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Strage Tribunale, lo Stato condannato in Cassazione: deve pagare un milione e mezzo ai parenti delle vittime

23/8/2018 -Il ministero di Giustizia dovrà risarcire un milione e mezzo di euro ai parenti delle vittime perché ritenuto responsabile, per omissioni sulla sicurezza, della strage nel tribunale di Reggio Emilia avvenuta il 17 ottobre 2007. Quel giorno il 40enne albanese Clarim Fejzo si presentò in aula, durante la sua udienza di separazione, armato di pistola e uccise la moglie Vjosa, 37 anni, e il cognato Arjan Demcolli che tentava di disarmarlo. Colpì di striscio anche l’avvocato della donna, Giovanna Fava, poi fu ucciso da un poliziotto.

A 11 anni dai fatti è arrivata la Cassazione si è espressa in modo definitivo e ha rigettato il ricorso da parte dello Stato, dopo l’appello che aveva confermato la sentenza civile di primo grado, seppur diminuendo la cifra in quanti superava i massimi tabellari previsti. La Corte presieduta dal giudice Uliana Armano ha dichiarato inammissibili diversi punti del ricorso presentato dall’Avvocatura dello Stato, e

dunque ha condannato il Ministero a pagare.

Il risarcimento dovrà essere corrisposto a Florentina Demcolli, vedova di Arjan e alle tre figlie (che oggi hanno 18, 15 e 13 anni) che ha cresciuto da sola per undici anni. E che per tutto questo tempo non hanno avuto soldi, dato che dopo il ricorso in appello, il Ministero aveva chiesto e ottenuto la sospensione dell’esecutività della sentenza. Ira lo Stato avrà quindici giorni di tempo per effettuare il pagamento alla famiglia Demcolli, altrimenti si procederà con un pignoramento. Esulta l’avvocato Cristina Cataliotti che assiste Florentina e le figlie: “Non posso che dirmi estremamente soddisfatta per l’esito di questo giudizio che, finalmente, a distanza di tanti anni, pone fine a questa tragica vicenda. Esprimo l’auspicio che a fronte una pronuncia ormai definitiva, il Ministero della Giustizia faccia fronte ai propri obblighi risarcitori a favore dei parenti di una delle vittime. Mi auguro, altresì, che fatti di una tale gravità non abbiano a ripetersi nell’ambito di un Tribunale che, per vocazione, dovrebbe essere un luogo sicuro ove si domanda e si ottiene giustizia”.

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