12/10/2018 – Il processo Aemilia, primo grado, è alla conclusione. Martedì 16 ottobre, come da programma, il collegio giudicante presieduto da Francesco Maria Caruso, si ritirerà in camera di consiglio, ma solo dopo aver ascoltato le eventuali dichiarazioni degli imputati, molti dei quali sono in carcere da fine gennaio 2015, cioè dalla notte in cui scattò il blitz delloperazione Emilia: la più grande operazione e anche il più grande processo contro la ndrangheta insediata nel Nord Italia con il clan cutrese di Nicolino Grande Aracri.
In apertura dell’udienza numero 194 Caruso ha dichiarato ufficialmente la conclusione della fase dibattimentale e l’ingresso, appunto martedì prossimo in camera di consiglio per scrivere la sentenza per i 148, che per motivi di sicurezza (e logistici) sarà redatta negli uffici della Questura reggiana. Giovedì è tornato a prendere la parola da una località segreta il collaboratore di giustizia Antonio Valerio, testimone chiave dell’accusa. ciò tra i brontolii della difesa, che in questa ulteriore deposizione ha visto una forzatura che lederebbe i diritti degli imputati.
Valerio, con i consueti toni istrionici, ha ribattuto agli avvocati che hanno cercato di demolirne la credibilità e, leggendo per oltre un’ora un memoriale, ha rimarcato l’inattaccabilità della sua ricostruzione del sodalizio malavitoso radicato a Reggio Emilia.
E parlando del «passato, presente e futuro della ‘ndrangheta a Reggio Emilia», ha ipotizzato scenari inquietanti.
«Sono certo che anche Tommaso Buscetta si alzerebbe dalla bara per complimentarsi con Valerio, perchè era un pentito troppo avanti per i mafiosi di quel periodo storico – ha detto Valerio – Oggi è il medesimo momento storico della ‘ndrangheta qua a Reggio Emilia e i vuoti di meraviglia e di stupore e sconcerto, come quelli dei primi uomini che guardavano il mondo, ve li ha colmati Valerio con la guida e con la verità».
Dove c’e’ stato un omicidio, ha detto il pentito, «ho messo nomi e cognomi, autori e fatti come si sono svolti. Sull’associazione ho fatto centinaia di nomi e cognomi di partecipanti alla ‘ndrangheta», con riscontri «precisi gravi e concordanti e non solo per i fatti di sangue del 92». Ma oggi c’è una fase nuova, quella di una ‘ndrangheta a Reggio Emilia «autonoma, evoluta e tecnologica».
Una ‘ndrangheta “5.0” in cui «i vecchi dogmi e il nuovo vanno a braccetto, ma è il nuovo che avanza».
«Non illudetevi che la ‘ndrangheta sia finita con l’operazione Aemilia – ha sostenuto – Si sta riorganizzando con metodi nuovi e non mancano le giovani leve. Io stesso ne incontrai almeno una ventina nel bar ‘Revolution’ dei fratelli Muto. A Reggio Emilia siete tutti, nessuno escluso, sotto uno stadio di assedio e di assoggettamento ‘ndranghetistico che non ha eguali perche’ nemmeno i terroristi arrivarono a tanto. Non e’ finito niente».
Ha continuato Valerio: «Il potere non lo mollano e la linea di comando c’è. Dopo Carmine Sarcone c’è Beppe (Giuseppe) Sarcone e gli Amato (Alfredo e Francesco, sinti imputati nel processo) creano instabilità nella consorteria, ma possono aspettare, devono aspettare. Oppure devono sparare se vogliono il comando come abbiamo fatto noi cutresi nel 90».
Secondo il collaboratore poi «ora sono le donne a comandare questa associazione da quando i mariti i fratelli e i cognati si trovano in carcere» e «gli appartamenti in permuta sono la criptovaluta spendibile cash della ‘ndragheta. Meglio dei bitcoin».
Minkia
13/10/2018 alle 09:55
Era meglio quando c’era solo il profumo di sisso.
Ora c’è solo il sisso.
Ciao Ghiggio 😉