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Incendio di via Monti Urali
Rapporto Ausl-Arpae: per alcune ore diossine anche 100 volte oltre il limite

27/9/2018 – Il vasto incendio che ha distrutto la IdoLight di via Monti Urali a Reggio Emilia, mandando in fumo oltre al capannone, tonnellate e tonnellate di materie plastichee  generando una densa nube di fumo che, spinta dal forte vento, ha reso irrespirabile per ore l’aria in gran parte della città, ha rilasciato una notevole quantità di diossine, sia pure per «breve tempo». Il 95% sono «diossine fra le meno pericolose per la salute» in relazioni ai noti effetti  cangerogeni di queste sostanze.

La nube che si leva dal deposito di via Monte Urali in fiamme

La notizia è contenuta del rapporto diffuso giovedì dal servizio Igiene pubblica dell’Ausl di Reggio Emilia e l’agenzia ambientale Arpae, sui risultati delle prime analisi dei campioni d’aria raccolti durante l’incendio. Anche se Arpae e Ausl specificano di ritenere «improbabili effetti novici cronici sulla salute della popolazione» in ragione della breve durata dell’esposizione, non per questo la notizia è meno inquietante

«Nella fase più intensa dell’incendio quando era presente in atmosfera una evidente nube nera – si legge nel rapporto – è stata misurata nell’area sottovento una elevata concentrazione di diossine totali pari a 33,8 pg/m3 I-TE. (picogrammi per metro cubo, I-TE sta per «tossicità equivalente», ndr.) Questo valore è stato determinato dal forte incendio e dalla combustione del materiale plastico di varia natura presente nel capannone. Questo livello è stato registrato per ore, dalle 14,30 del 24 settembre – quando è scoppiato l’incendio – sino alle prime ore del mattino del 25 settembre.

L’incendio di via Monti Urali: allerta nube tossica

Nelle stesse ore, la concentrazione di diossine rilevata nelle stazioni di rilevamento di Viale Timavo e del Campus San Lazzaro era inferiore ai range di riferimento di 0,04-0,30 pg/m3 (picogrammi per metrocubo, in altri termini milli-miliardesimo di grammo ), a dimostrazione che le zone con i valori più alti erano quelle in cui il vento spingeva i fumi di combustione».
Ora, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità al range di riferimento è proprio pari a 0.04-0.30 pg/m3 I-TE per le aree urbane: quindi i campioni rilevati al San Lazzaro sarebbero rimaste nei limiti.
Ben diversa la considerazione per i 33,8 picogrammi rilevati nella zona sottovento investita in pieno dalla nube nera (che, come noto, ha determinato anche la chiusura di un tratto di strada). Una zona dove abitano e lavorano centinaia, forse migliaia di persone, e che ha subito un inquinamento da diossine – sia pure le meno pericolose – oltre cento volte superiore ai limiti fissati dall’Oms.
«Circa il 95% delle diossine rilevate nei campioni appartiene a quelle meno pericolose per la salute, anche in relazione ai possibili effetti cancerogeni, mentre la più pericolosa per la salute (TCDD), è risultata inferiore al limite di rilevabilità strumentale».
Non meno preoccupanti le misurazioni sull’inquinamento da idrocarburi policiclici aromatici (Ipa). In questo caso il valore di riferimento della qualità dell’aria è pari a 1 ng/ m3, valore della media annuale).
«Nel campionamento effettuato nelle 15 ore successive all’inizio dell’incendio – scrivono Ausl e Arpae – è stata misurata una concentrazione di IPA totali pari a 20 ng/m3 (nanogrammi per metro cubo)». Ora, il valore di riferimento della qualità dell’aria è pari a 1 nanogrammo per metro cubo come valore della media annuale. «Tra gli idrocarburi policiclici aromatici rinvenuti nei campioni, la concentrazione del benzo-a-pirene, conosciuto per i suoi possibile effetti cancerogeni, è di 1,3 ng/ m3». La concentrazione, nelle prime ore della nube tossica è stata dunque superiore di circa 20 volte i limiti di legge.

L’incendio nell’azienda di via Monti Urali

Il rapporto rileva comunque che, anche a seguito delle misure precauzionali adottate (invito a chiudere le finestre e a non sostare all’aperto) si sono registrati «pochi casi di pazienti con sintomi irritativi o infiammatori a livello cutaneo, congiuntivale, respiratorio che si sono presentati in Pronto Soccorso e dimessi senza necessità di ricovero».
E come detto, i picchi di diossine «sono riconducibili ad una esposizione di breve durata, ed è improbabile che si verifichino effetti cronici nocivi sulla salute delle persone».
Le analisi continuano, anche sul terreno e le foglie verdi. L’Ausl invita a un «accurato lavaggio di frutta e verdura coltivate negli orti privati e ad aerare degli ambienti».

L’incendio domato in via Monti Urali: ma alcune parti del capannone sono ancora incandescenti e continuano a levarsi del fumo tossico.

IL COMUNICATO CONGIUNTO INTEGRALE DI AUSL E ARPAE

Aggiornamento delle ore 17 del 27 settembre

I primi dati forniti da Arpae relativamente alle concentrazioni degli inquinanti sui campionamenti eseguiti nella zona interessata dall’incendio, hanno rilevato la presenza di tracce di aldeidi e sostanze volatili (benzene, toluene e percloroetilene) con valori inferiori ai 1 µg/m3 (microgrammi per metro cubo). In un solo punto di campionamento sono stati rilevati benzene e toluene con valori attorno ai 2 µg/m3. E’ stata inoltre confermata l’assenza di acido cloridrico in tutti i campioni.

I parametri di riferimento utilizzati per valutare questi dati sono quelli della “Qualità dell’Aria”  fissate dal  D.Lgs.155/2010.

In particolare, per quanto riguarda il benzene, il valore della media annuale è fissato in  5 µg/m3 e i valori medi trovati a Reggio Emilia presso la stazione di monitoraggio Arpae di viale Timavo, variano attorno ai 2 µg/m3 in funzione delle condizioni di traffico e meteorologiche stagionali.

Considerato che i composti volatili quali benzene, toluene e aldeidi derivano anche dal livello di traffico autoveicolare, i livelli di sostanze volatili misurati a seguito dell’incendio non sono risultati superiori ai valori normalmente determinati in assenza di emergenza e addirittura le  concentrazioni di aldeidi sono state rilevate in tracce.

I campionamenti hanno permesso di valutare anche i livelli di diossine e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), analisi che hanno richiesto tempi più lunghi di esecuzione.

Nel campionamento effettuato nelle 15 ore successive all’inizio dell’incendio, dalle 14.30 circa del 24 settembre alle prime ore del mattino del 25 settembre, nella fase più intensa dell’incendio quando era presente in atmosfera una evidente nube nera, è stata misurata nell’area sottovento una elevata concentrazione di diossine  totali  pari a 33,8 pg/m3 I-TE (picogrammi per metrocubo). Questo valore è stato determinato dal forte incendio e dalla combustione del materiale plastico di varia natura presente nel capannone.

Nelle stesse ore, la concentrazione di diossine rilevata nelle stazioni di rilevamento di Viale Timavo e del Campus San Lazzaro era inferiore ai range di riferimento 0,04-0,30 pg/m3, a dimostrazione che le zone con i valori più alti erano quelle in cui il vento spingeva i fumi di combustione.

Circa il 95% delle diossine rilevate nei campioni appartiene a quelle meno pericolose per la salute, anche in relazione ai possibili effetti cancerogeni, mentre la più pericolosa per la salute (TCDD), è risultata inferiore al limite di rilevabilità strumentale.

Con il termine diossine, si indica un gruppo di 210 composti chimici aromatici policlorurati, ossia formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro per lo più di origine antropica (derivati da attività umane), particolarmente stabili e persistenti nell’ambiente, tossici per l’uomo, gli animali e l’ambiente stesso.

Tutti gli studi pubblicati in letteratura concordano sul meccanismo di formazione delle diossine: se si sottopongono a combustione materiali organici in cui sia presente cloro legato, se ne producono in quantità e qualità diverse in funzione della temperatura e dell’ossigeno presente. Basse temperature di combustione, indicativamente tra 500 e 600 °C e bassi valori di ossigeno, sono condizioni che favoriscono la loro formazione.

Tra i molteplici effetti sull’uomo, si evidenzia il possibile effetto cancerogeno associato prevalentemente alla presenza di 2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-p-diossina (TCDD) ad oggi classificato cancerogeno di categoria 1 dallo IARC (Agenzia Internazionale per la ricerca sul Cancro di Lione). La concentrazione complessiva delle diossine si esprime in “tossicità equivalente” (I-TE) che tiene conto delle concentrazioni dei singoli componenti e delle loro tossicità rapportate al composto più pericoloso  (2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-p-diossina).

Il range di riferimento suggerito della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è pari a 0.04-0.30 pg/m3 (picogrammi per metrocubo) I-TE per le aree urbane (1 picogrammo corrisponde ad un milli-miliardesimo di grammo).

Altra misurazione effettuata ha riguardato gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), che sono composti formati da due o più anelli aromatici che derivano prevalentemente dalla combustione incompleta di materiale organico (il valore di riferimento della qualità dell’aria è pari a 1 ng/m3, valore della media annuale).

Nel campionamento effettuato nelle 15 ore successive all’inizio dell’incendio, è stata misurata una concentrazione di IPA totali pari a 20 ng/m3 (nanogrammi per metro cubo); tra gli idrocarburi policiclici aromatici rinvenuti nei campioni, la concentrazione del benzo-a-pirene, conosciuto per i suoi possibile effetti cancerogeni, è di 1,3 ng/ m3 (1 nanogrammo corrisponde ad 1 miliardesimo di grammo).

 

Possibili effetti acuti sulla salute

La durata relativamente breve della fase di emergenza e le misure di tutela della salute adottate in termini precauzionali, quali l’indicazione di non sostare in luoghi aperti, rimanere all’interno degli edifici chiudendo porte, finestre e impianti di ventilazione, giustifica la presenza di pochi casi di pazienti con sintomi irritativi o infiammatori a livello cutaneo, congiuntivale, respiratorio che si sono presentati in Pronto Soccorso e dimessi senza necessità di ricovero.

 

Possibili effetti cronici sulla salute

Le concentrazioni di diossine e di IPA misurate nei campioni eseguiti fino ad ora, pur avendo avuto un picco di concentrazione nella fase più intensa dell’incendio, sono fortemente diminuite nelle prime ore della mattina del giorno successivo, al cessare dell’emergenza nell’area interessata, rientrando nei limiti di norma.

Infatti, il campionamento del 25 Settembre, nella medesima area interessata dalla direzione dei fumi scaturiti dall’incendio, ha dato un valore di diossine pari a 0,19 pg/m3 I-TE, indicando una drastica riduzione della loro concentrazione e rientrando nel range suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per le aree urbane.

Nel medesimo campione, la concentrazione di IPA totali misurata è di 1.3 ng/m3, indicando una notevole diminuzione della loro concentrazione;  anche la concentrazione di benzo-a-pirene si è fortemente ridotta passando a 0.04 ng/m3, dato ben al di sotto del valore di riferimento della Qualità dell’Aria pari a 1 ng/m3 (valore della media annuale).

Poiché questi picchi sono riconducibili ad  una esposizione di breve durata, è improbabile che si verifichino effetti cronici nocivi sulla salute delle persone.

 

Il monitoraggio continua

Arpae e Azienda Usl continuano il monitoraggio dei livelli di diossina nell’aria e hanno attivato il controllo su altre matrici (terreno e foglie verdi), per verificare l’eventuale diffusione di questi inquinanti. Al momento le uniche misure da adottare a titolo precauzionale riguardano un accurato lavaggio di frutta e verdura coltivate negli orti privati e l’areazione degli ambienti.

La Direzione del Dipartimento di Sanità Pubblica             La Direzione Arpae di Reggio Emilia

 

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