1/1/2018 – Sono in carcere da ieri sera quindici condannati del processo Aemilia – tra quelli ancora a piede libero – tuttim condannati per associazione mafiosa: sono ritenuti elementi di spicco della consorteria ndranghestista che ha spadroneggiato per decenni nel reggiano. La richiesta di arresto immediato, avanzata dalla Dda, è stata accolta dal collegio dei giudici Caruso (presidente) Cristina Beretti e Rat. Le misutre sono state eseguite intorno alle 18 dai carabinieri di Modena e di Piacenza.
E’ già in carcere Giuseppe Iaquinta, condannato a 19 anni di carcere: in difesa del padre in aula era insorto alla lettura della sentenza il figlio Vincenzo, campione del mondo di calcio, gridando “Siete ridicoli, vergogna, vergogna” all’indirizzo dei giudici.
A sua volta Vincenzo Iaquinta è stato condannato a due anni per il possesso illegale di un revolver, una pistola e 126 proiettili. Il difensore Carlo Taormina ha definito “abnorme” la sentenza a carico del campione, che non ha mai avuto problemi con la giustizia ma al quale non è stata nemmeno riconosciuta la sospensione condizionale. Nel caso di Giuseppe Iaquinta, invece, Tarmina ha sottolineato che i pronunciamenti del tribunale del Riesame e della cassazione hanno confermato la mancanza di prove a suo carico. E nessuno ha potuto riferire di qualche specifico affare di Iaquinta con i presunti associati”. Tradotto in carcere anche Eugenio Sergio (23 anni tra rito ordinario e abbreviato) parente di Maria Sergio, e che secondo i pentiti avrebbe chiesto dei voti al boss Lamanna per il marito della nipote, il sindaco di Reggio Luca Vecchi.
I carabinieri sono andati a casa anche dei fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli (quasi 30 anni a testa) noti costruttori montecchiesi di Cutro, ritenuti strategici negli affari del clan ndraghestista; nonchè di Alfredo Amato e Francesco Amato (19 anni di carcere ciascuno, ma Francesco non è stato ancora rintracciato) , di Carmine Belfiore (21 anni e 8 mesi), di Antonio Muto classe 1971, 20 anni e 8 mesi, di Luigi Muto (16 anni col rito ordinario) e Antonio Crivaro condannato a 19 anni. Tradotti in carcere anche Graziano Schirone di Montecchio , Carmine Arnea (Cadelbosco Sopra, 12 anni e 6 mesi) Francesco Lomonaco (19 anni e 6 mesi), Moncef Baachaoui (19 anni) e Graziano Schirone di Castelvetro ( 17 anni in totale). Non va in carcere invece Alfonso Paolini, scarcerato a suo tempo dal Riesame e messo agli arresti domiciliare per problemi di salute ritenuti incompatibili col regime carcerario.