25/3/2016 – Ultime ore per visitare la sorprendente mostra di Enrico Ingenito alla galleria via Roma, a Reggio Emilia. Curata da Sara Cavagnari, con testo critico di Massimo Mussini, la mostra presenta una serie di opere che esemplificano l’evoluzione del lavoro artistico del pittore genovese negli ultimi due anni, che fissa il momento nelle sue tele, trovando così una strada privilegiata per scavare nel mistero delle sensazioni e della realtà immateriale.
Si può visitare ancora sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15,30 alle 19,30 e domenica pomeriggio 27 marzo. Poi si sposterà, con un numero maggiore di opere, al Castello di Desenzano del Garda dal 23 aprile al 15 maggio.
ENRICO INGENITO
Enrico Ingenito nasce a Genova il 4 Novembre 1978, si diploma in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna nel Febbraio del 2004 e termina gli studi specializzandosi in Arti visive e Discipline dello spettacolo presso l’Accademia Linguistica di Belle Arti a Genova nel 2006. Ha avuto occasione di partecipare a residenze d’artista ed esposizioni collettive e personali in Italia e all’estero. Attualmente vive e lavora a Genova.
“Il mio lavoro è il frutto di una ricerca sviluppata seguendo un’intuizione, una frazione di secondo o più semplicemente un colore, una luce o la sensazione di una materia. Il resto è per me fascino, casualità: mistero.”
Enrico Ingenito, nei suoi lavori, rigorosamente ad olio, crea atmosfere eteree, che nascono con una luce particolare, all’alba o al crepuscolo, dopo una tempesta o nella nebbia, nel preciso momento in cui sembra regnare una quiete sospesa nello spazio rappresentato, con gli alberi, gli edifici e le statue come unici spettatori. Non tutto però è immobile come sembra, il movimento delle persone, delle macchine, è costante, avanza inesorabile prendendo le sembianze dell’attimo raffigurato, svuotandosi della propria consistenza e divenendo parte integrante del paesaggio rarefatto, quasi non volesse rovinare quel momento, come cercasse di farne parte. Si ferma così per un istante lo scorrere del tempo, nell’attesa ad un semaforo, nello sguardo rivolto verso il fondo, la via di fuga che si apre con la nuova luce, ed è lì, che la quiete crea movimento.
L’unico modo per gli artisti del nostro tempo di affrontare la pittura è tenere conto delle mutate possibilità di riproduzione visiva. Dall’epoca Impressionista la pittura anela anch’essa a catturare l’attimo perfetto (l’istantanea fotografica) oppure il movimento, la breve durata di un’azione come riesce a fare una sequenza video. Non può farlo, però, rivaleggiando in aderenza alla realtà con gli altri due mezzi: si tratta di una battaglia persa.
Deve farlo allora conferendo all’immagine quella resa istintiva, quell’impatto emotivo che costituisce il suo valore aggiunto. Così Enrico Ingenito segue la via di illustri precursori, come Degas e poi Bacon, di cui condivide soprattutto la fase di concezione iniziale dell’opera. Quadri d’impatto così immediato, eseguiti con una tecnica rapida ed intuitiva derivano in realtà da fotografie o dall’estrazione di fotogrammi digitali realizzati dall’artista stesso quando si trova di fronte a qualcosa che lo colpisce. E’ l’energia scaturita da queste visioni che viene poi trasferita su tela con delle pennellate energiche eppure fluide, determinando una pittura che giunge a distruggere se stessa, obliterando strato su strato i dettagli di quanto rappresentato: rimane l’essenza che, annebbiata nei contorni e filtrata dal sentire dell’artista, incredibilmente ricrea per l’osservatore la stessa sensazione da lui avvertita. L’artista si appropria a suo modo del paesaggio cittadino. Egli partendo, appunto, da scatti fotografici giunge a memorie urbane in movimento: il moto è quello dell’osservatore che le ripercorre, anche solo con la mente, nei territori della memoria o della fantasia. Si tratta di immagini filtrate da qualcosa di più immateriale della lente che si frappone tra un obiettivo fotografico o una telecamera. Non si tratta nemmeno di una resa meccanica, è studiata la fase di partenza, ma resta un grosso margine di libertà e imprevedibilità nella fase di esecuzione pittorica.