologia di impianti ha inoltre un bilancio energetico abbastanza discutibile (con rifiuti che circolano per centinaia di chilometri) e solo con l’accesso agli incentivi statali (che di fatto triplicano i profitti che si realizzerebbero anziché andando realmente su libero mercato) si evita di chiudere in perdita il ciclo produttivo. Quasi sempre questi incentivi sono il vero core business di tali impianti. Pagheremo l’impianto con le bollette, paghiamo l’energia prodotta, paghiamo gli incentivi, pagheremo in termini di prevenzione primaria sulla salute. I problemi che si pongono sono quindi molteplici: emissioni in atmosfera, polveri sottili, odori, scarti e rifiuti, rumori, rischi sanitari, rischi idrogeologici, traffico, inquinamento, consumo di suolo agricolo, ricadute sul valore immobiliare dei terreni e delle abitazioni.
Una Delibera della Regione Emilia Romagna del 2011 vieta (salvo particolari eccezioni urbanistiche) la produzione di biogas nel comprensorio di produzione del Parmigiano-Reggiano. La vigente Legge Regionale sui Rifiuti non prescrive nessun particolare obbligo impiantistico per tecnologia, dimensione e aree di conferimento in merito al trattamento della frazione organica. La recente Direttiva Europea sull’Economia Circolarestabilisce che la digestione anaerobica, per il fatto che recupera più energia che materia, adesso è un processo gerarchicamente inferiore alla digestione aerobica che quindi viene sancito sia la metodologia da preferire, sia in relazione al recupero di materia organica sia ai rischi emissivi e incidentali. Riservandoci inoltre di agire congiuntamente in separata sede per il risarcimento dei danni patrimoniali (sul valore degli immobili, attività e altro) e non patrimoniali che deriveranno personalmente agli abitanti in zone limitrofe in conseguenza dell’edificazione dell’impianto
CHIEDIAMO
ai Sindaci e alla Regione Emilia Romagna di
FERMARE LA PROCEDURA AUTORIZZATIVA di questo impianto al fine di
● Prima di qualsiasi infrastruttura arrivare a una raccolta differenziata porta a porta meno disomogenea sui territori e spinta al massimo attraverso la tariffa puntuale, previsto anche dalla pianificazione regionale sui rifiuti.
● Incentivare la riduzione dei rifiuti organici promuovendo il compostaggio domestico e di comunità.
● Privilegiare soluzioni impiantistiche aerobiche per il solo compostaggio, meno costose, meno rischiose, meno climalteranti e che recuperano più carbonio per i terreni.
● Uscire dalla logica della grande infrastruttura di area vasta (priva di riscontri effettivi sull’economia di scala) e pianificare più impianti e medio piccoli di solo compostaggio aerobico suogni territorio provinciale.
COORDINAMENTO PROVINCIALE COMITATI AMBIENTE E SALUTE – REGGIO EMILIA
Daniela
08/12/2018 alle 22:26
Sono molto preoccupata per i possibili rischi sulla salute dell’ uomo e per l’impatto ambientale che questa opera comporterebbe.
Dea bIZARRI
08/12/2018 alle 22:49
Grave responsabilità : valutare l’incidenza sulla salute delle persone e del clima. Grazie.
Davide
09/12/2018 alle 15:24
Vecchi intanto fa l’indiano e a Gavassa si presenterà a giochi fatti.. alla faccia della partecipazione..
Antonio
09/12/2018 alle 16:40
Come fate a scrivere tante inesattezze in una sola pagina?
Pierluigi
09/12/2018 alle 22:52
Si spieghi meglio, grazie.