Archivi

Processo Aemilia verso la conclusione: chieste anche le attenuanti per il pentito Valerio, e l’assoluzione per Bianchini

20/9/2018 – Ad Antonio Valerio, collaboratore di giustizia e autore delle rivelazioni chiave del processo Aemilia contro la ‘ndrangheta, vanno riconosciute non solo la “diminuente” prevista per chi decide di aiutare gli inquirenti “nella sua massima estensione”, ma anche le attenuanti generiche. Lo ha chiesto nell’udienza del processo Aemilia (una delle ultime prima della camera di consiglio,prevista dal 16 ottobre) l’avvocato  Civita Di Russo,  del foro di Roma, che ha sostituito il precedente difensore del pentito, Alessandro Falciani, “licenziato” da Valerio stesso.

Antonio Valerio in una foto d’archivio di diversi anni fa

Nel suo intervento, il difensore ha risposto  indirettamente ai suoi colleghi che assistono gli altri imputati, la cui strategia e’ stata a più riprese quella di sminuire l’attendibilità di Valerio e degli altri collaboratori. “Valerio- esordisce Di Russo- ha iniziato a fare il suo percorso collaborativo in un momento successivo a quello degli altri, quando il processo era avviato, ma effettivamente il collaboratore Valerio è  di grandissima importanza. Non si può negare il quadro che ha fornito proprio per l’importanza del ruolo da lui ricoperto nell’ambito di quella stessa associazione criminale che lui stesso ha confessato”. Inoltre, “lui non si è fermato solo ed esclusivamente a parlare dei singoli reati che gli sono stati contestati, ma ha fatto dichiarazioni  eteroaccusatorie, ha parlato dei singoli imputati e delle responsabilità di ognuno nell’ambito dell’associazione, ha parlato della genesi ‘ndranghetistica di questa associazione che oggi è presente qui sul territorio emiliano. Un’associazione che naturalmente trova la propria forza nella ‘ndrangheta calabrese della famiglia di Cutro”.

Valerio (non solo in aula ma in centinaia di pagine di verbali, ndr) “parla dei rapporti che vi erano tra i vari esponenti emiliani, di cui lui stesso faceva parte, e parla dei momenti anche di contrasto tra loro: se non potevano essere risolti fra di loro, (gli associati) si rivolgevano in autonomia, cioe’ in automatico alla ‘ndrangheta di Cutro, cioe’ a Grande Aracri che poteva dirimerli”. E ancora, sottolinea il legale, “Valerio parla di come era organizzata sul territorio questa associazione, di come veniva applicato il metodo mafioso e di come attraverso l’applicazione di questo metodo venivano commessi di volta in volta i vari reati. Quindi ci da’ obiettivamente un grande spaccato di come questa associazione agiva e di come umiliava attraverso il proprio operato le condotte di imprenditori o altri personaggi che invece volevano comportarsi in maniera seria e onesta”. La “forza di Valerio, come lui stesso ci racconta, è che aveva una sorta di statuto speciale nell’ambito dell’associazione criminale, poteva muoversi in autonomia su tutto il territorio dell’Emilia e questo gli ha consentito di conoscere e raccontare alla Procura, e quindi anche a questo tribunale, tutti i meccanismi che mai si sarebbero potuti conoscere se non ci fosse stata la sua collaborazione”. Indubbiamente infatti “la Procura aveva fatto indagini lunghissime ma i collegamenti reali tra tutte le ipotesi investigative sono stati poi resi possibili dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia”. Di Russo evidenzia inoltre che Valerio “ha anche aperto sviluppi investigativi diversi, sui quali la Procura sta oggi continuando a lavorare. Quindi ha una portata assolutamente indispensabile nel processo”.

Insomma “una cosa e’ certa: la collaborazione di Valerio e’ piena, con riscontri critici, con dichiarazioni auto ed etero accusotatorie. Per questo ci sono tutti i caratteri per cui al collaboratore debba essere riconosciuta la diminuente richiesta dal pubblico ministero ex articolo 8. nella sua massima estensione”. L’avvocato ritiene poi “che ben possano essere concesse anche le attenuanti generiche che potrebbero di fatto sembrare un doppione dell’attenuante per la collaborazione, ma in realtà no.

Questa attenuante viene infatti concessa sulla base della valutazione di quanto la collaborazione sia stata utile e premiante nel dibattimento e quindi a fini della sentenza stessa. Le attenuanti generiche riguardano tutt’altra storia”. Riguardano infatti “gli aspetti della persona ed e’ evidente che il comportamento che Valerio ha assunto dopo la collaborazione muove i fili dalla collaborazione stessa. Lui ha operato un reale cambiamento di vita passando da un sistema di illegalita’ in cui era entrato quando era ragazzo ad un sistema di legalità e lo ha fatto nel giro di pochissimo tempo”.

Inoltre “sa benissimo che la scelta che ha fatto e’ una scelta definitiva di rottura con questa sua precedente esperienza di vita perchè quando ci si mette contro l’associazione non si può tornare indietro, sai che metti a rischio la tua stessa vita e quella dei tuoi familiari.

Quindi è una scelta che si fa quando si è coscienti”. Dunque, conclude Di Russo, “ritengo per questo che, oltre alla diminuente, debbano essere concesse al mio assistito anche e soprattutto le attenuanti generiche”. A conclusione dell’intervento, infine, il legale ha depositato una memoria sull’ excursus dei reati continuati, cioe’ commessi negli ultimi 3 anni dopo gli arresti del 2015.

Nella stessa udienza l’avvocato Giulio Garuti ha chiesto l’assoluzione per l’imprenditore modenese Augusto Bianchini, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa insieme alla moglie Bruna Braga e ai tre figli, accusati in sostanza di fare da prestanome per schivare le interdittive che colpivano le aziende di famiglia. Secondo il legale, non vi sono prove del fatto, sostenuto dalla Procura, che le aziende di Bianchin facessero da paravento alla cosca.

E infatti nel caso della  Bianchini costruzioni “non c’e’ stata alcuna difesa della cosca per l’azienda nè viceversa, perche’ i Bianchini si sono sempre difesi sostenendo di non conoscere l’identità mafiosa dei presunti associati con cui sono entrati in contatto”. Garuti ha inteso così  smontare una specifica tesi accusatoria, che avrebbe visto le imprese di Bianchini funzionali agli interessi della cosca emiliana, collegata alla casa madre di Cutro con a capo la famiglia Grande Aracri. Tirando le somme di quanto affermato nel lungo dibattimento, in corso da quasi tre anni, il difensore afferma poi: “La discussione ha pesantemente incrinato l’impostazione accusatoria relativa alla posizione dei miei assistiti, direi che le ha tolto forza”.

E Garuti ne elenca anche i motivi: “I pentiti Antonio Valerio e Salvatore Muto non sanno chi sia Bianchini, le intuizioni investigative della Procura sulle collaborazioni di Bianchini con gli associati non hanno portato a nulla di fatto e non ci sono prove che le aziende del mio assistito fossero ‘a disposizione’ della cosca”. Il legale, congedandosi dalla Corte che il 16 ottobre si riunirà in Camera di consiglio, per emettere la sentenza, ha rinnovato poi la richiesta di assoluzione per gli imputati aggiungendo “di avere avuto la fortuna di partecipare ad un processo come questo, che tutti i miei colleghi dovrebbero avere almeno una volta nella vita, per quello che ho potuto imparare”. Un verdetto di non colpevolezza è stato chiesto inoltre nel corso dei lavori di questa mattina anche dalla difesa dell’imputato Sergio Bolognino.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *