3/5/2016 – Nuovo fronte di scontro nel Pd per inchieste che coinvolgono esponenti del partito reggiano: dopo la vicenda di Brescello, ancora una volta a scendere in campo è Enrico Bini, sindaco di Castelnovo Monte e delegato alla Legalità in Provincia. Nel corso di un incontro pubblico a Bagnolo in Piano col vicepresidente dell’Antimafia Claudio Fava, Bini ha affermato che “Il Pd dovrebbe dire a qualcuno di andare a casa e dovrebbe chiedere le dimissioni di Salvatore Scarpino”.
Scarpino, consigliere comunale del Pd (l’unico al quale è stata concessa la deroga del terzo mandato) figurava tra gli indagati di un’inchiesta aperta nel 2002 dalla Procura di Reggio Emilia su presunte irregolarità al Catasto: inchiesta che ha dormito nei cassetti per una dozzina di anni, sino a quando nel 2014 non è finita in prescrizione.
Qualche settimana fa è stato proprio l’ex presidente camerale Bini, in prima linea da anni contro le infiltrazioni di ndrangheta, a puntare il dito sul Catasto: “E’ lì che bisogna andare a vedere per capire cos’è accaduto in questi anni a Reggio Emilia”. Bini sapeva che l’ex direttore Potito Scalzulli aveva presentato degli esposti alla Procura, e chiedeva di sapere dove fossero finiti. Dopo le sue dichiarazioni, la Procura ha ripreso in mano il fascicolo già archiviato con ben sette esposti dell’ex direttore, e ha aperto una nuova inchiesta.
Scalzulli, che ha subito non poche intimidazione per i suoi esposti, in un’intervista ha fra l’altro rivelato che un amministratore gli disse che “catasto era determinante per l’equilibrio politico”.
Nei giorni scorsi le Fiamme Gialle hanno proceduto a sequestri di documenti non solo al Catasto, ma anche agli uffici dell’urbanistica.
Poi la notizia che l’inchiesta del 2002, relative ad almeno 21 casi di presunti favoritismi con l’abbassamento degli indici catastali (che vuol dire meno tasse da pagare) è finita in prescrizione: tra gli indagati figuravano Salvatore Scarpino, tuttora dirigente dell’agenzia del Territorio, e l’ex direttore Francesco Pastoressa (al quale era contestata anche la corruzione), insieme ad altri impiegati e funzionari.
Da qui la richiesta di dimissioni di Scarpino da consigliere comunale, avanzata da Bini (il quale aveva dato battaglia nel Pd per più di un anno per ottenere le dimissioni di Marcello Coffrini da sindaco di Brescello).
Scarpino fra l’altro partecipò insieme agli altri consiglieri comunali cutresi Olivo e Gualtieri all’incontro con il prefetto Antonella De Miro, accompagnati dall’ex sindaco Delrio, per parlare delle interdittive e della preoccupazione serpeggiante nella comunità calabrese di Reggio.
Particolarmente imbarazzante, inoltre, il caso accaduto nelle elezioni comunali del 2014 quando il presidente del seggio 7 Pietro Drammis (per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio) scrisse il nome di Scarpino e di un’altra consigliera Pd, Teresa Rivetti, come preferenze “seriali” in una ventina di schede elettorali.
La richiesta di dimissioni avanzata di Bini ha subito messo in moto il capogruppo in sala del Tricolore Andrea Capelli e il segretario cittadino del Pd Mauro Vicini, che sono intervenuti ufficialmente parlando di “richiesta ingiustificata” ed esprimendo solidarietà a Scarpino.
“Speriamo che a nessun cittadino capiti di essere indagato nel 2002, non essere mai stato interrogato, non aver mai ricevuto un avviso di garanzia ed aver saputo informalmente della chiusura delle indagini solo nel 2014 senza alcun atto formale, ed essere colpevolizzato 14 anni dopo per l’intervenuta prescrizione di un reato – scrivono Capelli e Vicini – Stupisce invece che un importante amministratore pubblico del PD “non abbia dubbi” e solo dopo che è uscita la notizia che la prescrizione abbia “salvato” dalle accuse Scarpino inviti il Pd a chiedere “le dimissioni di Salvatore Scarpino”.
“Non riteniamo pertanto giustificata la richiesta, anzi esprimiamo solidarietà a Salvatore Scarpino – continuano i dirigenti del Pd – per i continui attacchi discriminatori che in questi mesi ha subito e immaginiamo che questa infelice uscita possa essere motivata dalla scarsità di altri elementi e dalla difficoltà ad individuare le necessarie azioni per combattere, insieme, la criminalità”.
PAGLIANI: A QUELLA CENA NON CONOSCEVO NESSUNO CON PRECEDENTI PENALI
Sull’intervento di Bini a Bagnolo, si registra anche una messa a punto del capogruppo di Forza Italia Giuseppe Pagliani, assolto con formula piena dall’accusa di concorso esterno nel processo Aemilia.
Pagliani ribadisce ciò che continua a ripetere, evidentemente inascoltato, nonostante una ordinanza e una sentenza che lo hanno totalmente scagionato, che non sapeva che alla cena agli Antichi Sapori di Gaida c’erano anche dei pregiudicati.
“A seguito delle dichiarazioni di Bini all’incontro svoltosi a Bagnolo in Piano, che fu tra i primi ad esprimermi, dopo l’ordinanza del Riesame, solidarietà per il vergognoso caso di ingiustizia subita, ci tengo a chiarire che nessuna delle persone con precedenti penali presente alla cena era da me conosciuta – scrive Pagliani – Emerge da tutte le testimonianze che venni a sapere solo in seguito della presenza di un personaggio già sotto processo per reati associativi, ma senza aver al tempo subito nessuna condanna”.
Aggiunge l’avvocato di Arceto: “Quanto all’incontro precedente del 2 marzo 202, le stesse indagini attestano precisamente la mia completa inconsapevolezza della presenza di Sarcone , essendo io giunto sul luogo invitato a prendere un caffè da un nostro simpatizzante politico che nulla aveva specificato riguardo al luogo dell’incontro. Bini ha riconosciuto a me personalmente e al collega Erbanni in consiglio provinciale che lui stesso non avrebbe retto ad uno sciacallaggio atroce quale quello di cui sono stato vittima io, affermando “Io non sarei mai riuscito a reggere” e facendomi espressamente i complimenti – conclude Pagliani – La mia risposta è stata: “ Caro Enrico, la totale innocenza ti fornisce una carica interiore che è inspiegabilmente grande”.