20/5/2016 – Le indagini dei Carabinieri della stazione di San Polo d’Enza hanno permesso di assicurare alla giustizia i componenti di una banda criminale, quattro uomini tra i 24 e i 48 anni originari della regione cinese dello Zhejiang, con base operativa a Prato, ritenuta responsabile di almeno una decina di efferate rapine compiute nel centro –nord Italia ai danni di altri cinesi benestanti aggrediti sequestrati, anche per diverse ore, sotto la minaccia delle armi, sino a quando non consegnavano tutti i loro averi.
Per costringere le vittime a consegnare tutti i soldi e gioielli posseduti, i malviventi non risparmiavano, dalle violenze, donne e bambini “preferiti” anche perché più deboli e indifesi. Il valore del provento dei colpi ammonta a oltre 250.000 euro.
Il sostituto della procura di Reggio Emilia Isabella Chiesi, , concordando con le indagini dei Carabinieri, ha richiesto ed ottenuto dal GIP del Tribunale l’ordinanza di custodia cautelare in carcere che i Carabinieri hanno eseguito oggi a Genova e a Prato. I quattro sono Sha Jianhui, Zou Zhipeng, Wang Zecheng e Chen Zhipeng: sono in carcere da dicembre a seguito di una rapina violenta compiuta in luglio a Santa Margherita Ligure. Ora su di loro gravano reati da 41bis, come l’associazione a delinquere finalizzata alla rapina, sequestro di persona e lesioni, per cui legittimo prevedere una lunga permanenza al fresco.
La loro pericolosità del resto appare conclamata, soprattutto per la crudeltà con cui hanno infierito su bambini e donne per costringere il capo famiglia (in genere imprenditori o cinesi facoltosi provenienti dalla loro stessa regione, lo Zhejiang) a consegnare tutti gli averi, soprattutto grandi somme contanti che i cinesi usano tenere presso di loro. I sequestri duravano anche diverse ore, con scene da film hororr: percosse, minacce, ferite inferte a persone inermi, legate e imbavagliate, preferibilmente deboli.
Proprio per la cattiveria non comune dei banditi- tutti con precedenti penali – l’operazione è stata ribattezzata “Arancia Meccanica” dal celebre film di Stanley Kubrik. I dettagli sono stati illustrati in una conferenza stampa dal comandante provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia, colonnello Antonino Buda, dal capitano Dario Campanella e dal maresciallo Tondo della stazione di San Polo, che con i suoi uomini è arrivato a capo di un giallo di rilevanza nazionale.
E’ stata un’indagine brillante, quella che ha impegnato l’intera stazione dei Carabinieri di San Polo d’Enza: l’incrocio fra dati diversi – tabulati telefonici, targhe, Dna – ha portato ad attribuire alla banda dei quattro, e con un elevato grado di certezza, una decina di rapine quasi tutte compiute in abitazioni tra Toscana, Liguria, Emilia e Veneto. Ma numerosi indizi fanno sospettare che siano responsabili di altri fatti criminosi non denunciati dalle vittime. Per questo le indagini proseguono, anche nella direzione dei possibili rapporti tra i banditi e le temibili mafie cinesi, le Triadi: sembra strano che i quattro abbiano potuto agire indisturbati senza il consenso di vertici criminali superiori.
I dettagli dell’operazione, battezzata Arancia Meccanica, sono stati illustrati in una conferenza stampa dal comandante provinciale dei Carabinieri di Reggio emilia, colonnello Antonino Buda, dal capitano Dario Campanella e dal maresciallo Tondo della stazione di San Polo, che con sei uomini è arrivato a capo di un giallo di rilevanza nazionale.
E’ stata un’indagine brillante, quella che ha impegnato l’intera stazione dei Carabinieri di San Polo d’Enza: l’incrocio fra dati diversi – tabulati telefonici, targhe, Dna – ha portato ad attribuire alla banda dei quattro, e con un elevato grado di certezza, una decina di rapine quasi tutte compiute in abitazioni tra Toscana, Liguria, Emilia e Veneto. Ma numerosi indizi fanno sospettare che siano responsabili di altri fatti criminosi non denunciati dalle vittime. Per questo le indagini proseguono, anche nella direzione dei possibili rapporti tra i banditi e le temibili mafie cinesi, le Triadi: sembra strano che i quattro abbiano potuto agire indisturbati senza il consenso di vertici criminali superiori.
Non solo: i criminali si vantavano delle loro imprese con il giro di amici e con i famigliari in Cina, inviando gli articoli di giornale attraverso il social Wechat (molto usato dagli orientali). Un passo falso, però, che ha contribuito a farli individuare
L’indagine era partita il 14 settembre del 2015, a seguito di un’efferata rapina con sequestro di persona avvenuta nel bar Lunasole di San Polo d’Enza, nel cuore della notte, con l’irruzione di 4 persone incappucciate all’ora di chiusura. Sotto la minaccia di una pistola, il titolare cinese veniva immobilizzato, legato con delle fascette alle mani e ai piedi, pestato a sangue e e poi rapinato di 50 mila euro in contanti: l’incasso di un week end del bar e dei video poker della sala giochi. I rapinatori, per non correre rischi, avevano portato via anche l’apparato interno di videosorveglianza. “Ma il loro errore – ha spiegato il maresciallo Tondo – è stato l’aver bevuto delle bibite mentre tormentavano il barista. Ciò ha permesso di rilevare tracce biologiche su cui hanno lavorato il RACIS DI ROMA e il RIS DI Parma per estrapolare i profili biologici dei malviventi”. E’ subito emerso che 3 dei banditi erano i medesimi responsabili di almeno altre 3 rapine in abitazioni consumate, tra centro e nord Italia, tra il 2012 e il 2015, per le quali non era stato ancora possibile attribuire un nome ai DNA rilevati sulle scene del crimine.
Da lì ha preso le mosse un’indagine tecnica lunga e magistrale dei carabinieri di San Polo, con l’esame di migliaia di tabulati telefonici, dai quali è emersa la singolare coincidenza delle telefonate tra utenze di cittadini cinesi (inesistenti) sempre in corrispondenza di rapine. Quei numeri, in sostanza, venivano utilizzati solo quando c’era da preparare e gestire qualche colpo messa in atto dai militari della Stazione di San Polo d’Enza. Questa ricostruzione ha permesso di ricondurre alla stessa banda le rapine (tutte in abitazione, salvo quella di San Polo cpommesse il 18 ottobre 2012 e il 21 maggio 2013 a Prato; il 23 settembre 2013 a Campi Bisenzio (Firenze); il 3 ottobre 2014 a Calcinaia (Pisa), il 25 gennaio 2015 a Montelupo Fiorentino e infine il 14 settembre scorso a San Polo.
Una banda non stanziale, ma nomade, che aveva messo insieme un bottino complessivo di oltre 250 mila euro tra contanti, oggetti preziosi e cellulari (e solo per le rapine accertate sino ad oggi). Tra i colpi anche un tentato furto del 19 gennaio 2015 a Noventa Vicentina. La svolta è arrivata quando, dopo gli arresti di dicembre per la rapina di Santa Margherita Ligure, è stato possibile mettere a confronto il Dna dei 4 con le tracce rilevate nel bar di San Polo. a quel punto i carabinieri hanno chiuso il cerchio.
Il colonnello Buda ha sottolineato la rilevanza dell’operazione alla luce del fatto che la comunità cinese è tradizionalmente chiusa (anche se l’atteggiamento delle nuove generazioni è diverso) e non è incline a collaborare con le forze dell’ordine, preferendo rivolgersi alle Triadi quando subiscono un torno o un’aggressione. La possibilità di incrociare dati diversi e la capacità con cui i carabineiri di San Polo hanno saputo scavare nei tabulati e nei social network, ha fatto il resto.