di Pierluigi Ghiggini
24/1/2017 – In almeno due circostanze l’avvocato Ermes Coffrini, ex sindaco di Brescello per 19 anni eletto dal Pci-Pds – e padre dell’avvocato Marcello Coffrini, anche lui sindaco di Brescello ma dal 2014 al 2016, quando si è dimesso prima dello scioglimento del consiglio per condizionamento mafioso – ha rappresentato la famiglia Grande Aracri in due ricorsi davanti al Tar di Catanzaro, contro gli espropri ordinati dal Prefetto di Crotone nell’area archeologica di Capo Colonna, uno degli scavi più importanti di epoca greco antica, nel territorio di Isola Capo Rizzuto, comune confinante con Cutro e dove il clan Grande Aracri esonda con i suoi interessi (anche famigliari, in quanto proprietari di terreni) grazie all’alleanza col clan Nicoscia.
Il caso, mai trattato in precedenza, arriva alla ribalta a seguito dell’inchiesta Tempio di Hera condotta dai carabinieri e dalla Dda di Catanzaro con una dozzina di provvedimenti cautelari e altri 35 indagati per un colossale traffico di reperti archeologici saccheggiati proprio a Capo Colonna.
Dimenticate dal tempo ma non dagli archivi, ora saltano fuori due sentenze del Tar catanzarese del 2002 e del 2006 dalle quali emerge che nove esponenti della famiglia Grande Aracri furono difesi da Ermesse Coffrini e dall’avvocato Pietro Funaro, entrambi domiciliati presso lo studio di Funaro in via Napoli 3 a Botricello.
I RICORRENTI
I nove ricorrenti erano Grande Aracri Maria, Grande Aracri Rosario, Grande Aracri Agatina, Grande Aracri Giovanna, Grande Aracri Giuseppina, Grande Aracri Bettina, Grande Aracri, Francesco, Grande Aracri Antonio e Grande Aracri Domenico.
Francesco, Antonio e Domenico sono fratelli del boss della ndrangheta Nicolino Grande Aracri, un clan considerato tra i più potenti a livello internazionale.
Francesco vive stabilmente a Brescello dove Coffrini dettava legge da sindaco; Domenico – anche lui avvocato – è stato imputato e prosciolto nel processo Aemilia; Antonio è stato arrestato nell’inchiesta Kiterion II di un anno fa.
I rapporti professionali di Ermes Coffrini, noto amministrativista, non possono neppure lontanamente far adombrare una collaborazione con il clan. Tuttavia testimoniano una relazione consolidata con la famiglia, e concorrono a spiegare perché Marcello Coffrini dichiarò a Cortocircuito che Francesco Grande Aracri era «una persona composta ed educata».
Semmai chiamano in causa una straordinaria responsabilità politica del Pci-Pds-Pd, perché certe cose sono avvenute sotto gli occhi di tutti, e nessuno è intervenuto, mentre Coffrini continuava ad essere uno degli avvocati di fiducia dei comuni reggiani.
LA PRIMA SENTENZA SUGLI ESPROPRI DI CAPO COLONNA
Ma veniamo ai ricorsi in questione.
Nel 2002, quando è sindaco di Brescello dal 1985, l’avvocato Ermes Coffrini firma con l’avvocato Pietro Funaro di Botricello un ricorso contro il Prefetto di Crotone, il Ministro dei Beni culturali, L’Ufficio centrale per i beni archeologici architettonici e storici, la Soprintendenza archeologica per la Calabria, un ricorso per ottenere il risarcimento del danno e la dichiarazione di inefficacia del decreto con cui il 10 dicembre 2001 il Prefetto di Crotone aveva disposto l’esproprio dei terreni dei Grande Aracri per l’ampliamento dell’area archeologica di Capo Colonna.
Il 12 settembre il Tar di Catanzaro dichiara inammissibile il ricorso “per carenza di interesse” in quanto la Soprintendenza non aveva preso possesso degli immobili entro il periodo di tre mesi fissato nello stesso decreto prefettizio.
In quel periodo era già avvenuta l’operazione Scacco Matto ed era in pieno svolgimento la faida tra i clan Grande Aracri e Arena.
Quando Coffrini difende la famiglia nel 2002, il capo dei cutresi di Brescello Francesco Grande Aracri non è stato ancora arrestato nell’operazione Edipiovra. Lo sarà però nel 2003.
LA SECONDA SENTENZA
Nondimeno Coffrini continua a onorare l’impegno professionale, tanto che il suo nome ricorre ancora insieme a Pietro Funaro, nella sentenza dello stesso Tar, sempre in relazione agli espropri di Capo Colonna, del 24 marzo 2006. Sentenza che appare definitiva.
Gli avvocati, per conto della famiglia, denunciano l’illegittimità degli atti “impugnati con separati ricorsi”. Il Tar dichiara anche in questo caso l’improcedibilità per “carenza d’interesse” perché nel frattempo i terreni dei Grande Aracri vengono “graziati”: non rientrano più nel decreto di esproprio su espressa richiesta della Soprintendenza archeologica della Calabria «di rinviare il provvedimento espropriativo al fine di evitare ulteriori contenziosi con i privati interessati».
Dunque la lunga battaglia legale affidata a Ermes Coffrini si conclude con un successo per la famiglia di Cutro: i loro terreni escono dall’orizzonte dell’esproprio.
Viene da chiedersi sulla base di quali ragioni certi terreni interessati all’area archeologica saranno espropriati, mentre quelli dei Grande Aracri escono dal decreto prefettizio «su espressa richiesta della Soprintendenza». Ma questa è un’altra storia.