25/1/2017 – Quella dei passaporti falsi, presentati soprattutto da presunti profughi africani, è diventata una piaga che aggrava i già notevoli problemi di gestione dei richiedenti asilo.
Ne hanno parlato ieri mattina con i giornalisti il commissario capo Francesco Baiano, dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura di Reggio Emilia, e la sua vice Magdala D’Istria.
Nel 2016 sono stati intercettati almeno sette passaporti falsi (con tre persone arrestate), meno comunque del 2015 quando ne furono scovati ben 26.
Ma la caccia è difficile, perché i documenti sono contraffatti a regola d’arte e si teme che in circolazione ve ne sia un grande numero. Così succede che profughi fasulli si scoprano da soli quando per una ragione qualsiasi dichiarano la loro vera nazionalità.
«E’ il caso di un ghanese che ha presentato un passaporto liberiano e, una volta ottenuto il riconoscimento di profugo, dopo qualche tempo ha dichiarato in un documento di essere, appunto, di nazionalità ghanese – ha spiegato Baiano – Ma si tratta di un reato grave con pene dai 2 ai 5 anni di carcere, e che comporta la revoca dello status di rifugiato. Anche perché si presume che chi presenta un documento falso sia stato un contatto con organizzazioni criminali».
C’è di più: il dirigente ha rivelato che ora circolano anche i Cud falsi per ottenere il rinnovo dei permessi di soggiorno. La presentazione di certificati fiscali con redditi falsi sarebbe una pratica abbastanza diffusa, alla luce del fatto che solo in questi primi giorni dell’anno l’Ufficio Immigrazione della Questura di Reggio Emilia ha intercettato 5 Cud falsi.
«I titolari di permesso di soggiorno di lunga durata – ha spiegato Baiano – all’atto del rinnovo devono dimostrare di percepire un reddito minimo di 5 mila euro l’anno. Abbiamo riscontrato che per superare la soglia,e quindi ottenere il rinnovo, in certi casi hanno falsificato il documento unico che certifica i compensi del dipendente. Ad esempio, un immigrato ha presentato un Cud con compensi per 7 mila 800 euro, mentre dai controlli con l’Agenzia delle Entrate è emerso che il reddito reale dell’anno era di 3 mila 240 euro, quindi sotto il minimo richiesto per il permesso di soggiorno».
E’ chiaro che si tratta di immigrati rimasti senza lavoro o costretti a lavorare in nero. Nondimeno la Questura avverte che anche questo è un reato grave, punibile con la reclusione da 1 a 6 anni.
(Pierluigi Ghiggini)