di Pierluigi Ghiggini
26/9/2017 – La seconda campagna di scavi archeologici a Taneto di Gattatico si è conclusa nei giorni scorsi con un bilancio brillante dal punto di vista dei risultati delle ricerche, come della valorizzazione del territorio.
Anche quest’anno la campagna è stata organizzata dalle università Sapienza di Roma e di Odense in Danimarca, sulla base di un progetto dello studioso reggiano Paolo Storchi, che ha coordinati gli scavi sul campo, e con la fattiva collaborazione dei comuni di Sant’Ilario e Gattatico, dei volontari del gruppo archeologico della Val d’Enza e di sponsor privati che con i loro contributi hanno reso possibile la permanenza per dieci giorni di archeologi e studenti italiani e danesi.
Sui risultati c’è ancora uno stretto riserbo, perchè materiali di scavo e relazioni scientifiche dovranno essere essere analizzati e valutati dai direttori della campagna, Luisa Migliorati della Sapienza e J. Carlsen della Syddansk Universitet di Odense, e soprattutto dalla Soprintendenza archeologica dell’Emilia-Romagna.
Nondimeno le poche notizie trapelate hanno elettrizzato l’ambiente per diverse ragioni: sia per la scoperta di sepolture nel campo Bertana, dove lo scorso anno avevano preso il via gli scavi alla ricerca dell’anfiteatro della romana Tannetum, sia per lo scoperte avvdenute nel podere Rainusso e soprattutto per il rinvenimento di tracce rilevanti di quello che potrebbe essere il villaggio gallico di cui parlano Polibio e Tito Livio.
Gli scavi di questo settembre si sono concentrati su quattro filoni: le indagini per datare i resti della torre del Castellazzo, all’interno del podere Rainusso, i cui scavi furono interrotti sessant’anni fa; la ricerca delle tracce del villaggio celtico; i sondaggi preliminari alla ricerca dei resti della città romana di Tannetum; la continuazione degli scavi in località Bertana, dove Storichi ritiene di aver individuato le tracce di un anfiteatro.
I risultati in soli dieci giorni di scavo, sono stati stati importanti in base alle prime valutazioni di cui si è venuti a conoscenza, in attesa di un resoconto pubblico degli scavi che potrà essere compiuto comunque solo dopo dicembre, quando tutti i materiali saranno stati regolarmente depositati e sottoposti alla Soprintendenza.
CASTELLAZZO: TRACCE DI UNA SECONDA TORRE
I sondaggi al Castellazzo hanno permesso di individuare le tracce di una seconda torre, e forse dell’ingresso di quella che era una fortificazione di grandi dimensioni, documentata anche in una mappa del Settecento. Ma soprattutto, con la riapertura degli scavi della prima torre, sono venuti alla luce reperti di varia natura che permetteranno di datare con certezza l’epoca del manufatto su cui si discute da molto tempo (se etrusco, romano o medievale). Le analisi per la datazione di tali reperti, a quanto si è appreso, saranno finanziate dal Gruppo storico archeologico della Val d’Enza e dall’agriturismo Arco Antico.
IL VILLAGGIO GALLICO C’ERA DAVVERO
Ma è ritrovamento delle prime tracce del villaggio gallico che precedette la Tannetum romana , di cui parlano Polibio e Tito Livio, a costituire probabilmente il risultato scientifico più rilevante della campagna. Si è scavato all’interno di un terreno oggi chiuso tra la ferrovia e la tangenziale di Sant’Ilario con relativo viadotto, sulla base di un’anomalia rilevata da Paolo Storchi nelle aerofotogrammetrie degli anni Settanta.
Ancora una volta il fiuto del giovane ricercatore, che anni fa aveva individuato la posizione dell’anfiteatro della Regium Lepidi, ha avuto ragione.
Moltissimi i frammenti di ceramica celtica raccolti nella zona, tra cui almeno due ceramiche con incisioni simili a quelle ritrovate nella città di Spina e risalmenti al terzo secolo prima di Cristo. Soprattutto sono venute alla luce delle strutture, sempre i resti di una capanna, riferibili probabilmente ai villaggio gallico.
Su questo dovranno esprimersi gli studiosi e la Soprintendenza, tuttavia si può dire sin d’ora si può dire che i ritrovamenti meriteranno da soli una nuova campagna di scavi.
UNA STRADA DI EPOCA ROMANA?
Ma anche nel sondaggio condotto proprio davanti alla stazione di Sant’Ilario, in una radura al di qua della ferrovia Milano-Bologna, sono emerse tracce da approfondire: l’ipotesi è che appartengano all’insediamento romano. Si parla genericamente di strutture importanti, forse un acciottolato che potrebbe corrispondere a un “cardine “ (strada con orientamento Nord-Sud) che potrebbe incrociarsi con la strada romana che corre in parallelo alla ferrovia, scavata nell’Ottocento dal grande Gaetano Chierici.
SEPOLTURE, CORREDI FUNEBRI E ALTRE STRUTTURE SULL’OMBRA DELL’ANFITEATRO
Infine, ma non ultimo, il campo Bertana: quest’anno è venuta alla luce una nuova struttura di ciottoli e mattoni, sempre in corrispondenza dell’ombra rilevata nelle fotografie aeree e che riproduce una pianta del tutto simile all’anfiteatro rinvenuto a Roselle, in Toscana.
E perpendicolari a quello scavo, come già riferito dalla Voce , la terra ha restituito due sepolture con scheletri di persone adulte. Due tombe con corredi “importanti”: non solo anforette, ma anche monili che permetteranno una datazione plausibile. La prima attribuzione sarebbe di epoca tardo-antica. Non si esclude che siano le tracce di un sepolcreto di ben più ampie dimensione.
Tombe, villaggio celtico, strutture di epoca romana, resti della fortezza: in pochi giorni una cavalcata in otto secoli di storia. Ce n’è abbastanza per ravvivare l’interesse culturale intorno a Taneto, che nell’antichità rivestì una notevole importanza economica e militare.
Significativo l’interesse con cui la gente del posto ha seguito gli scavi: «Posso dire che Taneto è stata un’esperienza bellissima anche per la partecipazione degli appassionati e della popolazione – afferma Paolo Storchi – Ogni giorno avevamo una cinquantina di visitatori nonostante il caldo, e molti portavano ai ragazzi acqua e anche da mangiare. Tantissimi i nonni con i nipotini, segno di un amore profondo per la nostra terra. E i nostri ospiti romani e danesi sono rimasti letteralmente conquistati non solo dai frutti degli scavi, ma anche dall’accoglienza e dalla bellezza del territorio, in particolare dai castelli matildici».
Purtroppo sugli scavi futuri grava un’incognita: potrebbero mancare i soldi, nonostante la spesa sia limitata. «Posso dire che ogni anno diventa sempre più difficile reperire le risorse – ammette Storchi – Tuttavia sono fiducioso: i risultati ottenuti e il sostegno ricevuto a livello locale permette, a mio parere, di guardare avanti».
Giovanni Maria
27/09/2017 alle 08:18
Complimenti per questo bellissimo articolo.
Bravissimo Ghiggini.
Ricerche interessanti che meritano di proseguire…..
Un grazie al brillante archeologo Paolo Storchi e a tutti i ragazzi.
luigi
27/09/2017 alle 12:05
Meno male che qualche bravo giornalista si interessa e valorizza queste ricerche.
Paolo Storchi
01/10/2017 alle 09:08
Hai ragione, Luigi! Ghiggini è veramente un giornalista in gamba, tutta la missione gli è molto grata!
Fausto Poli
28/09/2017 alle 12:53
Sì, ma lì dove c’e’ la foto, a Taneto, hanno gia’ chiuso con la ruspa.
Pierluigi
28/09/2017 alle 13:00
Per forza, una volta fatto, compiuti i rilievi e prelevato il materiale rilevante, lo scavo viene richiuso. E’ normale.
Fausto Poli
28/09/2017 alle 20:07
Sì, ma a me il geometra mi disse che lì c’erano importanti fondamenta antiche.
Invece il nulla. L’ho visto io.
Paolo Storchi
01/10/2017 alle 09:12
Caro Fausto, forse ha sbagliato località.
Abbiamo scavato per un mese e abbiamo trovato cose di grande rilievo, anche monumentale; purtroppo si deve sempre richiudere. Le ricerche saranno presto pubblicate su riviste scientifiche e stiamo preparando progetti di valorizzazione appunto per la speciale importanza di quanto rinvenuto!
carlo
07/10/2017 alle 15:45
Ho visitato anch’io di persona gli importanti scavi diretti dal bravo Paolo Storchi, giovane archeologo che fa onore alla nostra città. Ho potuto toccare con mano il risultato positivo delle ricerche effettuate, tra l’altro col concorso di un gruppo di studenti della Sapienza di Roma e di una Università danese, col relativo prof.
Purtroppo, mancando fondi adeguati , ogni scavo va poi rinchiuso, anche se è significativo. Fossimo in Grecia, come a Pella nella terra di Filippo il macedone, sicuramente non ci sarebbero stati problemi per la loro esposizione nello stato del ritrovo. Queste scoperte mettono nuova luce sulla nostra storia. Aiutiamo il prof. Storchi a continuare.
Carlo Baldi