16/3/2016 – ” Quello che lei chiama “il mio sindaco”, il signor Del Rio Graziano andò dal prefetto De Miro, per tutelare i cutresi dalla criminalizzazione mediatica“. Sono parole scritte da Pasquale Brescia, imprenditore reggiano di Cutro, imputato nel processo Aemilia e detenuto al 41bis da oltre un anno in attesa di giudizio, nella lettera indirizzata dal carcere al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi, nella quale l’imputato rinfaccia al primo cittadino di non aver difeso abbastanza la comunità cutrese, a differenza di quanto fece invece, almeno sino a un certo punto, il sindaco Delrio.
Lettera per lo più considerata come una minaccia, e che effettivamente può avere diversi piani di lettura. Tuttavia il testo può essere interpretato ora sotto una luce diversa, dopo le notizie sui testimoni chiamati a deporre al processo Aemilia, il cui inizio è fissato a Reggio per il 23 marzo, ossia fra una settimana.
Tra i testi citati dalla difesa di Pasquale Brescia figura proprio l’ex sindaco Graziano Delrio, oggi ministro delle Infrastrutture, insieme al consigliere comunale Salvatore Scarpino, dirigente dell’agenzia del territorio ed esponente di punta del Pd in Sala del Tricolore, e agli ex consiglieri Antonio Olivo (impresario edile, cantante, del Pd) e e l’ingegner Rocco Gualtieri, eletto nella passata legislatura nella lista Pdl.
Perchè le loro testimonianze? Fu l’allora sindaco Delrio ad accompagnare i tre consiglieri della pattuglia cutrese Scarpino, Olivo e Gualtieri dal prefetto Antonella De Miro (anche le convocata come teste dai pm Mescolini e Ronchi) nel pieno della bufera delle interdittive antimafia che scoperchiò il vaso di Pandora della permeabilità delle imprese edilizie reggiane ai tentativi di infiltrazione di matrice ndranghetista.
E dunque l’aver chiamato tutti e quattro a testimoniare, il ministro e i consiglieri cutresi, potrebbe essere un tentativo di dimostrare alla Corte che la preoccupazione per il preteso “razzismo” verso i cutresi lamentato da Brescia (“da almeno otto anni i cutresi a Reggio sono come gli ebrei ai tempi di Hitler“) e che a quanto pare fu uno dei temi della tristemente famosa cena degli Antichi Sapori, era condivisa ai massimi livelli politici. Per converso, alla luce di questo la lettera del costruttore cutrese appare non come una minaccia, o almeno non solo, ma piuttosto come un preavviso, un’anticipazione di una linea di difesa che tende a coinvolgere i livelli politici, amministrativi e istituzionali nel processo Aemilia. Non a caso è stata chiesta anche l’ammissione come teste dell’ex questore Domenico Savi, che probabilmente sarà chiamato a testimoniare se la ditta di Brescia lavorasse o no per la Questura di Reggio Emilia.
Una sfilata di politici, del resto – ovviamente per ragioni molto diverse – è stata chiesta dagli avvocati di parte civile Alessandro Gamberini, Salvo Tesoriero e Federico Fischer: nell’elenco dei loro testimoni figurano il presidente della Regione Stefano Bonaccini, il presidente della provincia Giammaria Manghi e numerosi sindaci: angeli di Reggiolo, Paolo Colli di Montecchio, Andrea Carletti di Bibbiano, Renzo Bergamini di Gualtieri e il commissario prefettizio di Brescello Michele Formiglio.
C’è attesa infine, per le dichiarazioni di Giuseppe Giglio, primo collaboratore di giustizia del processo Aemilia, che il 4 aprile sarà davanti al Gup di Bologna per il rito abbreviato e di cui l’avvocato Carlo Taormina, difensore del calciatore Vincenzo Iaquinta e di suo padre Giuseppe, ha chiesto l’ammissione come teste nel processo di Reggio. Anche lui tirerà in ballo politici e personale amministrativo?
Fausto Poli Taneto
17/03/2016 alle 14:32
Questa lettera sara’ vera? Se si, getta nello sconforto tutti quelli che sono andati a votare in buona fede per una buona amministrazione. Cosa che con questo caso, da almeno 20 anni non e’ mai sucecsso. UNA LETTERA (SE VERA) DI VIOLENZA INAUDITA VERSO COLORO CHE si sono sempre convinti che le parole degli amministratori fossero vere. E invece esistevano intrighi giganteschi, tipo “Pizza connection”.